La pratica quotidiana ci insegna che, molto più spesso di quanto si creda, i giudici provvedono alla liquidazione degli onorari degli avvocati in una modalità onnicomprensiva e al di sotto dei minimi tariffari.
Accade nel civile, nel tributario e nel settore penale abbiamo le tariffe del gratuito patrocinio che sfiorano l’elemosina. In tema di liquidazioni del patrocinio a spese dello Stato lo spettro dell’ispezione ministeriale è sempre dietro l’angolo.
Lo Stato vuole risparmiare nel comparto Giustizia, ma, erroneamente, lo fa a discapito di un attore necessario del processo penale … l’avvocato.
A livello individuale l’istanza di liquidazione deve essere più dettagliata possibile, deve evidenziare e valorizzare l’attività svolta, la sua complessità, sia sostanziale sia processuale, e, se del caso, enfatizzare il risultato raggiunto.
A livello collettivo, i protocolli di liquidazione standardizzata dei compensi troppo accondiscendenti alle richieste (al ribasso) dei giudici, non devono essere sottoscritti dalle associazioni forensi.
Tornando alle liquidazioni in sentenza ricordiamo che la cassazione è intervenuta più volte, ricordando che il provvedimento che liquida gli onorari all’avvocato non deve ledere il decoro professionale del legale.
In particolare, la cassazione sezione sesta civile con l’ordinanza n. 37009 del 26 novembre 2021 ha stabilito: “In tema di spese di giudizio, la sentenza che liquida gli onorari all’avvocato non deve ledere il decoro professionale del legale. È necessario, infatti, specificare i diritti per ciascuna delle fasi della causa senza procedere al riconoscimento di una somma onnicomprensiva al di sotto dei minimi”.
Ancor più recentemente, la sezione sesta civile con l’ordinanza n. 6318 del 2022 è tornato ad affrontare la questione della violazione degli artt. 92 c.p.c., 2233 cod. civ., e del D.M. 10.3.2014 n. 55 per avere, una corte di merito, disatteso tutti i criteri legali di determinazione delle spese di lite in sede di condanna, addivenendo ad una determinazione delle stesse forfettaria e acritica, di importo manifestamente inferiore rispetto ai valori minimi legali e quindi lesiva del decoro professionale.
La cassazione ha stabilito che è “erronea nonché lesiva dei minimi tariffari e del decoro e della dignità professionale del difensore (art. 36 Cost.) una liquidazione – come quella effettuata nel caso di specie dalla sentenza impugnata – omnicomprensiva, unitaria e non specifica dei diritti per ciascuna delle fasi del giudizio di merito e la condanna alle spese è priva di qualsiasi specificazione relativa alle singole voci liquidate” (Cass. n. 5250 del 2019; Cass. n. 5318 del 2007, Cass. n. 11276 del 2002).
La liquidazione delle spese processuali non può essere compiuta in modo globale per spese, competenze di procuratore e avvocato, dovendo invece essere eseguita in modo tale da mettere la parte interessata in grado di controllare se il giudice abbia rispettato i limiti delle relative tabelle e così darle la possibilità di denunciare le specifiche violazioni della legge o delle tariffe; Cass. n. 5250 del 2019 e n. 27020 del 2017, secondo cui in materia di liquidazione degli onorari agli avvocati, qualora la parte abbia presentato nota specifica con l’indicazione delle spese vive sostenute e dei diritti ed onorari spettanti, il giudice non può procedere ad una liquidazione globale al di sopra delle somme richieste senza indicare dettagliatamente le singole voci che aumenta in conformità alla tariffa forense, dovendo consentire l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe applicabili alla controversia, anche in relazione all’inderogabilità dei minimi e dei massimi Ric. 2020 n. 11919 sez. MT – ud. 08-02-2022.
I suddetti principi sono stati peraltro confermati dalle pronunce della cassazione n. 830 del 2020 e n. 37009 del 2021.
Preso atto che la cassazione non basta per tutelare il decoro professionale, sarà necessario che gli organi di rappresentanza dell’avvocatura siano più attenti a tutelare dei principi basilari della categoria.