Responsabilità per errata segnalazione alla centrale rischi

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Responsabilità per errata segnalazione alla centrale rischi

 

Uno dei problemi più attuali riguarda l’accesso al credito. Tanto per le persone fisiche quanto per le persone giuridiche. L’attuale impostazione dell’economia contemporanea è basata quasi sempre sul debito. E quest’ultimo è inevitabilmente “agganciato” alla capacità di rimborsarlo. Compresi gli interessi.

Qualunque alterazione in questo sinallagma provoca una valutazione oggettivamente impeditiva per il richiedente il quale si vede pertanto estromesso dal “sistema del credito” in ragione dei contenuti delle banche dati positive e negative che rappresentano la lettera di presentazione nei confronti dei creditori.

In buona sostanza: se non dimostri di avere una storia di buon pagatore non accedi al prestito. O accedi a condizioni molto più svantaggiose.

Tutto questo ha dei prepotenti quanto invasivi riflessi nell’economia delle Famiglie come delle imprese in quanto si devono tenere in considerazione molteplici ipotesi: dal finanziamento ponte, al consolidamento dei debiti, dal prestito per una start up, al mutuo per l’acquisto di un bene.

E’ quindi importante che l’eventuale segnalazione che apre la strada al divenire “debitore in sofferenza” (spesso anche definito “cattivo pagatore”) segua un iter ben chiaro e soprattutto si svolta in maniera responsabile. In considerazione delle possibili conseguenze.

La prima regola da seguire è che la segnalazione si effettuata solo sulla base di una valutazione complessiva del debitore e non in ragione di singoli eventi (classico esempio, il ritardo di pagamento del debito).

Nella pratica la segnalazione assume in moltissimi casi, specialmente nelle Filiali bancarie, un arbitrario potere dissuasivo a mezzo della quale i dipendenti dell’Istituto di credito, effettuano solleciti impropri, a volte persino simili a minacce, sui Clienti “gestendoli” in maniera personalizzata.

La prima cosa da fare pertanto, di fronte all’eventuale abuso di cui il Cliente potrebbe essere oggetto, è rivolgersi immediatamente alla figura professionale dell’Avvocato, esponendo bene i fatti in modo circostanziato, evitando categoricamente il “fai da te” in quanto una prassi contra legem se debitamente documentata e reiterata da parte del personale della Filiale sarà molto utile nell’eventuale successiva contestazione formale e in tutte le fasi che seguono.

Viceversa di fronte a contestazioni che pur avendo colto nel segno ma si limitano a mere proteste l’Istituto di credito potrebbe “trincerarsi” e cioè cessare il comportamento incriminato e compattarsi in una ricostruzione che renderebbe più ostica la dimostrazione dei diritti che sono stati violati.

La centrale rischi è un data base gestito dalla Banca d’Italia che viene alimentato (e aggiornato) in ragione delle informazioni che pervengono dalle banche e dagli intermediari.

L’illegittima segnalazione alla centrale del rischio sul credito si pone anzitutto come fonte di responsabilità ex. art. 2043 c.c.[1]

Occorre tuttavia ben identificare quali siano le condotte di “segnalazione” che potenzialmente realizza tale responsabilità.

Vengono infatti in rilievo alcune fattispecie, fra loro eventualmente correlate ma valutabili anche singolarmente:

  • la segnalazione relativa all’insolvenza del correntista cui si accompagna quasi sempre una più o meno verosimile irrecuperabilità del credito
  • la segnalazione di mero ritardo nei pagamenti
  • la segnalazione relativa al c.d. incaglio dei pagamenti (il ritardo superiore ai 180 gg).

Orbene tutte e tre le ipotesi indicate possono condurre al risarcimento del danno laddove la segnalazione comporta un inevitabile abbassamento del rating c.d. reputazionale del correntista tale per cui egli si vedrà oggettivamente negare o respingere le proprie richieste di accesso al credito.

Per quanto riguarda la dimostrabilità, l’onere della prova verte in capo al correntista e prima di tutto riguarderà l’esistenza del sottostante rapporto contrattuale.

Dev’essere quindi valutata per prima cosa la posizione, abbastanza frequente, di chi non è in possesso della documentazione. La richiesta della quale è bene non formulare in filiale verbalmente bensì agire da subito con una domanda formale di copia della documentazione ex. art. 119 del TUB[2] con l’importante precisazione relativa alla riserva di agire in caso di inottemperanza ex 210 cpc.[3]

Non è inusuale che a seguito di una comunicazione del genere il Cliente venga convocato telefonicamente in Filiale o “casualmente” intercettato quando si viene a trovare nei locali di quest’ultima. Ricordo che il rilascio di una procura debitamente richiamata dall’Avvocato incaricato di svolgere la contestazione imporrebbe alla controparte di rapportarsi con quest’ultimo e che il Cliente ha sempre il diritto di opporre il fatto di voler essere assistito dal proprio Avvocato.

Giova pure sottolineare, a beneficio del lettore, che la prova del sottostante rapporto relativo ad una linea di credito può desumersi, con pieni effetti di legge, anche da:

  • la menzione delle linee di credito nella visura storia della centrale rischi
  • le spese indicate negli estratti conto e relative proprio alla linea di credito
  • l’esistenza e la predisposizione ad hoc di una o più clausole nel contratto che disciplina e regola l’apertura di linee di credito relativa al c/c oggetto del contratto stesso.

In tutti questi casi e ancor più qualora ne ricorrano più di uno (nella pratica questo si verifica di frequente) si può fare ricorso alle presunzioni semplici e al noto principio della loro autonomia probatoria ex. art. 2729 c.c.[4]

Sono ascrivibili a quest’ultima prova anche le scritture contabili provenienti dalla parte fra cui i c.d. mastrini contabili (in particolare per quanto riguarda le persone giuridiche) e sul punto in diritto si segnala l’interessante e condivisibile argomentazione svolte dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza 1228/2020.

Qualora il danneggiato dall’illegittima segnalazione sia una persona giuridica come può essere appunto una società è molto importante in diritto bancario procedere con esclusione delle alternative difensive da lasciare all’Istituto di credito il quale usualmente si difende sollevando una serie di eccezioni quasi sempre supportate da evidenze tecnico contabili che si possono agevolmente anticipare per annullarle già in partenza.

Sia ben chiaro a tal proposito che in caso di errata segnalazione alla centrale rischi della Banca d’Italia, l’accertamento del danno causato dalla lesione del credito commerciale esige l’accertamento di due presupposti:

1) il nesso causale tra la condotta illecita e la contrazione dei finanziamenti se non addirittura (caso ben più frequente) la perduta possibilità di accesso al credito

2) il nesso causale tra la contrazione dei finanziamenti e il peggioramento dell’andamento economico del soggetto danneggiato.

Trattandosi pertanto di due “nessi causali” per l’accertamento sarà decisivo l’esame circa le pregresse condizioni economiche e patrimoniali della società. Un onere che il ricorrente parte attrice dovrà assolvere con un’allegazione tecnica comparativa pertinente e attualizzata.

Questo significa anzitutto che il risarcimento andrà escluso se si tratta di una società in crisi da anni e laddove manchi la prova che la stretta sui finanziamenti sia collegata al comportamento illegittimo del soggetto segnalante (banca o intermediario).

Ma attenzione all’esatta qualifica del termine “insolvenza”. Tale nozione infatti non si identifica con quella propria del diritto fallimentare (errore abbastanza comune in cui cadono non pochi interpreti), ma si concretizza in una valutazione negativa relativamente alla situazione patrimoniale. Che può essere identificata come di “grave difficoltà economica”. Senza quindi che vi debba essere per forza un riferimento al concetto di irrecuperabilità. Come pure ad un vero e proprio deficit da incapienza.

In diritto bancario quando si predispone la strategia contro l’Istituto di credito è utile applicare il criterio di potersi scegliere il campo di battaglia secondo le regole dell’arte della guerra; in quest’ottica potrebbe rivelarsi utile traslare i contenuti tipici del diritto civile a quello bancario. Che sono simili ma anche radicalmente diversi nei loro effetti.

In particolare la pianificazione dell’eventuale controversia, fin già dalle fasi stragiudiziali dev’essere organizzata “guardando” metaforicamente a diverse mosse avanti. Usualmente le banche non sono creative nelle loro condotte difensive e operano su base statistica di quanto già in precedenza fatto. Si omologano a un metodo dei precedenti interno e sovente gli atti sono taglia e incolla.

Ciò considerato una fattispecie che non assume alcun rilievo ma che spesso viene opposta dalle banche o dagli intermediari è la manifestazione di volontà di non adempiere da parte del correntista in particolare qualora sia giustificata da una seria contestazione sull’esistenza del credito o sul quantum dello stesso.

E a tal proposito è bene ricordare che sussiste in capo al correntista un autonomo interesse e diritto a proporre azione di nullità e/o di accertamento del dare/avere sul c/c a prescindere dall’interesse che la Banca sia poi condannata a un qualunque pagamento.

Le azioni in questione infatti non possono essere assimilate alla ripetizione dell’indebito ex. art. 2033[5] come usualmente le banche cercano di argomentare seppur con esiti molto insoddisfacenti tanto in fatto quanto in diritto.

E’ invece ormai un principio consolidato il fatto che il correntista non deve produrre tutta la sequenza di estratti conto. Ma anche soltanto una parte di essi. Nel qual caso il Giudice competente utilizzerà quale metro di riferimento contabile il saldo indicato nel primo estratto conto.

Su quest’ultimo argomento non è possibile però tracciare un profilo di certezza se non rilevando che l’alternativa al primo saldo di estratto conto è il c.d. saldo zero (azzeramento del primo saldo negativo del correntista come risulta dal primo estratto conto disponibile). Quest’ultimo potrebbe essere favorevole al correntista. Di fatto la giurisprudenza sembra essere orientata ad applicare la soluzione più favorevole a seconda di chi sia la parte attrice e conseguenetemente saldo zero se ad agire è l’Istituto di credito (soluzione più favorevole al correntista), primo saldo disponibile se ad agire è il correntista (soluzione più favorevole alla Banca).

Come già anticipato in apertura del presente articolo la segnalazione di sofferenza alla centrale del rischio sul credito dev’essere compiuta cun grano salis e con particolare attenzione fin dal momento antecedente e cioè quello dell’impostazione del credito a sofferenza.

Quest’ultima oggetto di quanto disposto dal punto 1.5 delle istruzioni impartite agli intermediari creditizi con la circolare n. 139 del 1991 (e successivi aggiornamenti) non può essere fatta discendere dalla sola analisi dello specifico o degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola Banca segnalante ed il cliente, ma implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale di quest’ultimo: l’accostamento tra “stato d’insolvenza” (anche non accertato giudizialmente) e “situazioni sostanzialmente equiparabili”, ha indotto infatti a privilegiare una nozione di “sofferenza” più sfumata rispetto a quella d’insolvenza prescritta dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 5, ai fini della dichiarazione di fallimento, escludendosi quindi la necessità di un giudizio d’incapienza del debitore ovvero di definitiva irrecuperabilità del credito, e richiedendosi invece una “valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come “deficitaria”, ovvero, in buona sostanza, di “grave (e non transitoria) difficoltà economica” del debitore.

Del resto la funzione della segnalazione collegata alla gestione ed all’analisi del rischio di credito, consiste, come si evince dal punto 2 delle Istruzioni, nella creazione di un sistema informativo sull’indebitamento della clientela, volto a fornire agli intermediari partecipanti un’informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela. In quest’ottica, è stata esclusa innanzitutto la rilevanza della mera sussistenza di un inadempimento, oppure di uno stato di illiquidità non strutturale ma meramente contingente o ancora di un mero ritardo nei pagamenti, trattandosi di situazioni che, ove non risultino correlate ad un’oggettiva difficoltà di far fronte alle proprie obbligazioni, determinano un rischio certamente attuale, ma sostanzialmente generico per il recupero del credito, e quindi inidoneo a giustificare la segnalazione[6].

Quindi la segnalazione richiede una valutazione, da parte dell’intermediario, riferibile alla complessiva situazione finanziaria del cliente, che semplicemente non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito ai fini della segnalazionedel debitore alla centrale rischi, in base a una valutazione negativa della situazione patrimoniale del debitore, certo evincibile da una grave difficoltà economica, ma non condizionata dalla necessità di riferimenti al concetto di incapienza o di irrecuperabilità del credito (v. manifestazioni di volontà di non adempiere[7]).

Tenendo pertanto ben presente quale sia l’iter per essere anzitutto definiti come debitori in sofferenza e poi segnalati è evidente che un errore compiuto possa tradursi in una severa forma di responsabilità per l’Istituto di credito o per l’Intermediario.

In tema di responsabilità civile, il danno all’immagine ed alla reputazione “per illegittima segnalazione alla Centrale Rischi” è un “danno conseguenza”.

Non può ritenersi sussistente “in re ipsa”, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento.

In tale caso particolare di danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi, quantunque la locuzione “danno in re ipsa” si trovi talora impiegata, ma senza particolari approfondimenti, in determinati contesti normativi, deve tenersi per fermo il principio, solidamente ancorato al dettato dell’articolo 1223 c.c., applicabile nel campo aquiliano per il tramite dell’articolo 2056 c.c., secondo cui il danno è una conseguenza dell’illecito (ovvero dell’inadempimento), ossia della lesione dell’interesse protetto, conseguenza altresì concepita dall’ordinamento sotto specie di “perdita” ovvero di “mancato guadagno”, collegati alla lesione dell’interesse protetto per i rami del nesso di causalità.

Venendo a delle brevi conclusioni, pur nella inevitabile sintesi di argomenti e argomentazioni che ho dovuto operare allo scopo di redigere questo articolo e fermo restando che sulla materia molto ci sarebbe ancora da osservare, la segnalazione è uno strumento importante per la stabilità del mercato bancario in quanto mette gli Istituti di credito al sicuro e al riparo dalle incertezze riguardanti i cattivi pagatori in quella che è la fondamentale (e storica) attività del prestito assolta dalle banche.

Nel contempo però questo strumento è stato utilizzato anche come un metodo per sconfinare oltre i limiti della sua ratio potendo agire come una indebita leva per sollecitare pagamenti o per agire in ritorsione arbitraria (persino punitiva) nei confronti della clientela, provocando dei serissimi danni con un vero e proprio effetto domino.

Si rammenta che in ragione della evidente sproporzione dei rapporti di forza tra gli istituti di credito e i consumatori nelle vesti di clienti e di risparmiatori, la c.d. mano pesante nel prendere provvedimenti da parte della Banca o dell’Intermediario non dev’essere usata con leggerezza ma all’opposto scongiurata anche se non soprattutto nei momenti di conflittualità con la clientela, laddove quest’ultima dev’essere sempre tutelata e preservata da chi ha gli strumenti e le capacità per capire e rappresentarsi bene quali siano le conseguenze di certune scelte, ancor più poi se compiute fuori dal solco di quanto consentito dalla scienza del diritto.

 

[1]   – (Risarcimento per fatto illecito). Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.

[2]    – 1. Nei contratti di durata i soggetti indicati nell’articolo 115 forniscono al cliente, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente stesso, alla scadenza del contratto e comunque almeno una volta all’anno, una comunicazione chiara in merito allo svolgimento del rapporto. Il CICR indica il contenuto e le modalità della comunicazione.

  1. Per i rapporti regolati in conto corrente l’estratto conto è inviato al cliente con periodicità annuale o, a scelta del cliente, con periodicità semestrale, trimestrale o mensile.
  2. In mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, gli estratti conto e le altre comunicazioni periodiche alla clientela si intendono approvati trascorsi sessanta giorni dal ricevimento.
  3. Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione.

[3]    – Negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata a norma dell’articolo 118, l’ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, può ordinare all’altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo. Nell’ordinare l’esibizione, il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il modo dell’esibizione. Se l’esibizione importa una spesa, questa deve essere in ogni caso anticipata dalla parte che ha proposto l’istanza di esibizione.

[4]    – Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti. Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.

[5]  – (Indebito oggettivo). Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere cio’ che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.

[6]Cass n. 23453/2020; 31921/2019; 15609/2014; 21428/2007

[7] – Cass. n. 31921/2019; 26361/2014

Avv. Marco Solferini

Pubblicato da:

Marco Solferini

L'avvocato Marco Solferini è esperto in diritto civile, commerciale, bancario, del risparmio e degli investimenti. Ha maturato una significativa esperienza nella tutela dei consumatori, contrattualistica societaria e nel diritto di Famiglia. Si occupa attivamente di diritto delle nuove tecnologie nel Metaverso e Ai in particolare per start-up e PMI. E' titolare dello Studio legale Solferini e svolge la sua attività in Bologna, Roma e Milano: www.studiolegalesolferini.com - info@studiolegalesolferini.com Ha ricoperto e ricopre alcune cariche in enti, società, associazioni. La storia professionale e il curriculum sono disponibili dal profilo Linkedin.

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