La moneta del Metaverso. Dal concetto di criptovaluta per investimenti a quello per gli acquisti.

Tempo di lettura stimato: 13 minuti

Poiché uno dei limiti nello scrivere a proposito delle nuove tecnologie riguarda l’effettiva capacità di comprenderne i contenuti dei destinatari il taglio del presente articolo, se mi viene concesso un termine da giornalista o addirittura sarà inevitabilmente quello di una sintesi non specialistica.

Proprio facendo appello a un carattere più discorsivo e meno elitario in questo “primo contatto” ritengo sarebbe inopportuno somministrare al lettore un sermone di contenuti che ripercorrano l’attuale quadro normativo e quello che “dovrebbe essere”, o che perlomeno potrebbe diventare, nel prossimo futuro. Avuto riguardo in particolar modo alla tutela della privacy e alla contrattualistica.

Sono argomenti del resto facilmente rintracciabili poiché mi è noto siano percorsi da plurimi commentatori ormai in diverse occasioni o tramite diversi supporti. Ritengo che sia opportuno affrontarli ma “insieme” quando cioè avremo già fatto una conoscenza e sviluppato una conoscenza base, che ci permetta di avere un dialogo.

In questo scritto quindi, volendo cercare una semplificazione che posso anche definire totalizzante, a beneficio di qualunque lettore, mi soffermo brevemente sugli aspetti inerenti le cripto valute che serviranno (e in parte già sono in uso) per compiere acquisti nel Metaverso e sulla loro struttura e natura.

Partendo dal presupposto che gli acquisti o in generale quella che si potrebbe definire, seppur in termini approssimativi, la spesa nel Metaverso avverrà tramite le criptovalute “del Metaverso” la riflessione su quali debbano essere i contenuti in diritto della moneta virtuale ci proietta, inevitabilmente, al sistema di emissione delle criptovalute.

Per prima cosa che giova sottolineare é che il sistema blockchain ci pone dinnanzi a due questioni estremamente attuali:

1) il principio della decentralizzazione (le monete virtuali non sono gestite da un Governo o da un istituzione sovranazionale terza).

2) il principio della validazione nell’emissione di nuovi blocchi (al momento può essere utile rimandare alla definizione / spiegazione rinvenibile da Consob: https://www.consob.it/web/investor- education/criptovalute).

Fermo restando che la situazione è in costante evoluzione e ciò è altresì dimostrato, per esempio, dal fatto che si possa passare da un sistema blockchain proof of work a un sistema proof of stake cioé in estrema sintesi da un sistema basato sul noto mining, a un sistema scalabile e più efficiente dal punto di vista energetico

La qual cosa è una delle non poche microrivoluzioni che cambiano alla radice l’attuale sistema dell’universo delle “criptomonete” e che potremmo definire quello storico introduttivo, finendo quindi per incontrare una innovazione che le traghetterebbe verso un utilizzo più conforme al mondo dei token virtuali in versione NFT come del resto secondo non pochi interpreti sarà caratterizzazione tipica del Metaverso.

Vediamo quali sono alcune delle modifiche di questo cambio (che consiste anche nell’utilizzo di un diverso algoritmo), secondo i lavori preparatori sono stati studiati e divulgati avuto riguardo al più famoso passaggio noto come Ethereum Merge :

  1. Miners are replaced by validators

  2. Validators gain access to MEV via MEVBoost auctions

  3. Block builders will emerge as a new economic actor

  4. Increased time to block finality

  5. New penalties add stakes to staking

  6. Block building creates new economic actors

  7. Block reward subsidy is reduced by ~90%

  8. Fixed block times may influence MEV dynamics

Un osservatore attento potrebbe quindi cogliere il presupposto che il mercato si stia orientando a una diversa fase. Secondo alcuni si sta evolvendo. Ad oggi le criptomonete sono state viste come un investimento mentre nel futuro del Metaverso dovranno essere un metodo di pagamento. E questo comporta anche che diventeranno il budgeting personalizzato da parte degli utenti. Si può intuire di quale evoluzione trattasi poichè il sistema punta ad evolversi in maniera molto significativa rispetto alla precedente impostazione delle blockchain e quindi si pone immediatamente un aspetto di “educazione finanziaria alla spesa nel Metaverso”.

Più in generale oggi si parla spesso di educare o imparare a spendere con le criptovalute. Non é la stessa cosa. Provate ad esempio a pensare al fenomeno di come comperare casa con i criptoasset digitali o come investire in Bitcoin ma atteaverso gli ETF Bitcoin.

Già questo concetto potrebbe essere uno dei pilastri per armonizzare, nelle comunità, il concetto di Metaverso.

Fermiamoci però un istante a riflettere su quello che abbiamo appena fatto o meglio su quanto si è cercato di tradurre dalla teoria alla pratica.

Siamo partiti da una considerazione di ciò che sono state le criptovalute e, passando attraverso un innovazione della tecnologia, stiamo cercando di capire quali potrebbero essere, in termini predittivi pratici, le migliori e più spendibili applicazioni delle stesse nel Metaverso.

Prima di proseguire anche a rischio di sembrare pleonastico vorrei insistere su questo metro espositivo che cerco di adottare facendo appello a due citazioni tratte da “la variante di Lunenberg” tali per cui se è pur vero che due note uguali non conducono alla medesima sinfonia l’interprete deve rammentare che nelle nuove tecnologie è ben dimostrato come i fruitori o se vogliamo ai destinatari si applicano usualmente seguendo il principio tale per cui “come ogni principiante privilegiavo la pratica alla teoria, il gioco allo studio, pensando sempre che quest’ultimo fosse superfluo grazie alla presenza di un genio onnisciente che già si trovava in me”.

In quest’ottica, per esempio, l’interprete del diritto si potrebbe porre la domanda di quale dovrebbe essere la disciplina applicabile al ruolo, per esempio, dei validatori che diventa centrale e per il quale percepiranno fra l’altro una commissione (o un premio). I validatori, per meglio comprendere, svolgono in parte il ruolo di verificare le transazioni e di aggiungere alla catena nuovi blocchi di informazioni relative anche alle transazioni.

I validatori saranno probabilmente oggetto di investimenti da parte dei fondi di investimento perché potrebbero essere quelle società che più di altre non si presentano con una semplice “idea” ma già con delle entrate prefissate. Una sorta di notaio virtuale che incassa per ogni validazione. Queste figure avranno ruoli sempre più centrali con l’evoluzione del concetto di spesa oltre che di investimento. Per esempio tanto più aumenterà lo staking nelle cripto cioé una prassi molto simile al conto deposito o addirittura alla recente evoluzione del liquid staking che non solo ti permette di guadagnare con il deposito ma ti garantisce comunque una operatività tramite un token (sulla liquidità in deposito) e negoziabile.

Queste considerazioni, si badi bene sempre molto sintetiche, portano anche a riflettere sul fatto che attualmente nella maggior parte degli spazi virtuali online manca la percezione degli utenti come detentori di diritti individuali, che non siano quelli ancora ricondotti nell’egida onnicomprensiva del “consumatore”.

Come pure il fatto che l’Unione Europea sembra intenzionata a procedere con l’introduzione di pacchetti normativi. I quali probabilmente rappresenteranno una struttura base sulla quale intervenire successivamente. Un metodo già seguito da numerose Istituzioni, si pensi ad esempio all’esistenza di un Testo unico che viene successivamente adeguato, e progressivamente migliorato pure con l’introduzione di Regolamenti attuativi e strettamente contemporanei allo scopo di settorializzare e normare ogni singolo aspetto.

Posso capirlo, perché l’evoluzione del mercato é molto rapida e ci sono soluzioni che al momento trovano tutele normative certamente non ad hoc. Motivo per cui ci vorrebbe una cabina di regia o un comitato si saggi che si occupi di interpretare dal punto di vista prima di tutto educativo e culturale queste tendenze o questi usi.

Quello a cui potremmo andare incontro è quindi la coesistenza di leggi nazionali e sovranazionali in parte già esistenti che si dovranno uniformare a politiche, sempre più specifiche ed innovative per le piattaforme e per gli operatori. Il che porterà a un diritto difficile da traslare nella contrattualistica che sarà poi l’aspetto più rilevante per le società le quali domanderanno ai propri legali di predisporre tutti i moduli necessari per essere “in regola”.

Per gli utenti e i consumatori si potrebbe creare una situazione di vuoto colmato a blocchi che si sposteranno (metafora virtuale del mitico gioco “Tetris”) a seconda delle innovazioni facendo sì che accanto ad alcune tipologie di servizi ben definibili ce ne siano altri per i quali si aprirà un mercato grigio di regole e forse anche di lacune normative.

Dovremmo invece partire dal presupposto che già adesso per tutti gli utenti degli spazi di realtà virtuale e realtà aumentata esistono diritti inalienabili che dovrebbero orientare le politiche soprattutto monetarie (vigilanza, stabilità, controllo, certezza, ecc.) onde evitare che l’esperienza del Metaverso diventi simile a un gioco dove ci sono delle potenzialità eternamente incompiute.

Sappiamo che ogni individuo ha il diritto alla privacy, all’anonimato, al controllo dei propri dati ma nella realtà costante e nelle sue applicazioni attuali tutto ciò che potrebbe rappresentare una certezza nell’esercizio di questi diritti è stato altresì “ancorato” prima di tutto al diritto di controllare (o meglio di esercitare un controllo) sulle proprie risorse. Un concetto non a caso osteggiato da alcuni Autori della scienza del diritto, perlomeno nella società reale e tangibile, per le oggettive difficoltà associate al presupposto che pare essere più idoneo a curare ma non a prevenire.

Può quindi meglio comprendersi quale sia o possa facilmente diventare, stante queste semplici riflessioni, l’evoluzione e il potenziale cambiamento di un metodo di pagamento nella sua struttura ab origine che ne caratterizza a cascata la decentralizzazione e la regolarizzazione in un ambiente virtuale che ne imporrebbe, a ogni utente, l’accettazione non solo dei contenuti ma anche delle potenziali modifiche.

Una siffatta situazione mal si sposerebbe con il principio della stabilità e dell’efficienza qual’è tipico di ogni moneta in virtù del suo intrinseco potere d’acquisto o di scambio.

Pertanto, forse possiamo trarre una prima considerazione, di ragionevolezza e buon senso: un metodo di pagamento, a prescindere che possa essere anche una forma di investimento dovrebbe essere ricondotto a delle norme monetarie più tipiche dell’economia dei consumi e non degli investimenti.

Come ho inizialmente voluto introdurre l’attuale considerazione sulle monete virtuali è nata ed è cresciuta invece proprio come forma di investimento. Mentre, come abbiamo potuto osservare la tecnologia le sta cambiando e le sta rendendo anche una forma di pagamento. Possono convivere nel diritto le due cose? Mi si permetta un altra citazione, stavolta dal grande Simenon il quale ebbe a scrivere: “la resistenza nervosa ha un limite. Al parossismo subentra all’improvviso, senza soluzione di continuità, una calma assoluta che confina con lo stordimento, così come l’agitazione precedente confinava con la follia”.

***

Orbene, sussistono pertanto sufficienti elementi per affrontare meglio e quindi approfondire la natura della moneta virtuale tenuto conto degli aspetti in diritto che pare maggiormente coinvolgono ad oggi gli interpreti.

Anzitutto per una prima definizione di moneta virtuale occorre fare riferimento a quanto stabilito nella direttiva 2018/843/UE del 30 maggio 2018 (in modifica della c.d. IV direttiva antiriciclaggio), dove viene definita come “una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”;

Sul punto in diritto è intervenuta la Cassazione Penale 44378/2022 (precedentemente con Cass. Pen. 27023/2022 e 26807/2022 sempre però sul caso Bitcoin): la ratio della norma vuole evidentemente disciplinare i rapporti tra moneta virtuale e moneta corrente, senza però correttamente definire il fenomeno (disciplinando “in negativo” le caratteristiche della moneta virtuale); il considerando n. 10 della Dir. antiriciclaggio dimostra l’assunto in quanto afferma che “sebbene le valute virtuali possano essere spesso utilizzate come mezzo di pagamento, potrebbero essere usate anche per altri scopi e avere impiego più ampio, ad esempio come mezzo di scambio, di investimento, come prodotti di riserva di valore o essere utilizzate in casinò online. L’obiettivo della presente direttiva è coprire tutti i possibili usi delle valute virtuali”.

Posto quindi la definizione di moneta virtuale come introdotta dal legislatore europeo, in Italia la definizione che ne dà il legislatore si rinviene invece nel D.Lgs. n. 231 del 2007 art. 1 come modificato dal D.Lgs. n.125 del 4 ottobre 2019, dove la moneta virtuale viene definita (lett. qq) “la rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”;

Non a caso con quanto già osservato la principale differenza sembrerebbe quindi annidare nel fatto che secondo il legislatore Italiano sussiste una equiparazione anche nell’ipotesi in cui la moneta virtuale venga utilizzata per “finalità di investimento”.

Come si vede pertanto si è giunti alle medesime considerazioni che, con parole e riflessioni meno scientifiche ho cercato di introdurre in questo scritto, e la qual cosa sembra inoltre corretta anche da un punto di vista pratico essendo questo il principale obiettivo ad oggi rinvenibile nella compravendita della moneta virtuale.

Ecco quindi che vale la pena tornare sulle considerazioni già svolte inerenti alle più recenti evoluzioni dei sistemi blockchain come nel citato caso di un passaggio da una rete proof-of-work (PoW) a una proof-of-stake (PoS) (“The Merge”).

Osserviamolo adesso alla luce degli argomenti che abbiamo introdotto ed ecco che il sistema di validazioni nell’ampliamento della catena si presenta potenzialmente in stretta correlazione ad esempio con la capacità di produrre smart contract sempre più in grado di meglio ospitare il mercato dei NFT. Questa, sempre nell’ottica di voler e dover semplificare è una conseguenza.

Insomma sono tutti elementi che puntano a diversificare i contenuti delle monete virtuali e che pertanto richiedono una diversa e modulata tipologia di tutela che guardi al passato ma sia proiettata al futuro

Possiamo giungere alla medesima conclusione traendo efficacia argomentativa da due concetti del resto già molto noti al settore degli investimenti quali sono consapevolezza e profilatura. Peraltro che ben conosciamo in Italia perché adeguatamente protetti dal Testo Unico Finanziario e dal Regolamento Intermediari e nell’ottica dei quali non pare affatto né corretto e tanto meno opportuno affermare che una moneta valga quanto un altra in termini di investimento. In quest’ottica, secondo il principio di consapevolezza e profilatura dell’investitore sono prodotti fra loro molto diversi. Non solo quindi in ragione del prezzo o della volatilità o di quanto siano soggetti a prassi da investitori/traders che pure sono informazioni senza dubbio utili da condividere.

Ed ecco anche che, seguendo un diverso percorso possiamo giungere alle medesime conclusione di cui in precedenza secondo cui anche osservate secondo la logica dell’investimento le monete virtuali nel Metaverso non possono funzionare senza poggiare sui principi di stabilità e sicurezza che sono elementi tipici di qualunque moneta.

E’ bene sottolineare che ad oggi non ci sono esempi del tutto calzanti laddove al momento solo alcune monete virtuali sono essenziali per interagire con “alcuni” prototipi di Metaversi. Quelli di base attualmente non in realtà virtuale ma come definito speso, in iperdigitale dove è possibile per esempio comprare terreni e/o NFT. Ci sono diverse piattaforme di ingresso che presuppongono però la presenza di un wallet di monete virtuali non aperto a tutte. Quindi è necessario avere delle monete c.d. “spendibili”.

Prendendo come esempi questi ambienti e posto che si tratta di servizi che per quanto in evoluzione sono orientati in un paradigma ben più limitato dell’idea estesa di Metaverso, sembrerebbero quindi, in tali monete, poter sussistere entrambi i presupposti cioè quello che una determinata moneta virtuale funga sia da investimento che da mezzo di scambio per certuni beni individuati in certuni market.

Non potendo tralasciare questa considerazione la stessa ci porta a dover altresì definire due ulteriori soggetti: l‘exchanger e il wallet provider.

Per exchanger si intende il soggetto che gestisce le piattaforme exchange, intendendosi per exchange la piattaforma tecnologica che permette di scambiare questo prodotto finanziario, la cui funzione, quindi, è quella di poter permettere di effettuare l’acquisto e la vendita delle criptovalute e di realizzare un profitto; sono stati inclusi i “prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale” tra i cc.dd. soggetti obbligati (D.Lgs. n. 231 del 2007 art. 3, comma 5, lett. i) e la relativa imposizione di iscriversi in apposito registro tenuto presso l’OAM – Organismo competente in via esclusiva ed autonoma per la gestione degli Elenchi degli Agenti in attività finanziaria e dei Mediatori creditizi.- con relativo obbligo di comunicazione al Ministero Economia e Finanze (D.Lgs. n. 141 del 2010 art. 17 bis, comma 8 bis): con la IV e la V Direttiva UE Antiriciclaggio, recepite rispettivamente con il D.Lgs. n. 90/2017 e con il D.Lgs. n. 125 del 2019, sono stati previsti specifici obblighi nei confronti dell’exchanger (cambiavalute di bitcoin et similia, definiti come ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi funzionali all’utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da, ovvero in, valute aventi corso legale o in rappresentazioni digitali di valore, ivi comprese quelle convertibili in altre valute virtuali nonché i servizi di emissione, offerta, trasferimento e compensazione e ogni altro servizio funzionale all’acquisizione, alla negoziazione o all’intermediazione nello scambio delle medesime valute, D.Lgs. n. 231 del 2007 art. 1, comma 2, lett. ff) e del wallet provider (gestori di portafogli virtuali, definiti come ogni persona fisica o giuridica che fornisce, a terzi, a titolo professionale, anche online, servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali, art. 1, comma 2, lett. ff bis)), entrambi inseriti nella categoria “altri operatori non finanziari”.

Tornando alla pregevole ricostruzione offerta da Cass. Pen. 44378/2022: “con riguardo all’uso della moneta virtuale come mezzo di scambio o strumento finanziario, questa Corte ha precisato (Sez. 2, Sentenza n. 26807 del 17/09/2020, De Rosa, Rv. 279590) che ove la vendita di bitcoin venga reclamizzata come una vera e propria proposta di investimento, si ha una attività soggetta agli adempimenti di cui agli artt. 91 e seguenti TUF (“La CONSOB esercita i poteri previsti dalla presente parte avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all’efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali”), la cui omissione integra la sussistenza del reato di cui all’art. 166 comma 1 lett.c) TUF.

Sul punto in diritto è opportuno richiamare anche, come del resto hanno fatto gli stessi giudici della Corte, un orientamento riconducile alla sentenza del Trib. di Verona del 24 gennaio 2017 che aveva qualificato “strumenti finanziari” alcune valute virtuali acquistate su una piattaforma di scambio identificando i caratteri distintivi dell’investimento di tipo finanziario:

a) un impiego di capitali, riconducibile generalmente al danaro o, più in generale, a un capitale proprio che può corrispondere anche a una valuta virtuale;

b) una aspettativa di rendimento;

c) un rischio proprio dell’attività prescelta, direttamente correlato all’impiego di capitali.

Pare che questi presupposti siano effettivamente ben spendibili in tutti gli acquisti di moneta virtuale finalizzati sia alla mera speculazione da investimento sia all’utilizzo che se ne potrebbe fare nell’ambito dei Metaversi. Pertanto tenuto conto degli obblighi che sorgono in capo ai soggetti coinvolti appare necessario (cosa che al momento accade poco o in modo marginale) che tali indicazioni vengano meglio e maggiormente tutelate per chi utilizza le monete virtuali anche per interagire con i contenuti offerti nel Metaverso laddove gli stessi, rappresentando delle opportunità, sono assimilabili al medesimo carattere di cui al punto c): “un rischio proprio dell’attività prescelta, direttamente correlato all’impiego di capitali”.

In conclusione, la massima che si ricava dalla recente e condivisibile più volte citata cassazione penale è la seguente: “La valuta virtuale deve essere considerata strumento di investimento perché consiste in un prodotto finanziario, per cui deve essere disciplinata con le norme in tema di intermediazione finanziaria (art. 94 ss. T.U.F.), le quali garantiscono attraverso una disciplina unitaria di diritto speciale la tutela dell’investimento; pertanto, chi eroga detti servizi è tenuto ad un innalzamento degli obblighi informativi verso il consumatore, al fine di consentire allo stesso di conoscere i contenuti dell’operazione economico-contrattuale e di maturare una scelta negoziale meditata”.

Senza ombra di dubbio tale definizione è utile nel caso di alcune operazioni fra cui la sottoscrizione di nuove monete nelle I.C.O. (Initialing Coin Offering). Però, così stando le cose è opportuna una ulteriore considerazione laddove non pare che alcune delle piattaforme che offrono servizi di Metaverso siano del tutto in regola con le necessarie informazioni da dare a coloro i quali si approvvigionano di monete virtuali anche allo scopo di interagire con la doppia funzione che la moneta sta assumendo facendo di fatto appello a una mera traslazione contabile. E tale sistema che rappresenta più una prassi da venditori di contenuti, ben inteso assolutamente legittima e organizzata, non può però essere la strada percorribile nel Metaverso essendo straordinariamente limitativa e potenzialmente caotica.

Pertanto occorrerebbe, tenuto conto di quelli che sono già gli obblighi impositivi di cui sopra provvedere con un adeguamento delle informative da rilasciare, viene da ipotizzare all’atto di registrazione (ingresso), nel Metaverso.

La questione potrebbe essere che da un punto di vista tecnico per la scienza del diritto così stando le cose gran parte delle attività che si svolgono sono riconducibili al concetto di investimento. E questo, stante la spiegata coincidenza che può sussistere già ab origine tra il necessario acquisto di una moneta virtuale, che quindi possiede i suoi caratteri propri (solo in parte tipici di tutte le monete virtuali) e l’obbligo di averla per interagire nel Metaverso potrebbe comportare la conseguenza che la moneta in questione, unicamente “per via della” detenzione, rappresenterebbe un investimento di per sé non venendo meno il carattere speculativo di fronte al potere d’acquisto laddove tali monete sono sempre agganciate a un sistema decentralizzato che non è paragonabile a quello delle monete non virtuali.

Orbene, giungo a offrire delle conclusioni ma non prima di suggerire anche a non pochi interpreti di approfondire le ragioni che hanno portato a quello che pare essere il definitivo abbandono della moneta ribattezzata come social e nota come “Diem” (un evento studiato da pochi ma che rappresenta un caso molto interessante) che andrebbero attentamente studiate, ma in una condizione come quella sopra descritta, anche solo potenziale, a me riesce davvero molto difficile immaginare, salvo enormi problemi di privacy, che sia concepibile un Metaverso diverso da, mi si passi il termine “ibridi” o se vogliamo semplicemente “iperidgitali”, quelli attuali (dove peraltro alcuni di questi stessi potenziali problemi spingerebbero a una maggior cautela), che sia compatibile con una moneta/wallet che sintetizzi sia il potere d’acquisto che l’investimento.

L’unica armonizzazione possibile passa prima di tutto dal poter conciliare quest’ultima moneta nella sua fase di acquisto, condizione necessaria, con il behavioural targeting e le tecniche di indagine e predisposizione della cessione dei dati personali che vengono ricomprese nel nudging. La primissima gestione della contrattualistica di accesso al Metaverso quindi dovrebbe essere ispirata proprio ai principi che ho enunciato di consapevolezza perché il fruitore dovrebbe poter scegliere razionalmente di accettare questa che a tutti gli effetti è una profilatura attraverso la cessione delle proprie informazioni personali.

In quel momento, forse, potrebbe in effetti utilizzare la moneta virtuale necessaria nel Metaverso.

Avv. Marco Solferini – www.studiolegalesolferini.com

Pubblicato da:

Marco Solferini

L'avvocato Marco Solferini è esperto in diritto civile, commerciale, bancario, del risparmio e degli investimenti. Ha maturato una significativa esperienza nella tutela dei consumatori, contrattualistica societaria e nel diritto di Famiglia. Si occupa attivamente di diritto delle nuove tecnologie nel Metaverso e Ai in particolare per start-up e PMI. E' titolare dello Studio legale Solferini e svolge la sua attività in Bologna, Roma e Milano: www.studiolegalesolferini.com - info@studiolegalesolferini.com Ha ricoperto e ricopre alcune cariche in enti, società, associazioni. La storia professionale e il curriculum sono disponibili dal profilo Linkedin.

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