Colendissimo Avvocato del 2024, con penna tremante e cuore mesto, scrivo onde metterti, insieme a li colleghi tuoi, in guardia nel proseguire il percorso verso l’arte forense, giacché, da questo secolo, veggo destini avversi e bui per la nostra professione.
La nobile ars legale, forgiata per difendere lo justo et lo vero, sarà calpestata e vilipesa da malformolate e raffazzonate riforme che muteranno più veloci dei venti.
Le Leggi non saranno più scolpite nel marmo, ma scritte su carta esile come le idee a loro fondamenta, vale a dire la convenienza e l’incompetenza di politici che prestano orecchie alla pancia dell’elettore, dimentichi del bene comune.
La Dea Giustizia, farò di luce da noi rispettato, diverrà un cavilloso e capzioso labirinto, senza l’ausilio di Arianna a portare un filo per uscirne.
Da aulici oratori diverrete burocrati scrivani.
Le vostre arringhe non risuoneranno, con voci reboanti, nelle aule di Giustizia, ma saranno prigioniere di confini A4, dentro macchine argentee chiamate computer che, ahimè , governeranno il vostro operato e la vostra vita.
Lo iudicante vorrà solo che la vostra opera sia contenuta in tali minimi insufficienti papelli a cui vorrà vi riportate, nulla aggiungendo.
Quanto ai clienti, preparatevi ahimè al sommo insulto: armati di arcani avatar magici, detti “Google” e “Chat box”, vi tratteranno quali meri portatori di libelli e esecutori dei loro desiderata.
Con aria saccente e sicumera vi replicheranno: “Lo so già. Ho letto in uno spazio chiamato Internet e chiesto opinioni a famigliari miei e mestieranti vari.”
E a mani vuote, privi di minima consapevolezza, pietiranno assistenza a pochi denari e molte pretese, profferendo promesse vaghe e vacue. Una magistratura maramalda, e dimentica della sua funzione di equilibrio, non collaborerà, arroccandosi a difendere la posizione sua.
Dovrai destreggiarti in dispute degne di tragedie greche, non in tribunali marmorei, ma su piattaforme virtuali o stanze pericolanti ricavate da edifici una volta abitati. Vedrai dispute per un albero di limoni piantato vicino a un confine trasformarsi in un vortice di e-mail, certificazioni fotografiche, droni che scrutano dall’alto e pareri da “esperti di social network” pronti a giudicare senza aver mai messo piede sul luogo. Il giudice, sommerso da prove digitali, deciderà non più sulla base di ciò che vede e sente, ma su schermate e file che potrebbe non comprendere del tutto.
E ancora, grevi e aberranti vicende criminali, efferati omicidi et femminicidi, dibattute in convivi tenuti non in auliche e dotte occasioni ma su piazze pubbliche, in teatri a cui i partecipanti, abili e consumati urlatori, polemisti e non retori, degni solo di un grottesco carro di Tespi che pontificheranno di argomenti che sconoscono; penso voi posteri la chiamerete televisione.
E il guadagno tuo?
La mannaia delle tasse cadrà su ogni scudo da voi guadagnato e Cassa Forense, che dovrebbe soccorrervi e ausiliari nei tempi di magra, parrà più un usuraio dell’epoca mia.
Nulla vi spetta se non il duro lavoro fino alla senilità.
Pertanto, sconosciuto discepolo, rifletti: è davvero questa la vita che a cui aneli?
Se il giogo ti sembra greve, dedicati a coltivar fiori, a comporre madrigali o ad arti più ricche e liete. Ma se, nonostante i miei ammonimenti, proseguirai questa strada impervia e nobile, ti consegno la mia Toga che so porterai con onore e senza macchia.
Prendi anche la mia penna, che dovrai mantenere più affilata delle spade usate in questi tempi di faide e duelli; sono dure tenzoni, ma nulla rispetto alle pugne che affronterai avendo come unici compensi l’ingratitudine e la solitudine.
Sii tu il nuovo paladino di un diritto che non si piega né si spezza, senza paura né compromesso.
Ferma la Toga, saldo il cuore, giusto il cammino.
Con rispettosa deferenza.
Un tuo predecessore dall’ Anno Domini 1600
Caro predecessore,
Il tuo messaggio mi giunge come un eco lontano, ma profondamente attuale. Conservo e indosso ancora la Tua Toga con rispetto e mi accingo a risponderti, perché il futuro che descrivi, sebbene segnato da difficoltà e compromessi, è anche foriero di nuove possibilità.
È vero, il mondo legale ha subito trasformazioni immense. Le aule risonanti che Tu ricordi sono state sostituite da piattaforme digitali, i rotoli di pergamena da freddi file elettronici. Ma ciò non significa la morte dell’arte forense: significa una sua metamorfosi.
Il diritto oggi è dinamico, adattabile, e la sfida non è solo interpretare la legge, ma integrarla con strumenti tecnologici che ne amplificano la portata. Se la carta è fragile, come Tu dici, allora il nostro compito è dare sostanza al diritto attraverso competenze nuove e resilienza.
Quanto ai clienti che, armati di “Google” e “Chat box,” credono di sapere tutto, non disperare. È nostro compito riportarli sulla retta via, spiegando con pazienza che il diritto non si riduce a risposte preconfezionate, ma vive di discernimento e strategia.
È vero, spesso ci troviamo a essere più amministratori che oratori. Ma il nostro ruolo non è meno nobile: prevenire i conflitti, costruire ponti, e immaginare soluzioni dove gli altri vedono ostacoli.
Quanto alla Tua penna, la stringo con fierezza: più che mai, oggi essa deve essere affilata, non solo per combattere, ma per costruire.
Ti rassicuro, caro predecessore: nonostante il fardello di tasse e una burocrazia soffocante, siamo ancora qui, con il cuore saldo e la toga ferma, impegnati a mantenere alta la fiaccola della Giustizia, sapendo che ogni passo avanti verso l’etica, la trasparenza e la competenza è un dono che offriamo alle generazioni future.
Con profonda stima,
Un Avvocato del 2024