Ricorso ACF: riflessioni sui contenuti del questionario di profilatura
L’esame dei questionari dev’essere svolto con diverse metodologie comparative onde rilevare le eventuali criticità presenti. E’ utile effettuarlo più volte. Partendo da presupposti diversi.
Fra le criticità su cui è possibile lavorare (ciascuna occorre poi che sia sviluppata) giova riportare:
1) Il contenuto del questionario non consente una chiara e corretta raccolta di informazioni relativamente all’effettiva esperienza e conoscenza dei prodotti finanziari da parte del Cliente. L’intermediario infatti finisce per dare come acquisita la conoscenza di tutta una serie di “prodotti finanziari semplici”, tra loro magari assai eterogenei, sia per rischio che per caratteristiche ricomprendili tuttavia in un’unica categoria, senza però avere accertato la reale conoscenza di base degli stessi.
In questi casi mi piace parlare di un questionario organizzato in modo meramente esplorativo e tendente non ad indagare quanto piuttosto a indirizzarel’esito pilotandolo verso una parvenza di completezza a ben guardare in realtà semplicemente frutto di una buona organizzazione che però ad un esame più approfondito rivela tutta la sua fallacità avuto riguardo ai reali obiettivi che disciplinano questo importante strumento.
2) Il fatto che nel questionario venga data la possibilità di esprimere il proprio grado di conoscenza esclusivamente attraverso un “si” o un “no”; in questa circostanza è del tutto evidente che la prima immediata conseguenza è che, in caso di conoscenza parziale dei prodotti da parte del Cliente questi viene comunque costretto ad inserire una risposta non totalmente veritiera.
E’ implicito infatti che il questionario, per ottemperare agli ormai noti crismi di consapevolezza e appropriatezza valutativa, non può contenere risposte per difetto o per eccesso; non è la sede per quantificare il “quanto” ma prima di tutto il “se”. Per effetto mancando questo primo fattore quanto segue è di per sè parziale come tale non è per niente detto che nell’autorappresentazione del Cliente sia anche fiduciariamente quello che questi effettivamente crede. Dovrebbe essere l’Intermediario a indagarlo ma secondo la maggioranza dei casi sottoposti all’attenzione dello scrivente più che altro il dipendente incaricato tende a sorridere e annuire mentre il Cliente compila il questionario magari ricevendo affermazioni disimpegnative o distrattive dall’importanza che il documento dovrebbe avere.
3) Il questionario risulta redatto interamente con metodo auto-valutativo, diversamente da quanto previsto anzitutto dagli Orientamenti ESMA del 2012 in materia di adeguatezza ma non solo, pure da numerosi altri documenti recenti che hanno precisato e indicato i canoni interpretativi.
- Questo passaggio necessita di un indagine particolare: in questa sede quel che si ritiene di condividere è che in ogni caso si tenga buona nota del precetto tale per cui in questo genere di analisi del documento informativo è tipico che si reagisca all’errore svuotando il mezzo e guardando più al fine. Invertendo questo paradigma è più semplice trovare elementi che depongano a questo favore e quindi argomentare meglio su come sarebbe stato onere dell’Intermediario accertare l’effettività della conoscenza di un prodotto andando oltre l’autovalutazione.
- Si possono pure portare elementi diversi per esempio come testimoniato dalla disciplina comunitaria sulle polizze unit linked che sono prodotti complessi e che, non a caso, a partire dal 2018, sono stati inclusi tra i c.d. PRIP’s che richiedono un’informativa precontrattuale rafforzata.
4) La raccolta delle informazioni sulla pregressa esperienza del Cliente,
- Questo genere di indagine è molto utile per anticipare le mosse dell’Intermediario che usualmente tende a depositare tutto il dossier titoli o i pregressi investimenti effettuati ricercando una pistola fumante nella presunta accettazione di un rischio. Andrebbe osservato che non è che siccome uno attraversa spesso la strada fuori dalle strisce che non ha paura di farsi investire. Ma è vero che l’esperienza sconsiglia di organizzare le difese in modo squisitamente deduttivo filosofico pertanto lo scopo di questa indagine è orientato a dimostrare che due note uguali non conducono alla stessa sinfonia quindi che per un’operatività in prodotti finanziari di vario genere, posta in essere nel corso degli anni, comprensiva anche di investimenti uguali o quantomeno simili di fatto non risulta provata nessuna esperienza ad origine o in corso d’opera acquisita da parte del Cliente.
5) Il questionario potrebbe raccogliere le informazioni relative alla propensione al rischio e all’obiettivo d’investimento del Cliente in modo tale che lo stesso risulti impossibilitato dal dichiarare una totale avversione al rischio. In tutti questi casi (e sono nettamente la maggioranza) l’Intermediario attribuisce al Cliente un profilo di propensione al rischio, per esempio di natura “moderata”, con conseguente rilascio di un livello massimo di rischio pari ad una percentuale sull’intero portafoglio (usualmente potrebbe andare dal 12 al 20%).
Attenzione al fatto che ci sono alcuni Istituti di credito che hanno delle vere e proprie circolari interne in cui si fa indottrinamento di bassissima qualità sul come gestire il Cliente per portarlo a questo risultato. Non è facile riuscire ad ottenere questo genere di documenti come tutte le circolari interne perchè sono di difficile acquisizione e spesso vengono successivamente nascoste per evitare che un domani ci sia la c.d. prova provata che sapevano benissimo di procedere in modo manipolativo.
Come si può arginare il problema? Gli Istituti di credito che conducono il Cliente nella pseudo trappola del profilo “moderato” usualmente lo violano successivamente quindi occorre verificare in concreto la concentrazione del portafoglio perchè la stessa, in ottica peraltro evolutiva, potrebbe non essere in linea.
In chiusura del presente articolo si rammenta che quelle offerte in lettura sono delle considerazioni le quali non devono essere interpretate come delle indicazioni operative su come procedere; l’attività riservata al corretto studio ed esame di ogni singola pratica appartiene alla scienza del diritto e come tale il consiglio è sempre quello di rivolgersi all’Avvocato di fiducia che potrà certamente sviluppare la miglior strategia, caso per caso.
Avv. Marco Solferini