Reclami e ricorsi ACF sulla vendita delle azioni proprie delle Banche: irrilevante l’opuscolo informativo

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Reclami e ricorsi ACF sulla vendita delle azioni proprie delle Banche: irrilevante l’opuscolo informativo.

Breve punto su altre questioni irrilevanti per il ricorrente e per il resistente.

 

Purtroppo i casi di Clienti di una Banca che sono stati indotti a sottoscrivere azioni della medesima allo scopo di diventarne soci è una prassi molto diffusa ed in particolare nell’ambito delle Banche cooperative e di quelle popolari.

Lo scopo quasi sempre annida nella promessa di beneficiare di un vantaggio riservato alla qualifica di socio tale per cui si possa accedere a condizioni di finanziamento o mutuo più vantaggiose.

In un numero sempre maggiore di casi rileva il fatto che la Banca abbia ceduto l’opuscolo informativo al Cliente con ciò ritenendo di avere assolto a tutti i propri obblighi informativi, procedendo poi con la vendita delle azioni (giudicate all’epoca liquide quantunque poi abbiano perso tale caratteristica) secondo la formula dell’execution only cioè a richiesta e non sotto consulenza vera e propria (contratto).

In pratica la “storiella” sarebbe più o meno sempre quella del Cliente che riceve “l’imbeccata” dei vantaggi nel diventare socio della Banca da uno o più dipendenti (nei vari racconti a volte c’è il dialogo con il direttore di Filiale o il vice direttore persino senza un appuntamento), il tutto con l’atteggiamento facinoroso e quasi “casareccio” sul suggerimento dato nell’interesse del Cliente quasi come se a vendergli azioni proprie gli stessero facendo una sorta di piacere.

Ciò posto giova anzitutto rammentare che per evitare qualunque tipo di eccezione di irricevibilità è necessario che la ricostruzione dell’operatività oggetto di contestazione sia precisa e rechi in evidenza le doglianze relative al comportamento tenuto dalla Banca, richiamando le disposizioni normative e regolamentari asseritamente violate, oltre a contenere una espressa richiesta di risarcimento per tutti i danni patiti in conseguenza dell’operazione contestata.

Orbene nello specifico l’opuscolo Informativo consegnato al Cliente in sede di stipula del Contratto Quadro o anche successivamente non ha alcuna rilevanza circa l’assolvimento degli obblighi di informazione cui l’Intermediario (la Banca) è tenuto secondo le regole del Testo Unico Finanziario e del Regolamento Intermediari.

Concetto di recente ribadito dal Collegio ACF con formula assolutamente condivisibile, tale per cui: “non [può] essere considerato idoneo allo scopo l’Opuscolo Informativo consegnato al Ricorrente in sede di stipula del Contratto Quadro. Tale documento, invocato dal Resistente in chiave difensiva, si limitava infatti a rappresentare, per categoria, le caratteristiche di tutti gli strumenti finanziari che potevano essere oggetto di investimento, forniva la definizione dei rischi ipotizzabili e, quanto alle azioni, ne riportava sinteticamente i rischi, nell’ambito di un generico distinguo tra titoli di capitale e titoli di debito” (vedasi decisione 5662, 5734 e 3162)  come pure che “la doglianza riguardante la mancata comunicazione delle ragioni di non appropriatezza è fondata […] giacché la mancata indicazione dei motivi posti a fondamento di tale valutazione impedisce al cliente di orientarsi con autentica consapevolezza nel momento in cui è chiamato a decidere se confermare l’ordine ovvero revocarlo

Quindi l’impedimento di cui soffre il Cliente è di natura duplice: da un lato infatti annida nella impossibilità di pervenire ad una valutazione sufficientemente auto rappresentativa del rischio insisto nell’acquisto di un prodotto finanziario potenzialmente illiquido o comunque portatore di contenuti particolarmente tipici e tutt’altro che supponibili al momento dell’acquisto che incidono sulla monetizzazione. Come pure, per altro verso, in ragione del fatto che il Cliente perviene all’acquisto del medesimo per raggiungere un diverso obiettivo che non ha nulla a che spartire con l’attività cautelare di raccolta dati (anche nel questionario MIFID) in quanto il Cliente cerca un diverso servizio bancario per ottenere il quale viene traghettato a un acquisto che non si era preventivato; un vero e proprio trampolino verso una terra ignora e sconosciuta nella quale si aprono scenari estranei e che si rivela poi essere un cavallo di Troia nel momento in cui non essendo stata preventivata la illiquidità e la perdita di valore delle azioni o comunque il grado di complessità insito nell’autovalutazione delle stesse, tenuto conto del mero interesse restituivo del capitale impiegato (difficile parlare di investimento perchè questo presuppone una diversa consapevolezza) il Cliente si ritrova ingabbiato con una perdita che è ben difficile non sia riconducibile alla decettività e ingannevolezza di chi ha, a ben guardare, piazzato le proprie azioni sfruttando un diverso interesse / bisogno del proprio Cliente.

Mi soffermo adesso anche su alcuni aspetti irrilevanti da produrre (o ripetere) tanto nel reclamo quanto nel ricorso e che però vengono “ancora” curiosamente sollevati contro gli Intermediari o da questi utilizzati a mò di giustificazione.

Il che mi fa pensare che purtroppo chi presenta una parte di questi ricorsi lo fa copiandoli “copia e incolla” esattamente come le risposte sono analogamente le stesse. E’ molto triste pensare che non si studi e ci si aggiorni cercando di evitare di percorrere le medesime fallimentari strade.

Per rispetto verso l’Arbitro ACF sarebbe opportuno che tutti gli interpreti del diritto si impegnassero in questo senso onde evitare di imporre ai Collegi delle decisioni che sono effettivamente molto simili in molteplici parti perchè obbligatoriamente devono ripetere gli stessi concetti.

In presenza di violazioni degli obblighi di condotta, posti in capo agli intermediari dalla legge o dal contratto quadro, non ricorrono, avanti all’arbitro ACF, i presupposti per accertare, neppure in via incidentale, la risoluzione delle operazioni di investimento. È stato, infatti, evidenziato che “gli inadempimenti del resistente agli obblighi di informazione del cliente, così come l’inadempimento all’obbligo di valutazione della coerenza delle operazioni di volta in volta eseguite con il suo profilo di rischio, sebbene condizionino la scelta di investimento del cliente si collocano, tuttavia, in un momento antecedente alle singole operazioni di acquisto, e dunque non possono operare come causa di risoluzione delle stesse ai sensi dell’art. 1453 c.c., tale rimedio presupponendo che l’inadempimento che vi dà causa inerisca direttamente al rapporto contrattuale che si vorrebbe risolvere, e non a un rapporto diverso, ancorché a esso in un certo senso presupposto” (vedasi decisione n. 1808 dell’8 agosto 2019).

Per quanto riguarda la prescrizione che nel linguaggio latino del giurista corrisponde al termine dies a quo la decorrenza è stata “agganciata” al principio espresso da Cass., 28 gennaio 2004, n. 1547 – ai sensi del quale, nelle ipotesi di responsabilità contrattuale, la prescrizione è regolata dal combinato disposto degli artt. 2935 e 2946 c.c., sicché essa comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, da individuarsi in quello in cui l’inadempimento si consuma e in cui conseguentemente si realizza la lesione del bene protetto – ossia la lesione del diritto del cliente di poter orientare consapevolmente le proprie scelte di investimento – e non già nel giorno in cui si manifesta la perdita sull’investimento compiuto; giacché tale esito non solo rappresenta la normale alea implicita in ogni investimento, ma costituisce anche un evento che non necessariamente può dirsi

una conseguenza immediata e diretta, in termini causali, dell’inadempimento agli obblighi che devono essere assolti nella fase precontrattuale da parte dell’Intermediario (fra le numerose vedasi decisione ACF n. 2126 dell’8 gennaio 2020). Quindi il dies a quo della prescrizione della pretesa risarcitoria fondata sulla violazione delle regole di condotta nella fase genetica degli investimenti coincide, pertanto, con le date di esecuzione degli stessi.

Quanto poi alla ormai tipica difesa di ogni Istituti di credito sulla presunta non liquidità delle azioni in questione l’eccezione di risposta tale per cui le stesse erano liquide all’epoca del piazzamento non ha alcun pregio, infatti: “se è vero che la liquidità (così come per converso l’illiquidità) di uno strumento finanziario è una situazione di fatto, vero è anche – in ossequio al principio di maggiore vicinanza alla prova – che costituisce preciso onere dell’intermediario fornire la dimostrazione della circostanza che alla data dell’operazione di investimento contestata esisteva la asserita condizione di liquidità. Poiché nel caso di specie l’intermediario – per giustificare di non aver fornito le informazioni di dettaglio prescritte dalla Comunicazione CONSOB del 2 marzo 2009 – si è limitato ad allegare genericamente che al momento degli investimenti per 4 cui è controversia le azioni e le obbligazioni convertibili sarebbero state “classificate” come liquide, ma senza fornire alcuna prova dell’effettivo loro grado di liquidità a quella data, deve ritenersi accertato l’inadempimento del resistente a propri specifici obblighi di informazione” (fra le altre vedasi ACF n. 3137 del 19 novembre 2020).

Ciò posto in conclusione il consiglio a mio avviso più importante che mi sento di dare ai risparmiatori: rivolgetevi solo del vostro Avvocato di fiducia che abbia una specifica competenza in diritto bancario, degli investimenti e che sia abituato a questo genere di pratiche.

Diffidate dei forum dove trovate ogni singola figura professionale disposta ad aiutarvi o a portarvi “chissà dove” o da “chissà chi”, diffidate dei servizi “taglia e incolla” ovunque siano, anche nelle associazioni dei consumatori (ce ne sono alcune molto serie e altre che sono l’opposto), diffidate anche dei consigli a meno che non vi vengano dati da persone che effettivamente conoscono la materia perchè la prassi oggi è spesso quella di traghettare il risparmiatore verso una qualche conoscenza che si occupa di queste cose come una forma di referenza ma siate sempre voi, in prima persona, a valutare più professionisti se non ne avete già uno che si occupa di queste cose.

 

Avv. Marco Solferini.

Pubblicato da:

Marco Solferini

L'avvocato Marco Solferini è esperto in diritto civile, commerciale, bancario, del risparmio e degli investimenti. Ha maturato una significativa esperienza nella tutela dei consumatori, contrattualistica societaria e nel diritto di Famiglia. Si occupa attivamente di diritto delle nuove tecnologie nel Metaverso e Ai in particolare per start-up e PMI. E' titolare dello Studio legale Solferini e svolge la sua attività in Bologna, Roma e Milano: www.studiolegalesolferini.com - info@studiolegalesolferini.com Ha ricoperto e ricopre alcune cariche in enti, società, associazioni. La storia professionale e il curriculum sono disponibili dal profilo Linkedin.

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