Carducci, Patriota e poeta dell’Amore e intense passioni
Quella del Carducci è una storia a noi contemporanea nel senso crociano del termine, in quanto ogni storia, pur nell’oggettività degli accadimenti che la caratterizzano, non può che essere contemporanea attraverso il filtro soggettivo di chi la ricostruisce.
Se tramite sofisticate apparecchiature riusciamo a percepire dei suoni che arrivano da sistemi solari anni-luce da noi distanti, come se fossero a noi cronologicamente vicini, lo stesso in un certo qual modo accade per la storia.
Giosuè Carducci fu Uomo di grandi ed intense passioni: l’Italia, gli studi, la natura, l’amore. Dentro il crogiuolo della fantasia egli fuse riflessioni ed affetti, memorie e glorie degli antenati, passato, presente ed avvenire, avvertendo forte l’ufficio civile dell’arte, che fu poetica e con pari dignità prosastica. La sua prosa fu briosa ed armoniosa perché influenzata da una profonda sensibilità poetica; la sua poesia fu educativa, perché partecipò dalla concretezza dello svolgimento prosastico.
Seppe attualizzare il passato cogliendone i nessi profondi con il presente, grazie all’accuratezza dell’indagine storica che, unitamente a quella filologica, supportava un periodare dotto, schietto, talora arguto e, se necessario, polemico; ma sempre e comunque elegante. La forma dei suoi versi: – lo sottolineò il Croce – fu moderna e classicheggiante al contempo, sempre ricca e varia.
Come ogni vero poeta, egli fu alieno dal manifestare ad occhi profani la immacolata divinità del suo cuore, che era tutta nei suoi versi: quell’Uomo che nell’apparire della vita quotidiana nascondeva gelosamente segrete cure, fino all’apparire burbero, nei momenti dell’ispirazione effondeva il profumo dei fiori del suo amore, proteso a trasmetterne l’essenza inebriante ai giovani di ogni tempo, rendendoli così a lui perennemente coetanei.
Il contrasto tra il privato suo “essere” ed il pubblico suo “apparire”, tra la sua fragilità interiore e la forza leonina, quasi scontrosa, tramandata attraverso le foto, i ritratti e la prevalente letteratura, epilogò nel primo ictus che lo colpì a 50 anni, limitandone pesantemente la vita relazionale sino alla morte, che sopraggiunse in seguito al secondo ed inesorabile colpo, a 72 anni.
Il turbinio delle passioni si sublimò nell’idealizzazione e nella calma contemplazione di una dimensione lirica che, insieme all’intensità dell’incessante sua operosità, lo sollevò da melanconie altrimenti tarpanti.
L’amore fortissimo per l’Italia unita ed indipendente, emancipata da condizionamenti settari o confessionali, si sostanziò nel costante impegno del Carducci ad educare i giovani alla religione del Dovere, al senso dello Stato ed al culto della libertà nell’ordine, cioè della libertà senz’altro. Ogni suo scritto, poetico o prosastico, scaturito da tale impegno, mirò a formare le coscienze dei cittadini di uno Stato di recente creazione, da amare, da conservare e da far progredire con ogni pur necessario sacrificio. Nell’ottica dell’ascesa morale e civile della nuova Italia, va inquadrata la passione carducciana per il mondo classico greco e latino, costituente le radici sia dell’acquisita Patria unita, che della vagheggiata Europa da costruire.
Non poteva egli, pur convintamente fautore di riforme nel campo del lavoro, della sanità, dell’istruzione, essere un rivoluzionario, in quanto il suo anelito per il rinnovamento- anche nel settore sociale- non fu mai traumaticamente indirizzato a sconvolgere l’esistente: il progresso nella continuità fu il motivo ispiratore del suo costante impegno politico.
La passione del Carducci per l’arte, per la Patria e per la civiltà, non gli preclusero di dare importanza a quella faccenda “frivola” che si chiama Amore, come se fosse possibile che un’ispirazione poetica potesse prescindere dalla fonte più bella offerta dalla vita.
Come in ogni artista autenticamente mosso da profonde fonti di ispirazione, prima fra tutte l’evocato Amore, nel Carducci operò costantemente la Natura, con i suoi colori, i suoi profumi, le sue voci, in una composizione armoniosa incalzata dalla percezione della caducità del Tempo.
Gli amanti del Vero, del Bello, del Buono, di cui egli fu interprete eccelso, scopriranno attraverso le sue personali vicende la compatibilità fra l’anelito a tali nobili obiettivi ed i limiti, le incoerenze e le contraddizioni proprie della dimensione umana che accomuna le creature di ogni tempo, di ogni luogo, di ogni strato sociale.
L’acquisire consapevolezza delle proprie imperfezioni, è il primo passo per elevarsi verso la più alta meta delle cose quae sunt spiritus, per afferrare la fune salvifica lanciata verso l’eternità dal Creatore di ogni celestiale e terrena armonia. Per tale via, è dato partecipare, pur nell’ umana finitezza, dell’immortalità e del divino che si rivela in ogni retto sentire e che getta un ponte verso l’infinito.
di Tito Lucrezio Rizzo