Con le recenti pronunce rese dal Supremo Giudice Amministrativo viene consentito l’accesso all’anagrafe tributaria del coniuge nell’ambito di un giudizio di separazione o divorzio, senza che si renda necessaria la previa autorizzazione del Giudice Civile: con tali sentenze si rimuove ogni residuo di applicazione di posizioni minoritarie che hanno, sino a questo momento, fortemente limitato il diritto di accesso alla documentazione nell’ambito di un giudizio di separazione o divorzio.
La prima questione sulla quale i Giudici Amministrativi sono stati chiamati a pronunciarsi trae origine dalla richiesta all’Agenzia delle Entrate, formulata da un soggetto, parte in una causa di separazione personale, di accedere alla documentazione fiscale del coniuge, al fine di renderne manifeste le effettive condizioni reddituali, “anche a seguito del mancato accoglimento da parte del Giudice della separazione delle sue istanze istruttorie”.
La richiesta, respinta dagli uffici tributari, è stata sottoposta al vaglio del Tar di Milano: il Tribunale Amministrativo di primo grado, tuttavia, ha dichiarato inammissibile il ricorso, respingendolo in parte, non solo perché l’interesse difensivo sotteso alla richiesta di accesso non può superare quello alla riservatezza dei dati del coniuge che venga reso oggetto di indagine, ma anche perché, sempre secondo la posizione assunta dal Tar milanese, la documentazione in questione può essere acquisita “solo ed esclusivamente dietro la autorizzazione del Giudice del procedimento” con gli ordinari mezzi resi disponibili dal Legislatore (ex artt. 155 sexies delle disposizioni di attuazione al c.p.c., 492 bis c.p.c., 211 e 213 c.p.c.).
La questione è stata portata all’attenzione del Consiglio di Stato del quale l’appellante sposa l’orientamento espresso nell’Adunanza Plenaria n. 7 del 24.04.2012: “Le norme relative al diritto di accesso disciplinano un istituto che ha una portata generale, essendo esercitabile ogniqualvolta vi sia un interesse strumentale, serio e non emulativo, personale e connesso ad una situazione di cui l’istante è portatore, qualificato dall’ordinamento come meritevole di tutela” – prerogative indiscusse anche del c.d. accesso difensivo.
Con la prima pronuncia, la sentenza n. 5345/2019, il Consiglio di Stato, innanzitutto, specifica che la richiesta di accesso agli atti dell’Agenzia delle Entrate deve essere circostanziata ed i documenti di cui si chiede l’esibizione devono essere specificatamente individuati, non potendo l’Amministrazione dedicarsi ad un’attività di ricerca e di elaborazione dati troppo dispendiosa che ne comprometterebbe il buon andamento e la funzionalità.
Con la successiva sentenza n. 5347/2019, pronunciandosi su analoga questione, i giudici amministrativi, richiamando un proprio precedente (sentenza n. 2472/2014), riconoscono la piena facoltà del coniuge di esercitare il diritto di accesso, purché attuale e concreto, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate anche nell’ambito di un giudizio di separazione personale.
Rispetto a tali giudizi in particolare, ma, più in generale, nella materia dei rapporti familiari, non si può, a parere del Supremo Consesso Amministrativo, richiamare pedissequamente il principio del “giusto processo”: occorre, piuttosto, un contemperamento alla sancita “parità delle armi” in funzione di “interessi prevalenti che riguardano le posizioni più deboli nell’ambito familiare e soprattutto i figli minori”.
Dovendosi garantire, inoltre, l’esibizione dei documenti di natura fiscale, reddituale e patrimoniale “per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta”, l’eventuale bilanciamento con il diritto alla riservatezza dei dati deve essere operato nel corso del medesimo procedimento.
A tal proposito, il Consiglio di Stato precisa che con le modifiche apportate alla l. n. 241/1990 nel 2005 (l. n. 15/2005) il diritto alla privacy dei terzi, di fatto, recede di fronte al diritto di accesso agli atti esercitato a protezione di un interesse giuridicamente rilevante; ciò vale, a maggior ragione, laddove la difesa riguardi “la cura e la tutela degli interessi economici e della serenità dell’assetto familiare, soprattutto nei riguardi dei figli minori delle parti in causa”.
Inoltre, con tale pronuncia viene escluso l’obbligo di previa autorizzazione del Giudice competente: i poteri istruttori riconosciuti al Giudice dal Legislatore non rappresentano un ostacolo al diritto di accesso ai documenti che sono nelle disponibilità dell’Agenzia delle Entrate, data la complementarietà delle discipline, e la richiesta di accesso relativa all’anagrafe tributaria del coniuge ben può essere avanzata dall’altro in pendenza della conclusione definitiva del giudizio di separazione e dell’espletamento di altre azioni allo stesso riferite.
Via libera, dunque, all’accesso alle banche dati del Fisco per il coniuge che voglia far accertare nel giudizio di separazione o divorzio la reale consistenza reddituale e patrimoniale del proprio consorte: prevale, come visto, l’interesse giuridicamente rilevante alla protezione di posizioni deboli, quali quelle di cui sono portatori i figli minori nell’ambito familiare, sul diritto dell’altro coniuge alla privacy dei propri dati fiscali. La richiesta, tuttavia, dovrà essere circostanziata e rivolta all’esibizione di documenti ben specificati, nonché suffragata da un interesse concreto ed attuale.