Arbitro Controversie Finanziarie (ACF). Sintesi ragionata di alcune tematiche affrontate nelle decisioni di Luglio 2024 brevemente commentate sia lato risparmiatori che lato Banche / Intermediari.

Tempo di lettura stimato: 52 minuti

Indice

  1. Malfunzionamento della piattaforma di trading on line

  2. Acquisto di obbligazioni subordinate a tasso variabile di tipo Upper Tier II, effettuata dal Ricorrente tra il 2014 e il 2016 tramite servizio di internet banking.

  3. Cambio di consulente – mancate informazioni sulle perdite degli investimenti.

  4. Obbligazioni Portugal Telecom

  5. Responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati a terzi da un proprio consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede.

  6. Mancata esecuzione di ordini di disinvestimento di quote di fondi e sicav

  7. Disconoscimento delle firme apposte ai moduli di sottoscrizione ordini

  8. Obbligazioni Astaldi, Mps e Portugal Telecom.

  9. Investimenti in Azioni Salini Impregilo, ora Webuild, Tullow Oill, BMPS, Banca Carige e Bio ON

  10. Ritardo nell’esecuzione dell’ordine di disinvestimento

  11. Ordine di vendita impartito con lettera raccomandata.

  12. Acquisto di azioni proprie dell’Intermediario – tempistica di acquisto con altri investimenti.

  13. Obbligazioni Astaldi – disconoscimento della firma.

  14. Investimento su suggerimento del consulente finanziario fuori sede

  15. Passaggio da Clienti al dettaglio a Clienti professionali per poter effettuare gli investimenti.

  16. Chiusura automatica di una posizione in derivati detenuta dal cliente con attivazione della clausola di “stop loss”.

  17. Certificates con sottostante azioni EDF – differenza tra Intermediario e Agente di Calcolo.

  18. Tardiva esecuzione di un ordine di rimborso di quote di fondi comuni di investimento.

  19. Investimenti con polizze Unit Linked e una multiramo, in regime di consulenza.

  20. Sostituzione di BTP con fondi comuni d’investimento.

  21. Investimento in BTP “Green” con scadenza 2045

  22. Obbligazioni Portugal Telecom (3 decisioni)

  23. Investimenti inadeguati – mancata comprensione

  24. Titoli obbligazionari Lecta SA

  25. Operazione di acquisto e sostituzione di BTP

  26. Polizza Unit Linked – piano d’accumulo – investimento del TFR.

1) Malfunzionamento della piattaforma di trading on line

Nel caso in esame il Collegio con decisione 7456/24 pur respingendo il ricorso torna a ribadire un consolidato orientamento tale per cui: “spetta agli intermediari che si pongono quali prestatori di servizi d’investimento tramite servizi di home banking dotarsi di presidi organizzativi e piattaforme efficienti, tali da garantire il perdurante rispetto dell’obbligo di esecuzione con la necessaria tempestività degli ordini impartiti dai clienti, munendosi in tale contesto di risorse idonee a far fronte ad eventuali “cadute” (anche solo temporanee) dei sistemi automatizzati utilizzati a questi fini, in ogni caso prevedendo strumenti alternativi, efficaci e strutturati, che consentano alla clientela di dare agevolmente corso all’operatività di loro interesse”.

Aggiungendo fra l’altro che: “Né può sottacersi che è l’art. 21, comma 1, lett. d), del TUF impone agli intermediari di “disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi e delle attività”; dovere, questo, dettagliato poi già con la risalente Comunicazione Consob n. DI/30396 del 2000 (“gli intermediari che prestano servizi di trading on line devono dotarsi di sistemi informativi interni adeguati a garantire, tenuto conto dei volumi delle transazioni disposte, il rispetto dell’obbligo di eseguire con tempestività gli ordini impartiti dagli investitori […]”. E, ulteriormente, nel Regolamento congiunto Consob/Banca d’Italia del 29 ottobre 2007, all’art. 5, comma 2, lett. l), è stabilito che “gli intermediari nell’esercizio dei servizi, adottano, applicano e mantengono […] politiche, sistemi, risorse e procedure per la continuità e la regolarità dei servizi volte a: i) assicurare la capacità di operare su base continuativa; ii) limitare le perdite in caso di gravi interruzioni dell’operatività; iii) preservare i dati e le funzioni essenziali; iv) garantire la continuità dei servizi in caso di interruzione dei sistemi e delle 5 procedure. Qualora ciò non sia possibile, permettere di recuperare tempestivamente i dati e le funzioni e di riprendere tempestivamente i servizi”.

Si rammenta tuttavia che anche la condotta del ricorrente dev’essere scevra da equivoci e rispecchiare la realtà dei fatti; ciò significa che, sotto il profilo eziologico, il pregiudizio economico lamentato dev’essere direttamente da ricondursi al riscontrato temporaneo malfunzionamento

2) Acquisto di obbligazioni subordinate a tasso variabile di tipo Upper Tier II, effettuata dal Ricorrente tra il 2014 e il 2016 tramite servizio di internet banking.

Con la decisione 7457/24 il Collegio respingendo il ricorso torna su alcuni orientamenti già noti e sui quali bisogna fare particolare attenzione.

Anzitutto respinge l’ipotesi di inadempimento come opposta dal ricorrente sul punto avendo cura di precisare che: non può essere accolta, anzitutto, la domanda di risoluzione per inadempimento, atteso che l’orientamento di quest’Arbitro è nel senso che, in presenza di violazione di obblighi di condotta posti in capo agli intermediari dalla legge o dal contratto quadro, non ricorrono i presupposti per accertare, neppure in via incidentale, la risoluzione delle operazioni di investimento; ciò in quanto gli inadempimenti dell’intermediario agli obblighi di informazione, sebbene condizionino le scelte di investimento dei clienti, tuttavia, si collocano “in un momento antecedente alla singola operazione di acquisto e dunque non possono operare come causa di risoluzione delle stesse ai sensi dell’art. 1453 c.c., tale rimedio presupponendo che 5 l’inadempimento che vi da causa inerisca direttamente al rapporto contrattuale che si vorrebbe risolvere, e non a un rapporto diverso, ancorché a esso in un certo senso presupposto”. (Decisione ACF n. 3486).

Tuttavia posto che la Banca non ha trasmesso in atti ulteriore documentazione attestante l’informativa resa al Ricorrente in sede di acquisto, né tanto meno la scheda prodotto non vi è, dunque, prova che sia stata resa ex-ante al Ricorrente l’informativa sul carattere subordinato delle obbligazioni e quindi il Collegio precisa che: “L’Intermediario ha, infatti, versato in atti solo una stampa tratta dal proprio sistema informatico, attestante gli ordini (effettuati tramite internet e su iniziativa del cliente), rispettivamente in date 31 agosto 2016 e 2 dicembre 2015, per la sottoscrizione di n. 172.000 e di n. 100.000 obbligazioni. Tale stampa riporta unicamente il quantitativo da acquistare; i limiti di prezzo per eseguire l’operazione; numero consulenza “0”; Iniziativa cliente “SI”; Op. inappropriata “NO”

Orbene, avuto riguardo al carattere subordinato delle obbligazioni: “L’obbligazione subordinata è, difatti, uno strumento finanziario che contiene un livello di rischio più elevato e ben diverso da quello di un’obbligazione ordinaria, “sicché si tratta – anche in assenza di un obbligo regolamentare di indicarlo nell’anagrafica – di una informazione che non può non essere resa al momento dell’investimento, perché senza di essa il cliente non può adeguatamente apprezzare il rischio dell’operazione che compie, e dunque non può orientarsi in maniera consapevole nelle scelte che riguardano l’allocazione del proprio risparmio” (Decisione ACF n. 3999).

Mentre, per quanto riguarda le operazioni effettuate tramite internet: “l’intermediario prestatore dei servizi è chiamato ad assolvere gli obblighi informativi previsti dalla normativa di settore con modalità che possano essere considerate equivalenti a quelle a supporto di un servizio erogato “in presenza”, ovverosia con modalità che possano ritenersi equiparabili, sotto il profilo sostanziale, quantomeno alla consegna materiale al cliente del documento informativo. In particolare, “modalità equivalenti alla consegna del documento recante le informazioni necessarie per la scelta consapevole del cliente, e che permettono di considerare pienamente provato da parte dell’intermediario l’assolvimento dei relativi obblighi, sono semmai rappresentate o (i) dall’inserimento di tutte le informazioni di dettaglio rilevanti direttamente nella pagina dove si trova il comando per impartire l’ordine di acquisto, oppure (ii) dalla previsione di un link che permetta di scaricare il documento ma in questo caso con contestuale implementazione di una funzionalità bloccante, che renda cioè possibile impartire l’ordine solo previo richiamo di attenzione del cliente e presa d’atto di aver preso visione della documentazione informativa ” (Decisione ACF n. 5242 del 30 marzo 2022)

Posto che le operazioni sono state eseguite tramite internet banking e altresì ritenendo che la Banca non abbia svolto un servizio di natura consulenziale. “l’Intermediario era tenuto a svolgere la verifica di appropriatezza. Ebbene, dal modulo di stampa tratto dal relativo sistema informatico – attestante gli ordini effettuati tramite internet su iniziativa del cliente, rispettivamente in data 31 agosto 2016 e 2 dicembre 2015 – emerge che per entrambi gli ordini la Banca ha valutato le operazioni come appropriate al profilo del Ricorrente (“Op. inappropriata No”)”.

L’Arbitro è saggio ed oculato nel rimarcare attentamente questi passaggi perché successivamente, dopo aver altresì esaminato anche la fattispecie “Questionario” non può che rilevare come tuttavia la dinamica dell’investimento non testimoni a favore del Ricorrente, finendo quindi per ribadire l’orientamento tale per cui: “Quest’arbitro ha, infatti, già escluso la sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione di obblighi informativi e il danno lamentato, laddove dalla documentazione in atti emergevano elementi tali da indurre a ritenere che la decisione di investimento fosse stata il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore, che quest’ultimo avrebbe compiuto anche ove gli fosse stato fornito un corretto e completo quadro informativo (v., in questo senso, tra le tante, Decisioni n. 5632 del 14 luglio 2022, e n. 6444 del 27 marzo 2023).

Questa Decisione, ad avviso dello scrivente redatta, come ormai sempre accade, molto bene e in maniera dettagliata mette nelle condizioni di ribadire come più e più volte consigliato a molti risparmiatori che non è sufficiente prendere dei precedenti e provare a far sembrare che il proprio caso ci rientri.. è come cercare di far entrare il cubo nello spazio pensato per la sfera. Si rompe il giocattolo. In fase di per-analisi il Professionista cui il risparmiatore / ricorrente si affida è chiamato, da interprete della scienza del diritto, a verificare la sussistenza di criticità che trovino corrispondenza nelle norme che poi vengono richiamate sia nel reclamo che nel ricorso.

E’ essenziale impostare entrambi con meticolosa attenzione.

3) Cambio di consulente – mancate informazioni sulle perdite degli investimenti.

La decisione 7458/24 respingendo il ricorso anzitutto conferma il pluricitato orientamento che esclude come abbiano rilievo i riferimenti alla presunta insistenza dei bancari o dello stesso direttore di filiale come pure altre questioni inerenti ai rapporti “face to face” tale per cui: “Le questioni relative alla dinamica dei rapporti tra il cliente e il personale dell’Intermediario non possono, infatti, essere meramente allegate, ma devono trovare riscontro in idonee evidenze che è onere del ricorrente fornire, vertendo in tal caso la prova su circostanze che si collocano al di fuori dell’applicazione del principio di inversione dell’onere della prova di cui all’art. 23 del TUF (tra le molte, v. Decisione ACF n. 6905), onere che nel caso di specie non risulta essere stato soddisfatto”.

Relativamente alle periodiche comunicazioni: “In merito, poi, alla contestata mancata ricezione della rendicontazione periodica relativa all’andamento del dossier per l’anno 2022, deve rilevarsi che l’Intermediario ha versato in atti, oltre ai due rendiconti al 31 dicembre per gli anni 2020 e 2021, quattro rendiconti trimestrali proprio con riferimento all’anno “incriminato”.

Inoltre: “Quanto alla rendicontazione specifica del servizio di consulenza evoluto, la sezione “F. Indirizzo di corrispondenza” indicava che le comunicazioni relative al contratto sarebbero state inviate al cliente in formato elettronico secondo le modalità definite nel contratto. Anche tali documenti risultano indirizzati all’indirizzo del Ricorrente”.

Relativamente oiu al presunto danno l’Arbitro sottolinea: “Parte Ricorrente, infatti, a fondamento della sua pretesa, si è limitata a formulare una richiesta di risarcimento alquanto generica e forfetaria pari a 100.000,00 euro, comprensiva anche del danno morale asseritamente subito. Tuttavia, a comprova della domanda di ristoro avanzata non viene fornita precisazione alcuna in ordine 10 alle operazioni di investimento alle quali tale danno sarebbe riconducibile, né ci si può esimere dal rilevare che neppure la richiesta di danni morali può essere accolta, in quanto, come noto, l’art. 4, comma 3, del Regolamento ACF stabilisce che “l’Arbitro riconosce all’investitore solo i danni che sono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento o della violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di cui al comma 1, con esclusione dei danni non patrimoniali” in cui rientrano anche i danni morali. Tali pretese risarcitorie si palesano, in buona sostanza, come mere richieste prive di supporto probatorio e di allegazioni”.

Dall’attenta lettura di questa decisione si evince come le censure sollevate dal ricorrente avrebbero potuto essere agevolmente evitate il fase di pre-analisi della controversia in quanto le prove dimostrano come la strategia adottata nel ricorso aveva ben poche possibilità di essere accolta ed anzi la sensazione è che in più passaggi fosse anche temeraria.

4) Obbligazioni Portugal Telecom

Con decisione 7459/2024 in accoglimento del ricorso il Collegio esamina un altro caso relativo ai tanti sottoposti alla sua attenzione inerente alle ormai note Obbligazioni Portugal Telecom.

Nel caso di specie l’Arbitro giustamente ha cura di rilevare subito quella che sembra una tutt’altro che efficace strategia difensiva della Banca resistente a fronte degli addebiti che le sono mossi, infatti leggiamo: “non può sfuggire, quanto al rispetto degli obblighi informativi al momento degli acquisti, che l’Intermediario resistito ha esibito per ciascuna operazione eseguita le schede informative sullo strumento finanziario, che il disponente ha sottoscritto contestualmente ai relativi ordini di acquisto. Ebbene, tali schede riportano la denominazione delle obbligazioni, classificate come “obbligazioni estero rimborso in unica soluzione”, la divisa di emissione, la sede di quotazione principale, il rating attribuito ai titoli da S&P (BB+) senza, però, alcuna ulteriore specifica a supporto, e l’assenza di rating per l’Emittente. Come livello di rischio è evidenziato un grado 5 “Alto”, penultimo nella scala di valori da 1 (“basso”) a 6/7 (“molto alto”) e nella sezione “Avvertenze” dell’ordine di acquisto è contenuta l’indicazione che il titolo era soggetto a rimborso anticipato; tutto ciò, a fronte di un profilo sintetico “Bilanciato” dei Clienti, un’esperienza e conoscenza di grado “Medio” ed un orizzonte temporale di medio termine, riportando anche il questionario l’esito della precedente profilatura, dalla quale emergeva un profilo “Moderato” ed un orizzonte di investimento più breve, pur dovendosi rilevare che tale evocato primo questionario non risulta versato in atti”.

Giustamente il Collegio prosegue rilevando come: “Pur in presenza dei citati indicatori degli strumenti finanziari in contestazione che segnalavano talune specificità circa il livello di rischiosità delle obbligazioni, nessun elemento informativo è contenuto nei documenti esibiti con riferimento al rapporto – tutt’altro che irrilevante o secondario – tra l’Emittente e la società brasiliana OI S.A. che ne era indiretta controllante e che, a giugno del 2015, vale a dire tra il primo ed il secondo acquisto, a seguito della cessione di Portugal Telecom SGPS alla società lussemburghese Altice, ne diveniva diretto azionista di controllo. Tale circostanza, al di là dell’eventuale variazione o meno del livello di rischio degli strumenti, rende l’informativa concretamente resa ai Ricorrenti non esaustiva riguardo al soggetto al quale il credito degli obbligazionisti era, di fatto, riconducibile”.

Non può quindi che giungersi all’inevitabile e giusta conclusione tale per cui: “In considerazione di ciò, non può dirsi idoneamente dimostrato dall’Intermediario il corretto assolvimento degli obblighi informativi nei confronti dei Clienti al momento dell’operatività controversa; circostanza, questa, che risulta particolarmente censurabile nel caso di specie per i motivi che questo Collegio ha già avuto modo di sottolineare nel trattare ricorsi aventi ad oggetto obbligazioni emesse da PTIF, allorquando ha avuto modo di sottolineare la centralità di una esaustiva informativa per l’investitore per farne da essa scaturire scelte effettivamente consapevoli, in special modo in situazioni, quale per l’appunto quella in esame, in cui finiscono con l’assumere speciale rilievo le vicende societarie che avevano l’emittente nel periodo immediatamente precedente l’acquisto dei titoli (cfr., in questo stesso senso, ad es., Decisioni ACF nn. 3260, 5788, 6491, 6472 7033, 7133)”.

Tutto ciò anche in considerazione del fatto che: “è orientamento consolidato del Collegio ACF quello di ritenere necessario che gli intermediari adempiano “in concreto” a detti obblighi e non in modo meramente formalistico, con l’effetto che non può reputarsi sufficiente, a tal fine, la dichiarazione sottoscritta dal cliente, presente nella modulistica precompilata dall’intermediario o dall’emittente, di “aver preso visione della documentazione informativa”, ovvero “di aver ricevuto l’informativa sui rischi dell’investimento”.

Inoltre il Collegio pur dando atto che quanto sopra di per sé definisce la controversia a favore del Ricorrente ha cura di approfondire un ulteriore aspetto che riguarda l’esito della valutazione di adeguatezza che “l’Intermediario ha svolto per entrambe le operazioni, come del resto indicato in calce alle schede, nelle quali si legge “La Banca valuta l’adeguatezza delle operazioni di investimento preventivamente all’esecuzione delle stesse”, rimandando poi per maggiori informazioni su consulenza e valutazioni di adeguatezza/appropriatezza ad uno specifico documento informativo ricevuto dal cliente, che però non è presente in atti. In entrambe le occasioni l’Intermediario risulta aver evidenziato al disponente il seguente messaggio: “L’ investimento in oggetto è POTENZIALMENTE NON ADEGUATO rispetto al suo/vostro profilo di rischio. La Banca raccomanda di non procedere con l’investimento qualora l’incidenza dei prodotti finanziari con livello di rischio 5-alto sia superiore al 40% del suo/vostro patrimonio totale. Dichiaro/dichiariamo che l’investimento in oggetto non è stato raccomandato dalla Banca e che deriva unicamente da una mia/nostra specifica e autonoma richiesta”. Ora, la formulazione utilizzata – che ingloba in se un’inadeguatezza di tipo “potenziale” – non può dirsi idonea a porre l’investitore in grado di compiere una scelta di investimento di immediata percezione nelle sue ricadute e, dunque, pienamente consapevole, accollando di fatto a questi l’onere di verificare l’incidenza percentuale degli strumenti a rischio alto presenti nel suo portafoglio e, di conseguenza, di interpretare – egli – la valutazione così resa”.

Malgrado ciò l’Arbitro rileva anche come i Ricorrenti erano nella condizione, in quanto frequenti investitori su titoli analoghi, di cautelarsi e pertanto “non avendo posto in essere alcuna azione finalizzata alla liquidazione delle Obbligazioni in contestazione, allorquando essi erano già in grado di rendersi conto della perdita di valore registratasi rispetto al valore dell’investimento iniziale, è avviso di quest’Arbitro che gli odierni Ricorrenti hanno finito con il concorrere a cagionare (ovvero, a non ridurre) il danno di cui ora si dolgono, con l’effetto che deve trovare applicazione il disposto di cui all’art. 1227 c.c”

Definitivamente considerando quindi che: “Benché, come detto, i prodotti in esame possa ritenersi di fatto appropriati rispetto al profilo dei Clienti, l’intermediario prestatore del servizio deve, tuttavia, essere in grado di dimostrare di aver svolto efficacemente ed effettivamente le valutazioni di appropriatezza/adeguatezza delle operazioni, non foss’altro perché “l’intero processo di investimento deve essere rigorosamente tracciato” in ogni caso (v. già Decisione ACF n. 1096 e successivamente, ex multis, n. 7038 e più di recente n. 7387 del 29 maggio 2024).”

Considerazioni:

Lato consumatori / risparmiatori: L’iter argomentativo seguito dal Collegio é senza dubbio condivisibile.

Corretto accogliere il ricorso pure in ragione del fatto che dalla lettura del disposto l’Intermediario resistente pare avere commesso inusuali errori difensivi avendo addirittura servito sul proverbiale piatto d’argento elementi utili al Ricorrente. Si ha quasi la percezione che siano delle difese preimpostate che nell’ottica “taglia e incolla” e che abbiano finito per includere elementi che o non andavano nella direzione voluta o sarebbero dovuti essere argomentati in modo completamente diverso perché letti come giustamente ha fatto il Collegio sono favorevoli al Ricorrente.

Ciò malgrado lo stesso si è ugualmente visto ridurre l’importo per essere risultato un investitore assimilabile a quel concetto di esperto in ragione della trading history la qual cosa non sembra in linea con alcune possibili strategie che oggi sono note e che andrebbero inserite nei ricorsi proprio per scongiurare questa ipotesi penalizzante per il Ricorrente pur se vincitore. Strategie difensive ben argomentate e attentamente predisposte chiamano in causa il concetto di adeguatezza e consapevolezza di importazione Europea su cui peraltro come Professionista ho innumerevoli volte prodotto degli articoli a cominciare dagli orientamenti e dalle guideliness di ESMA. Il tutto per ottenere una vittoria piena con un pieno ristoro dei diritti del Ricorrente che in questo caso il Collegio ha deciso in parte di limitare.

5) Responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati a terzi da un proprio consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede.

Con la decisione 7460/2024 di parziale accoglimento il Collegio affronta il non facile tema del consulente finanziario che contatta il cliente per portarlo nella nuova realtà lavorativa rappresentando migliori condizioni.

Orbene per definire e qualificare quella che si potrebbe definire l’offerta che ha invogliato il Cliente il Collegio afferma: gli elementi nel complesso disponibili, inducono a ritenere accertato che il consulente, nell’esercizio della sua attività per conto del Resistente, abbia tenuto un comportamento tale da aver ingenerato nell’investitrice, dapprima, il legittimo affidamento del riconoscimento di un bonus dell’8% sui nuovi investimenti effettuati, suo tramite, presso la Banca resistente e, successivamente, il convincimento che tale bonus le fosse stato riconosciuto.

Per l’appunto l’Arbitro precisa che: “la Ricorrente ha prodotto in atti: i) una email dell’11 marzo 2020, riguardante “PROPOSTA INVESTIMENTO”, in cui il consulente precisava, per quanto qui di interesse, che “il contenitore di tali proposte, uno per ogni pdf, prevede un bonus dell’8% da applicare sulla liquidità investita”; ii) una ulteriore email del 5 febbraio 2021, avente a oggetto “RIEPILOGO OPERAZIONI”, nella quale il consulente afferma “in data 01/10/2020 abbiamo investito 480k, questi danno diritto a un bonus dell’8%, quantificato in 38.400 euro. Questo viene caricato/conferito/valorizzato sull’investimento dei 480k immediatamente in un fondo per un tv di 38.400 euro. Successivamente viene reso visibile, quindi nel valore finale del guadagno in 4 tranche, indicativamente di circa 9.600 euro l’una. Queste 4 tranche hanno una frequenza solitamente trimestrale, nel nostro caso le prime due sono state immediatamente valorizzate, quindi 19.200 euro”. Nella medesima email, peraltro, il consulente comunica alla cliente il conseguimento di un ulteriore bonus laddove afferma “questo perché nel frattempo il 23/12/2020 avete apportato nuova liquidità in questo investimento per un ctv di 34k, che hanno prodotto un nuovo bonus di 2.720 euro. Questi verranno valorizzati e visibili nel guadagno da marzo 2021. Ricapitolando; il guadagno attuale totale è di circa 39k, ci cui 19.200 euro è di bonus e il resto è la crescita del mercato. Questa struttura la terremo in essere fintanto che avremo raggiunto i 38.400 euro di bonus più i 2.720 euro […]; oltre a questo la terremo ovviamente fino a quando non avremo azzerato la pregressa perdita ottenuta con [il precedente intermediario]”.

E ancora, fra le altre cose si legge: “non può non rilevarsi che la seconda email, in cui si rinvengono dettagli anche circa le modalità con cui il bonus in questione sarebbe stato erogato, contiene indizi univoci, precisi e concordanti in ordine al fatto che la corrispondenza fosse in realtà indirizzata alla Ricorrente e il suo contenuto fosse tale da ingenerare nell’investitrice la convinzione che l’Intermediario le avesse riconosciuto il predetto bonus; inoltre, nella stessa email traspare il riferimento al bonus con funzione “compensativa” della perdita maturata presso il precedente intermediario”.

A tutto ciò si aggiunga poi il fatto che: “Non può neppure omettersi di rilevare che il consulente finanziario, oltre a essere stato destinatario, come allegato dalla stessa Ricorrente, di un provvedimento di sospensione sanzionatoria per violazione dell’art. 159, comma 4, del Regolamento Intermediari, risulta essere stato altresì destinatario di un provvedimento di radiazione dall’Albo unico dei consulenti finanziari nel 2023, essendo stata ritenuta accertata la violazione dell’art. 158, comma 1, “per non aver osservato gli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza, in particolare, per aver: – acquisito, quantomeno temporaneamente e mediante distrazione, la disponibilità di somme di pertinenza di clienti o potenziali clienti; – comunicato e trasmesso a clienti informazioni e documenti non rispondenti al vero”; radiazione preceduta da un provvedimento di sospensione cautelare, nelle cui premesse si fa riferimento a dichiarazioni di clienti riguardanti, tra l’altro, presunte garanzie e bonus rappresentati dal consulente e asseritamente accordati dall’Intermediario”.

Quindi: “In considerazione di tutte queste circostanze la doglianza oggetto del presente ricorso configura una ipotesi responsabilità dell’intermediario per i danni provocati dal consulente di cui all’art. 31, comma 3, del TUF. Non è revocabile in dubbio che la condotta qui censurata sia stata posta in essere dal consulente nell’ambito dell’esercizio della sua attività professionale per conto del Resistente, come comprovato, non solo, dal fatto che egli abbia utilizzato l’indirizzo email in uso presso l’Intermediario, ma anche dalla circostanza che gli investimenti a valere dei quali sarebbe stata promessa l’erogazione del bonus sono stati effettuati con l’intermediazione dello stesso Resistente”.

Conseguentemente l’Arbitro conclude che: “Può, pertanto, ritenersi accertato il requisito del “nesso di occasionalità necessaria”, in quanto il comportamento illecito del consulente preposto è funzionalmente e strumentalmente collegabile all’incarico espletato”

La decisione in commento ci offre un ottima panoramica di quelli che sono gli indizi (plurimi) da valutare (e in che ottica) relativamente alla condotta del consulente finanziario che pare essere, in questo come in diversi altri casi, tendente all’ingannevolezza, decettività e falsa rappresentazione di elementi che rappresentano all’opposto i capisaldi del convincimento del Cliente basato su trasparenza e correttezza.

6) Mancata esecuzione di ordini di disinvestimento di quote di fondi e sicav

La decisione 7461/2024 che respinge il ricorso analizza alcune modalità di procedura tali per cui la Banca non avrebbe dato seguito all’ordine impartito dal Cliente. Il ricorso non viene accolto ma per mancata dimostrazione di un danno in concreto risarcibile.

Nel merito invece della questione meritano di essere riportati due significativi passaggi, anzitutto che: “va rilevato che la scelta del Ricorrente di inviare la richiesta di rimborso delle quote degli Oicr tramite raccomandata a.r. non può ritenersi inidonea a sostanziare un valido ordine di disinvestimento, non avendo la Banca dimostrato che tale modalità non fosse consentita dai contratti in essere tra le parti. Al riguardo, va anzi rilevato che nell’unico contratto prodotto dalla Banca, ossia quello concernente il rapporto intestato al solo Ricorrente, viene specificato che “gli ordini 7 sono impartiti alla Banca per iscritto” senza imporre una specifica modalità scritta e senza escludere che questa possa essere rappresentata dalla raccomandata a.r.”

Come pure il fatto che: “incombe sugli Intermediari la prova di aver prontamente contattato il cliente in ossequio al dovere di attivarsi in caso di ricezione di ordini che presentino delle irregolarità “sanabili” o richiedano approfondimenti da parte dell’intermediario”.

7) Disconoscimento delle firme apposte ai moduli di sottoscrizione ordini

Con la decisione 7464/2024 di accoglimento del ricorso il Collegio ACF è chiamato a valutare molteplici aspetti di una gestione di lunghissima durata riguardante fondi e certificates e per quanto d’interesse pare importante riportare la preliminare questione del disconoscimento delle firme apposte ai moduli di sottoscrizione degli ordini poiché secondo il consolidato orientamento dell’Arbitro: “l’indagine sull’autenticità delle sottoscrizioni non può prescindere almeno dalla produzione, a cura della parte interessata, di una perizia grafologica o di altra documentazione di tipo tecnico, dal momento che le esigenze di celerità e di speditezza del procedimento dinanzi all’ACF impongono una cognizione sommaria dei fatti, sulla base dei soli documenti prodotti dalle parti ed escludono che l’Arbitro possa promuovere direttamente iniziative per l’acquisizione di perizie o consulenze grafologiche e procedere a giudizi di verificazione di sottoscrizioni o di scritture private, ovvero ad accertamenti di altro genere” (Decisione ACF n. 6881 del 5 ottobre 2023).

8) Obbligazioni Astaldi, Mps e Portugal Telecom.

Il collegio nella Decisione 7466/2024 che respinge il ricorso affronta una questione che verte su diverse operazioni in acquisto e in vendita che il Ricorrente, tramite servizio di internet banking, ha disposto su Obbligazioni Astaldi, Obbligazioni MPS e Obbligazioni Portugal nel periodo dal 2013 al 2018.

Orbene, chiarito da subito come: “l’eventuale accertamento della violazione degli obblighi di condotta gravanti sull’Intermediario e lamentati nel ricorso non può essere richiamato a fini di nullità” l’Arbitro rileva la presenza di alcune criticità nel comportamento dell’Intermediario fra cui alcune carenze nell’obbligo di profilatura (raccolta informazioni necessarie) e avuto riguardo alla procedura informatica di negoziazione tramite piattaforma il fatto che non abbia tenuto traccia di tutti i passaggi giacché non si rinviene nelle evidenze informatiche in atti l’indicazione della presa visione dei documenti da parte del Ricorrente.

E l’Arbitro giustamente ha cura di precisare: “L’analisi delle evidenze istruttorie fa emergere, quindi, alcune criticità comportamentali imputabili all’Intermediario che, nello specifico, non ha dimostrato, con riferimento solo ad alcune delle operazioni contestate, di aver adempiuto completamente agli obblighi informativi sulle caratteristiche degli strumenti finanziari intermediati”.

Malgrado ciò però emerge anche che il Ricorrente abbia un profilo, secondo la trading history da investitore abituato a questo genere di investimenti tale per cui il Collegio scrive: “Ciò risulta segnaletico di un profilo finanziario dal carattere particolarmente evoluto e con una spiccata propensione verso investimenti di natura speculativa, che – volendosi limitare a valutare gli investimenti dedotti in lite – tra il 2013 e il 2018 è consistito in un susseguirsi di acquisti e vendite anche in tempi ravvicinati, a volte azzerando le posizioni sui titoli Astaldi e MPS e operando sui primi con acquisti a prezzi sotto la pari nel 2017″.

E quindi si legge nella decisione che: “simili modalità operative, poste in essere in un arco di tempo prolungato, unitamente alla circostanza che diversi strumenti sono stati ripetutamente movimentati sia in acquisto sia in vendita anche a distanza di pochi giorni e a prezzi ampiamente sotto la pari, portano a ritenere che l’odierna Parte Ricorrente si caratterizzava, al tempo dei fatti, per una più che apprezzabile e consapevole propensione a investire in strumenti finanziari con caratteristiche analoghe alle Obbligazioni qui dedotte in lite, caratterizzate da elevati rendimenti e, pertanto, inevitabilmente incorporanti anche un maggior livello di rischio”.

Pertanto si legge nel dispositivo che “è avviso di quest’Arbitro che, già dall’inizio dell’operatività contestata, il Cliente fosse in grado di adeguatamente cogliere sia il rischio che le caratteristiche proprie degli strumenti finanziari acquistati, non potendo ritenersi plausibile che alla luce delle pregresse esperienze in tal senso – per di più aventi ad oggetto anche i medesimi titoli – non avesse compreso le possibili implicazioni e i rischi che tali investimenti potevano presentare” Conseguentemente l’ACF conclude: “Questo Collegio, d’altronde, ha già più volte escluso la sussistenza del nesso di causalità tra la violazione degli obblighi informativi ed il danno lamentato, laddove dalla documentazione in atti fossero emersi, come nel caso di specie, elementi tali da indurre a ritenere che la decisione di investimento fosse stata il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore, che quest’ultimo avrebbe compiuto anche ove gli fosse stato fornito un corretto e completo quadro informativo”.

Anche questa decisione come altre sembrano il frutto di una errata impostazione da parte del Ricorrente il quale nel concepire la strategia difensiva non tiene in considerazione la propria trading history sulla quale lo scrivente ha più volte avuto modo di mettere in guardia i risparmiatori che si sono rivolti al mio Studio per avere una consulenza in proposito. Nel caso di un investitore avveduto per scelte precedenti non serve proporre il medesimo paradigma quasi sempre “taglia e incolla” basato su precedenti decisioni. E’ un manierismo espositivo che non “fa il diritto” ma si limita a copiarlo. Con il risultato di una versione miope e vecchia che giustamente non viene accolta dall’Arbitro.

Si ribadisce che ACF è un organismo molto serio e che si nota bene come legga ogni atto sottoposto e scrive decisioni personalizzate. Provare a vendergli lucciole per lanterne è sicuramente un errore paradossalmente anche nel momento in cui il ricorrente avrebbe avuto, come in questo caso, elementi della scienza del diritto da poter dedurre ma che non ha fatto.

9) Investimenti in Azioni Salini Impregilo, ora Webuild, Tullow Oill, BMPS, Banca Carige e Bio ON

Nella decisione 7469/2024 il Collegio respinge il ricorso e ha cura di valutare, come in molti casi analoghi la rilevanza dei pregressi investimenti nella c.d. trading history dell’investitore.

Leggiamo quindi che le evidenze istruttorie: “forniscono piena evidenza della ripetuta e oltremodo rilevante operatività complessivamente dispiegata dall’odierno Ricorrente a valere sul relativo dossier, sia sui titoli dedotti in lite sia su strumenti finanziari di analoga natura”.

Prosegue poi l’Arbitro: “Operatività complessiva che appare, allora, segnaletica di un profilo finanziario dal carattere spiccatamente evoluto e di un approccio d’intonazione chiaramente speculativa, tanto che, già a partire dal 2011, essa è si è tradotta in una reiterata operatività, anche in vendita e anche in tempi ravvicinati, sugli strumenti finanziari in contestazione”.

Dall’analisi dei singoli titoli emerge fra l’altro che: “Il Ricorrente ha, infatti, effettuato più acquisti su ciascun titolo anche a distanza di tempo, operato talora con modalità tipiche del trading speculativo, ad esempio aprendo e chiudendo ripetutamente le posizioni” e pertanto: “Tutto ciò dimostra, indubbiamente, conoscenza e significativa dimestichezza con titoli siffatti”.

Quindi come in altre decisioni: “può dirsi che già dall’inizio dell’operatività contestata il Cliente fosse del tutto in grado di adeguatamente cogliere sia il rischio, sia le caratteristiche degli strumenti finanziari acquistati, non essendo plausibile che alla luce delle pregresse esperienze in tal senso – per di più aventi ad oggetto anche i medesimi titoli – non avesse ben colto le possibili implicazioni e i rischi che tali investimenti potevano presentare; il che porta anche a dire che appare pretestuoso il comportamento del Ricorrente laddove contesta selettivamente solo gli investimenti, tenuti in portafoglio per quasi dieci anni, che si sono rivelati non profittevoli”.

Giungendo alla conclusione che: “Questo Arbitro è pervenuto a tale conclusione nei casi in cui le evidenze prodotte consentivano di tracciare un profilo dell’investitore caratterizzato da una buona esperienza e competenza finanziaria e davano conto di un’operatività piuttosto frequente, in epoca precedente e in alcuni casi anche successiva alle operazioni contestate, nei medesimi prodotti oggetto del ricorso o in strumenti finanziari con caratteristiche analoghe, che non aveva, tuttavia, dato luogo a contestazioni di sorta, neppure sotto il profilo della mancata conoscenza delle caratteristiche proprie dello strumento finanziario” (cfr., tra le tante, Decisione ACF n. 6634).

Valgono analoghe riflessioni esposte in precedenza e non si può non essere d’accordo con l’Arbitro giacché l’ACF non è il luogo dove gli speculatori possono provare a recuperare quello che la loro temerarietà negli investimenti gli ha fatto perdere per scelte non andate a buon fine.

Non è il luogo, a queste condizioni, per cercare il tentativo tramite il ricorso.

Finché i Ricorrenti (che dal punto di vista in diritto potrebbero anche avere ragione su alcune fattispecie, nel caso di Bio On il sottoscritto ha pubblicato numerosi articoli in proposito per esempio) vogliono concepire le proprie difese in modo teatrale cercando di suggerire il risultato da loro voluto e non produrre una strategia completa e forse complessa ma che appartiene al diritto, si espongono a queste decisioni che in ragione dell’apparente pretestuosità dei contenuti sono anche giuste nella scelta dei termini quando denotano intransigenza.

10) Ritardo nell’esecuzione dell’ordine di disinvestimento

Nel caso in esame il Collegio con decisione 7470/2024 accogliendo il ricorso valuta la dinamica dei fatti e la ricostruzione dei medesimi formulando le seguenti più che condivisibili precisazioni: va condivisa l’osservazione del ricorrente, laddove ha contestato la superfluità della predisposizione dell’ordine di disinvestimento a distanza (OAD), datato 16 giugno 2022, il cui contenuto risulta sostanzialmente replicativo della lettera del cliente, rendendo del tutto ultronea la conferma della richiesta di disinvestimento che questi aveva già chiaramente formulato nella missiva. A tale conclusione – già chiara nelle evidenze documentali – si può aggiungere che l’intermediario non ha prodotto il contratto disciplinante la prestazione dei servizi d’investimento – in adempimento dell’obbligo previsto dall’art. 11, comma 4 e 15, comma 2, del Regolamento ACF – sicché non è nemmeno possibile ricostruire il procedimento in materia di OAD adottato dalla resistente, che potrebbe dischiudere un diverso profilo di rilevanza (in vero, nemmeno allegato dall’intermediario)”.

11) Ordine di vendita impartito con lettera raccomandata.

Con la decisione 7471/2024 il Collegio accogliendo il ricorso torna su alcuni argomenti frequenti nelle difese, tutt’altro che credibili, che gli Intermediari a volte producono per giustificare il non aver operato con la dovuta diligenza e tempestività.

Prima di tutto leggiamo: “per quanto riguarda l’inidoneità dell’ordine di disinvestimento impartito con lettera raccomandata, laddove, secondo la prospettazione dell’intermediario, il cliente avrebbe dovuto recarsi in filiale, va osservato che il contratto quadro non prevede un divieto di effettuare gli ordini tramite lettera raccomandata, limitandosi a vietare espressamente, quale modalità di inserimento di ordini, soltanto l’invio del fax, ammettendo, di conseguenza, tutte le altre tecniche di comunicazione a distanza”.

Come pure: “anche la tesi della necessità di una presunta “consulenza obbligatoria” per illustrare le conseguenze del disinvestimento, non trova riscontro né nella normativa di settore, né nelle previsioni del contratto quadro ed è smentita dallo stesso fatto che il giorno 9 marzo 2023 il ricorrente ha potuto disporre le richieste di rimborso tramite la piattaforma on-line dell’intermediario, senza evidenza di alcuna consulenza”.

Considerazioni:

E’ difficile comprendere le ragioni che spingono gli istituti di credito a resistere alle richieste dei Clienti opponendo difese a dir poco risibili se non nella speranza di dissuadere il risparmiatore. Trincerarsi dietro giustificazioni come “è necessario venire in Banca” oppure altre spiegazioni simil: “volevamo essere veramente certi” si continuano a leggere a volte in replica ai reclami oppure nelle more della difesa sui ricorsi ACF. Molto meno frequenti sono diventate queste difese davanti ai Giudici: probabilmente le Banche si sono rese conto che non vengono credute e sono affermazioni controproducenti laddove stimolano a pensare che siano artificiose.

Mentre occorre rilevare che capita di frequente, in special modo con le banche cooperative, che qualcuno dopo il reclamo chiami al telefono (per non lasciare traccia di errori o ammissioni) cercando di propinare questo genere di giustificazioni facendole passare per prassi interne se non addirittura menzionando imprecisati obblighi di legge. In non pochi casi si tratta di un dipendente che si limita al nome e non al cognome, il che peraltro é una scorrettezza.

Benissimo quindi continuare a ribadire l’inutilità di queste difese, nelle decisioni che aiutano i risparmiatori e rappresentano dei precedenti.

12) Acquisto di azioni proprie dell’Intermediario – tempistica di acquisto con altri investimenti.

La decisione 7474/2024 accogliendo il ricorso fa ottima sintesi di una valutazione logica laddove avendo anzitutto constatato che parte Ricorrente ha sottoscritto regolare contratto quadro, con cui ha attivato anche il servizio di consulenza l’Arbitro rileva come si abbia un primo ordine di acquisto dei diritti di opzione con un annotazione “ordine in regime di consulenza” con l’aggiunta: “l’operazione è stata disposta nell’ambito del servizio di consulenza ed è stata ritenuta adeguata” e successivamente un secondo ordine, a pochi giorni di distanza, stavolta di azioni proprie dell’Intermediario con un altra annotazione che invece recita: “la presente operazione non mi è stata raccomandata dalla Banca e … non è stata oggetto del servizio di consulenza”

Il collegio giunge alla conclusione che: “data la tempistica ravvicinata e la strumentalità dell’acquisto dei diritti di opzione rispetto alla successiva sottoscrizione delle azioni, è ragionevole pervenire alla conclusione che anche quest’ultima operazione sia avvenuta in regime di sostanziale consulenza”.

Pertanto il Collegio riporta anzitutto il suo consolidato orientamento tale per cui: “l’intermediario prestatore di servizi d’investimento è tenuto a dimostrare “in concreto” di aver fornito tutte le informazioni dovute, provando di aver assolto agli obblighi prescritti dalla normativa di settore in modo non meramente formalistico. In tale prospettiva, è stato rilevato che non è sufficiente la dichiarazione del cliente di “aver preso visione” della documentazione informativa e di “aver ricevuto l’informativa sui rischi dell’investimento”, ma è necessario che l’intermediario provi di aver adempiuto nella loro effettività a tali obblighi, essendo tenuto a fornire al cliente tutte le informazioni necessarie alla valutazione delle caratteristiche dell’operazione per poter compiere consapevoli scelte d’investimento (da ultimo, decisione n. 3128 del 18/11/2020)”.

Per poi argomentare: “per la sottoscrizione dell’aumento di capitale, dalla scheda di adesione del 21/07/2015 e dalla relativa nota di eseguito emerge che l’informativa è stata anch’essa limitata alla sottoscrizione delle dichiarazioni, essenzialmente rituali, sulla presa visione, accettazione dei contenuti del Prospetto informativo dell’emissione. Sul punto è sufficiente richiamare il consolidato orientamento del Collegio, secondo cui la mera messa a disposizione dell’investitore del prospetto d’offerta (o il rinvio ad esso) non è idonea a far ritenere congruamente assolti da parte dell’intermediario prestatore di servizi d’investimento gli obblighi d’informazione attiva, in quanto tale documento è predisposto dall’emittente per la generalità degli investitori, verso i quali opera in regime di parità di trattamento, essenzialmente allo scopo di ridurre le asimmetrie informative. Di contro, gli obblighi informativi dell’intermediario si collocano su un diverso piano funzionale, essendo volti a “servire al meglio l’interesse del cliente”, adattando la prestazione erogata alle caratteristiche soggettive di quest’ultimo: ne consegue che l’intermediario è tenuto ad agire con un grado di diligenza superiore, che non può esaurirsi nella messa a disposizione del prospetto informativo”.

Considerazioni:

In questa decisione si ha la sensazione, come già in altre, che il Collegio tenga in giusta e meritevole considerazione i fatti riportati motivo per cui é sempre essenziale riprodurli in modo analitico. Dalle date e dalle circostanze a volte si possono ricavare elementi di deduzione che, pur se valutabili, stimolano ormai per prassi consolidata da molteplici casi analoghi a far sospettare la presenza di criticità. Peraltro evitabili se si fosse operato con diligenza e attenzione.

Non si può mai dimenticare come una gran parte delle manipolazioni di cui cadono vittima i risparmiatori sono apparentemente giustificate da un velo di apparenza che i fatti possono e debbono perforare, scavando ben più in profondità per rivelare come un operatore professionale non ha alcun bisogno, se in buona fede, di ricorrere a quelle che sembrano delle contraddizioni o delle antinomie che se debitamente narrate aiutano moltissimo la ricostruzione che l’Arbitro salomonicamente compie sempre.

13) Obbligazioni Astaldi – disconoscimento della firma.

Con decisione 7477/2024 d’accoglimento del ricorso il Collegio affronta, fra l’altro, il tema del disconoscimento della firma relativamente a un attività di consulenza prestata dall’Intermediario che si è sostanziata anche nell’acquisto delle obbligazioni Astaldi ritenute inappropriate per molteplici ragioni.

Relativamente alla firma l’Arbitro ha cura di precisare: “Circa il disconoscimento delle sottoscrizioni, non avendo i Ricorrenti depositato agli atti perizie o altri elementi a sostegno delle proprie doglianze in merito alla falsità delle sottoscrizioni apposte sui questionari MiFID del 21.4.2016, rilevandone l’apocrifia anche sulla base di documentazione che attesterebbe la presenza del Ricorrente in altro luogo, la contestazione non può essere accolta, sulla scorta del consolidato orientamento dell’Arbitro secondo cui l’indagine sull’autenticità delle sottoscrizioni non può prescindere almeno dalla produzione, a cura della parte interessata, di una perizia grafologica o di altra documentazione di tipo tecnico, dal momento che le specificità del procedimento ACF impongono una cognizione sommaria dei fatti, fondata sui soli documenti prodotti dalle parti ed escludono che quest’Arbitro possa farsi promotore di iniziative per l’acquisizione di perizie o consulenze grafologiche e procedere a giudizi di verificazione di sottoscrizioni o di scritture private, ovvero ad accertamenti di altro genere (Decisione n. 6881 del 5 ottobre 2023)”

Considerazioni:

Lato consumatori/risparmiatori: La decisione peraltro si segnala anche per la giusta e corretta interpretazione attribuita alla corrispondenza dell’Intermediario con il Cliente a mezzo di emails dalle quali si evince in maniera palese tanto per deduzione quanto per logica ammissione (e a più riprese) il modus con cui l’attività di consulenza è stata portava avanti e che ha ritualmente comportato un attività di convincimento non superficiale e tesa a indirizzare la scelta verso il lamentato prodotto finanziario.

14) Investimento su suggerimento del consulente finanziario fuori sede

Con la decisione 7478/2024 di parziale accoglimento il Collegio torna sulla casistica dell’acquisto di quote di Fondi come li qualificano le parti (anche se si tratta in verità di Sicav) in regime di consulenza, con raccomandazione formulata dal consulente fuori sede (con relativa indicazione del diritto di recesso ai sensi dell’art. 30, comma 6, Tuf).

In questo caso l’Arbitro anzitutto rileva che il modulo di adesione risulta regolarmente firmato e l’Intermediario ha del resto prodotto un KIID valevole per il periodo interessato pertanto giustappunto si rammenta: “la dichiarazione sottoscritta dall’investitore di avvenuta consegna del KIID prima dell’investimento è idonea attestazione dell’adempimento degli obblighi informativi precontrattuali da parte dell’intermediario”.

La prestazione della consulenza tuttavia, come il report, recano data successiva a quella in cui l’investimento è stato sottoscritto. Inoltre da tutto ciò non si evince alcuna informazione sulle valutazioni effettuate, in termini di product governance, che avrebbero indotto la banca cedente a proporre il prodotto in questione rispetto ad altri, anche solo eventuali.

Altresì posto che la proposta di investimento non è compatibile con il questionario Mifid e che peraltro appare del tutto inadeguata sotto il profilo più prudente e conservativo del capitale relativamente agli obiettivi del Cliente il Collegio ha cura di rilevare come emerga una criticità rilevante: “fatto che sia stato valutato come adeguato un investimento che di fatto concentrava l’intero capitale in portafoglio – peraltro trasferito con contestuale bonifico dalla banca cedente – su un unico prodotto di risparmio, ancorché caratterizzato da un livello di rischiosità indicato nel KIID pari a 3 (in una scala di valori da 1 a 7), ma non privo di rischio di perdita del capitale”.

Valutati altresì gli scambi a distanza tramite messaggistica fra il Cliente e il suo consulente l’ACF conclude, in modo più condivisibile: “Gli accertati inadempimenti concernenti gli obblighi di condotta da parte del consulente in occasione della consulenza prestata fuori sede, che ha portato alla sottoscrizione dell’investimento oggetto di controversia, comportano, in conclusione, la responsabilità dell’Intermediario ai sensi dell’art. 31, comma 3 del Tuf.”

Considerazioni:

Lato consumatori/ risparmiatori: La lettura della corrispondenza a mezzo whatsapp tra il consulente finanziario e il proprio Cliente in quella parte che è stata riprodotta nella decisione è a dir poco deplorevole; si ha il sospetto che il consulente abbia adottato uno stile “da venditore” più piazzista che responsabile nei confronti del Cliente.

Corretta la scelta dell’Arbitro di valorizzare il fatto che queste prassi sono genericamente organizzate con mestizia per far sembrare che vi sia il rispetto delle regole ma poi esse vengono adeguate all’occorrenza del caso concreto con quella pessima capacità di convincimento dei venditori che punta più ad irretire il Cliente. Violando quasi tutti i crismi delle tutele come oggi concepiti.

Anche la difesa pare, in questo come non pochi altri casi che riguardano l’operato del consulente finanziario, essere poco credibile, più trincerata dietro alcuni orientamenti consolidati per fare appello a una sorta di negazione plausibile. Di fatto si ha la sensazione che siano difese improvvisate che cercano di tamponare dove possono le irritualità o le manchevolezze del dipendente. Sarebbe ora che fin dal reclamo, se ben formulato, l’Intermediario evitasse di difendersi in modo quasi scontato e all’opposto prendesse atto, visto che in molti casi i documenti a disposizione lo rendono possibile, del fatto che il Cliente é una vittima e come tale bisogna tutelare. In molti casi proprio dall’operato dei dipendenti venditori delle Banche. Forse questo sarebbe inoltre dovuto pure in ragione di quei dipendenti che, anch’essi consulenti, hanno comportamenti corretti e diligenti, cauti e onorevoli. Bisogna difendere quest’ultimi e non i primi. Ad ogni buon conto bisognerebbe difendersi in modo argomentato e organizzato: non come spesso pare si scelga di fare solo come forma di resistenza passiva.

15) Passaggio da Clienti al dettaglio a Clienti professionali per poter effettuare gli investimenti

Con decisione 7481/2024 di accoglimento del ricorso l’Arbitro esamina i requisiti per il passaggio a clientela professionale da parte dei Clienti, requisiti vigenti all’epoca in cui fu loro sottoposto il modulo, denominato “Richiesta di diversa classificazione della clientela per i clienti al dettaglio”.

In particolare ad avviso del Collegio l’Intermediario non aveva: “verificato la sussistenza di almeno due dei tre requisiti richiesti dall’Allegato 3 del Regolamento Intermediari n. 16190/2007, all’epoca vigente, ai fini dell’attribuzione dello status di cliente professionale in capo ai due clienti, ovverosia: (i) che il cliente lavori o abbia lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza delle operazioni o dei servizi prestati, (ii) che il portafoglio del cliente sia di valore superiore a € 500.000,00; (iii) che la frequenza media delle operazioni sia stata pari a dieci al trimestre per i quattro trimestri precedenti”.

Pertanto: “Ai sensi della normativa di riferimento, infatti, a fronte della richiesta di un cliente di essere classificato come professionale, l’intermediario non può limitarsi passivamente a evaderla in senso positivo, dovendo piuttosto attuare un processo di verifica della effettiva sussistenza dei presupposti appena richiamati”.

Più nel dettaglio del caso di specie, che non è diverso da numerosi altri dove si riscontrano prassi analoghe: “nella vicenda in esame si riscontra in atti una siffatta richiesta, che i Ricorrenti hanno sottoscritto lo stesso giorno in cui hanno attivato la Gestione, ma risulta assente qualunque allegazione che evidenzi quali sarebbero stati gli specifici requisiti riscontrati in capo ai medesimi dall’intermediario resistente”.

Inoltre, sempre da quanto si evince dagli atti depositati, avuto riguardo all’Intermediario: “quest’ultimo non ha fornito evidenza di aver loro comunicato l’esito delle proprie valutazioni e l’attribuzione dello status di clienti professionali”.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: ragionevole e salomonica la decisione di ACF laddove molti sono gli indizi che portano a ipotizzare una mestizia fin troppo comune di vendere prodotti finanziari a Clienti che diventano improvvisamente professionali (categoria che gli consente di poter sottoscrivere prodotti finanziari potenzialmente più rischiosi e per questo riservati sono a chi possiede determinate conoscenze); il tutto con un operazione più simile a un prestigio piuttosto che per una reale, verificata e approfondita consapevolezza e volontà. Finendo quindi per mancare praticamente tutti i più essenziali elementi che impongono all’Intermediario in persona dei propri dipendenti di non procedere mai in modo tale da arginare, contenere, evitare le regole. Queste ultime non sono (anche se spesso vengono considerate tali) un problema per le vendite e l’attività in uso di piazzare quanti più acquisti possibili ai propri Clienti rappresentando invece una salvaguardia dei loro diritti. Si parte sempre dal presupposto che laddove non arrivi il Cliente, specie se anziano o con una cultura / educazione finanziaria non idonea deve arrivare il personale della Banca. Il significato ormai acclarato, oggi più che ieri, è che il personale delle Banche sia sempre formato. E sia sempre in grado di rilevare il fatto che il Cliente non ha veramente capito cosa sta facendo.

Lato Banca / Intermediario: occorre rivedere completamente la procedura di autorizzazione nella consapevolezza che presentandosi in un procedimento stragiudiziale in questo modo si hanno buone probabilità di perdere e nell’eventuale successivo giudizio di ottenere un ulteriore disfatta. L’attività dei dipendenti degli Intermediari e delle Banche per essere qualificata come professionale deve sottoporsi ad aggiornamenti costanti, come pure la modulistica. Del tutto inutile tenere le due fattispecie separate dovendosi invece procedere con integrazione di contenuti tali da creare le condizioni di mettere il Cliente nella condizione di esprimere le autodichiarazioni assumendosi veramente la responsabilità. E’ un percorso da affidare a degli esperti di diritto bancario, degli investimenti e del risparmio.

Viceversa, in casi come questo, lacune evidenti suggeriscono quanto sia opportuno valutare un compromesso per evitare una resistenza piu’ temeraria che utile.

16) Chiusura automatica di una posizione in derivati detenuta dal cliente con attivazione della clausola di “stop loss”

Con la decisione 7487/2024 di accoglimento del ricorso il Collegio è chiamato a valutare un caso, frequente nell’attività di trading e per dirimere la controversia sull’attivazione di una vendita tramite l’impostazione “stop loss” anzitutto l’Arbitro ha cura di precisare: “risulta ad avviso di questo Collegio dirimente ai fini della risoluzione della controversia, è l’andamento del rapporto di cambio sterlina/dollaro australiano, considerato che il Ricorrente lamenta proprio la chiusura forzata dell’investimento, dovuta all’attivazione del meccanismo di stop loss automatico a un valore che, egli sostiene, non sarebbe stato effettivamente raggiunto dal sottostante in quella giornata, come emergerebbe sia dal grafico prodotto dal Ricorrente, sia da quello fonte Reuters allegato dall’Intermediario, mediante il quale – quest’ultimo – vorrebbe provare una carenza di liquidità che, a suo avviso, avrebbe portato al concretizzarsi di una fattispecie di condizioni di mercato non normali, così da giustificare l’ampliamento degli spread e quotazioni, da parte dell’Intermediario stesso, che non replicavano fedelmente l’andamento del sottostante”.

A proposito della curiosa (e creativa) ipotesi difensiva patrocinata dall’Intermediario con deposito di un grafico della nota agenzia Reuters che in linea teorica o quantomeno nelle intenzioni dell’Intermediario avrebbe dovuto andare a suo vantaggio si legge invece nella decisione che: “se, da una parte, risulta che alle ore 23:00 circa del 28 aprile 2023, si sia registrata una significativa diminuzione dei volumi di scambio, d’altra parte, essi non possono dirsi significativamente diversi da quelli fisiologici di mercato in quell’orario, come si evince da un’analoga diminuzione dei volumi scambiati anche nella giornata precedente, pressoché a parità di orario. D’altro canto, è lo stesso Intermediario ad attribuire solo all’evento “fine della giornata” la registrata diminuzione degli scambi, non evocando alcun altro fattore che potrebbe aver causato situazioni di mercato qualificabili come eccezionali”.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori:

Ciò che sorprende dalla lettura di questa decisione è che l’Intermediario resistente abbia deciso di produrre un documento “grafico” che non è veramente utile alla propria difesa. In questioni analoghe abbiamo rilevato che in effetti le Banche non hanno una condotta difensiva particolarmente efficace e tendono a voler dimostrare determinati eventi del trading avvalendosi di strumenti che la miglior difesa sconsiglierebbe. Di solito, a fronte di una richiesta di pre-analisi di una posizione del risparmiatore / investitore da tutelare come Studio legale si invita a essere prudenti rilevando come pur sussistendo elementi di criticità la possibile strategia difensiva della controparte che resiste potrebbe essere concepita in maniera sicuramente diversa rispetto a quella che pare essere stata scelta in questo caso. Motivo per cui di solito si fanno anche delle simulazioni. Proprio per anticipare le “mosse” dell’Intermediario resistente.

Lato Intermediario / Banca: si consiglia di cambiare completamente strategia difensiva. In casi come questi la prassi da seguire é completamente un altra.

17) Certificates con sottostante azioni EDF – differenza tra Intermediario e Agente di Calcolo.

La questione sottoposta al Collegio con decisione 7488/2024 si risolve per inammissibilità del ricorso che ci permette unicamente di tornare a ribadire quanta attenzione bisogna fare prima di confondere la posizione dell’Intermediario cui rivolgere le richieste stante che: “ai sensi dell’art. 12, comma 2, lett. b), del Regolamento ACF, le contestazioni formulate da parte attorea, per come rilevabili anche in esito al contraddittorio svoltosi tra le parti, esulano dall’ambito di cognizione di quest’Arbitro, come definito dall’art. 4, comma 1, del medesimo Regolamento, afferendo esse all’attività svolta dall’Intermediario resistente in qualità di emittente del Certificate, di specialist, ovvero di Agente di Calcolo e non quale soggetto 6 prestatore di servizi d’investimento a favore dell’odierna parte attorea; unico ambito – quest’ultimo – entro cui quest’Organismo è normativamente chiamato a svolgere la propria azione di organismo di risoluzione delle controversie in ambito finanziario”.

Considerazioni:

Lato consumatori/ risparmiatori: come Professionista che si occupa attivamente di tutelare il risparmio non è la prima volta che lo scrivente rileva come purtroppo si commettano questi errori che finiscono per recare pregiudizio al ricorrente. E’ essenziale chiedere un parere preventivo spesso evitando il “fai da te” tramite i social o quelle consulenze on demand a distanza che a volte con disattenzione non colgono un aspetto essenziale: il profilo di inammissibilità. L’attività di pre-analisi sulle richieste di assistenza in diritto del risparmio è fondamentale.

18) Tardiva esecuzione di un ordine di rimborso di quote di fondi comuni di investimento

Con la decisione 7489/2024 di accoglimento del ricorso il tema già noto della tardiva esecuzione di un ordine come impartito dal cliente / risparmiatore consente di evidenziare alcune precisazioni utili come formulate dal Collegio che possono essere esportate in diverse situazioni analoghe e che dovrebbero essere tenute in attenta considerazione in particolare dagli Intermediari che si difendono pur potendo avere la consapevolezza di essere nel torto.

Anzitutto è bene tenere presente che: “Al fine di valutare l’eventuale responsabilità dell’Intermediario odierno resistente per il lamentato ritardo, occorre fare riferimento – in assenza della disponibilità in atti della documentazione attestante le regole concordate tra l’Intermediario e il gestore dei fondi sulla tempistica della trasmissione delle richieste di rimborso – alla disciplina generale dettata dal Regolamento della Banca d’Italia sulla gestione collettiva del risparmio del 19 gennaio 2015, la quale prevede che, nel caso di richieste di rimborso presentate per il tramite di soggetti collocatori, questi ultimi sono tenuti a trasmetterle ai gestori entro e non oltre il primo giorno lavorativo successivo a quello di ricezione”.

La problematicità nasce dal fatto che una evidenza, nel senso di interpretare le indicazioni del Cliente, perviene all’Intermediario sotto veste di email (non Pec):“Con riferimento all’idoneità di tale richiesta ad innescare il conseguente obbligo dell’Intermediario di trasmetterla al gestore, va detto che la circostanza che essa non aveva avuto seguito in quanto pervenuta da un indirizzo di posta elettronica ordinaria e non debitamente firmata dalla Ricorrente non vale, di per sé sola considerata, a giustificare eventuali ritardi, in assenza della prova di tempestive ed idonee iniziative intraprese dall’Intermediario finalizzate a consentire alla cliente di eventualmente “regolarizzare” quanto prima la richiesta”.

E il punto nevralgico è che, fermo restando che la comunicazione inviata tramite email sia stata irrituale e forse anche di non facile comprensione in termini operativi, per via di una possibile interpretabilità che potrebbe aver resto non del tutto chiaro quello che il Cliente voleva, è comunque un onere della banca quello di provvedere e ciò in ossequio al dovere di attivarsi che incombe sugli intermediari in caso di ricezione di ordini che presentino irregolarità “sanabili”.

Il Collegio inoltre rileva che: “Nel caso di specie, non può considerarsi un’iniziativa idonea e, soprattutto, tempestiva l’invio di una lettera ben 15 giorni dopo la ricezione della richiesta (per quanto irrituale) di liquidazione”.

Considerazioni:

Lato Banca / Intermediario: prevenire è la parola d’ordine. Usare le circolari interne per innovare le procedure facendo in modo di mettere in chiara evidenza l’onere di cui é gravato l’Istituto di credito attivandosi per far sì che ogni ramificazione, ogni estensione, ogni filiale ben conosca questi passaggi. Utile mettere a disposizione dei webinar preregistrati o delle pillole di procedura.

19) Investimenti con polizze Unit Linked e una multiramo, in regime di consulenza.

La decisione 7490/2024 di accoglimento del ricorso affronta la ormai frequente casistica dei prodotti (quasi tutti Unit Linked) che offrono la possibilità di scegliere tra una serie di opzioni di investimento e che per questo motivo vengono per il momento ricondotti nell’alveo dei c.d. prodotti MOPs (multiple option products).

Anzitutto la prima doverosa osservazione a fronte della usuale autodichiarazione firmata dal Cliente di avere ricevuto la modulistica del caso è che: “con riferimento alla clausola di presa visione sopra menzionata, non è chiaro in cosa si sia sostanziato il “Set Informativo” messo a disposizione della Cliente e, più in particolare, se esso includeva anche il DIP, ancorché non espressamente richiamato del modulo”.

Come pure il fatto che non pare sia stato fornito alcun dettaglio circa ulteriori documenti chiave o altre informazioni relative alle singole opzioni prescelte dalla Cliente, addirittura : “nel modulo di adesione non è neppure chiaramente esplicitata la natura multiramo e multiopzione dei prodotti proposti, essendo riportate soltanto le percentuali in cui sarebbe stato conferito il premio, non essendo agevole da questo solo dato ricavare, per un cliente con un profilo anche medio, una tale caratteristica” .

Scendendo più nel dettaglio poi il Collegio giustamente rileva che le due polizze sottoscritte dalla Cliente si caratterizzassero per una struttura complessa, di cui l’Intermediario avrebbe dovuto dare chiara, corretta ed esaustiva informativa alla Cliente. Non può certo ritenersi sufficiente per trasferire autentica consapevolezza la sottoscrizione da parte della Cliente della clausola di presa visione di un generico KID, senza alcun riferimento alle informazioni relative alle opzioni scelte.

Correttamente si legge quindi: “È appena il caso di ricordare, infatti, che per tali tipologie di prodotti multi opzione la normativa comunitaria (in particolare, il Regolamento delegato UE 653 del 2017) impone all’ideatore del prodotto due possibili alternative operative: (i) produrre tanti KID quante sono le opzioni di investimento sottostanti, oppure (ii) produrre un KID generico, contenente una descrizione generale del prodotto con uno specifico rinvio a documentazione contrattuale aggiuntiva, e una serie di allegati tecnici contenenti informazioni specifiche relative a rischi, performance e costi relativi ai sottostanti. Anche l’art. 133, co. 3 del Regolamento Intermediari 20307 del 15 febbraio 2018, vigente ratione temporis, specifica che “in caso di prodotti che prevedono più opzioni di investimento, il soggetto abilitato alla distribuzione assicurativa deve fornire le informazioni con riferimento alle specifiche opzioni di investimento”. I soggetti abilitati alla distribuzione assicurativa devono, quindi, informare il Cliente sull’opzione prescelta o su quelle per cui è interessato e non necessariamente su tutte le altre”.

In conclusione venendo in considerazione l’orientamento già seguito in casi simili, tale per cui: “l’Intermediario non abbia fornito idonea prova di aver congruamente assolto all’obbligo informativo, avendo dimostrato solo la sottoscrizione di una clausola di presa visione del KID generica, senza alcun riferimento ai documenti informativi delle opzioni sottostanti, poi depositati in formato digitale senza la prova che gli stessi siano stati consegnati alla Cliente in formato cartaceo al momento della sottoscrizione (cfr. Decisioni ACF n. 7256 del 26 marzo 2024, n. 7068 del 19 dicembre 2023)”.

Il tutto in aggiunta al fatto che il questionario presenta documentate lacune tutt’altro che idonee a valutare come adeguati questo genere di prodotti.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: i casi riguardanti le polizze Unit Linked sono per me frequentemente oggetto di richiesta di consulenza in quanto il mio Studio ha un target specifico nella tutela dei risparmiatori e investitori. Pertanto oltre che essere ben nota la problematica di fondo della rischiosità di questi prodotti che si prestano a non essere ben compresi dal Cliente (il quale spesso pensa che non siano nemmeno degli investimenti veri e propri) da tempo rileviamo come i questionari siano profondamente lacunosi, generici e inadeguati a verificare l’adeguato grado di consapevolezza del Cliente. Perlomeno di ciò che sta sottoscrivendo. In fase di pre-analisi rileviamo numerose criticità in quasi tutte le profilature. Inoltre come sembra in questo caso lo schermo protettivo della consegna di documentazione non può risolversi in una sorta di inserto da quotidiano modello edicolante. Deve esserci un richiamo specifico e una serie di professionali spiegazioni che con il documento alla mano spieghino i contenuti del medesimo.

Lato Banche /Intermediari: la miglior difesa sconsiglia di prestare il fianco ad eccezioni che finiscono per impattare su criticità già note. Spesso il Collegio tende a mettere in evidenza una motivazione assorbente. Il difetto delle difese sembra essere quello di una carenza di studi costanti, cioé di un osservatorio che consenta di evitare di sollevare questioni che non solo risultano poco utili alla Banca / Intermediario ma comprovano gli orientamenti già noti dell’Arbitro. La difesa nel caso delle Unit Linked e più in generale dei MOPs é molto diversa da quelle che si leggono per il momento. Si consiglia di affidarsi a Professionisti che conoscano bene la materia del diritto bancario, del risparmio e degli investimenti oppure di non resistere in modo temerario (e inefficace).

20) Sostituzione di BTP con fondi comuni d’investimento.

La decisione 7494/2024 di parziale accoglimento affronta nuovamente il difficile ma molto comune tema del riesame degli investimenti post convocazione da parte della Banca per sottoporre nuove proposte.

Anzitutto si ha cura di mettere in rilievo che: la vendita del BTP 01MZ25 5% D15 e l’acquisto dei fondi comuni d’investimento Eurizon, la consulenza resa dall’Intermediario non risulta, infatti, conforme alla disciplina dettata dall’art. 54, paragrafo 12, del Regolamento (UE) 2017/565 (a cui rinvia l’art. 41, comma 3, del Regolamento Intermediari), il quale prevede che “le imprese di investimento presentano al cliente al dettaglio una relazione che comprende una descrizione generale della consulenza prestata e del modo in cui la raccomandazione fornita sia idonea per il cliente al dettaglio, inclusa una spiegazione di come risponda agli obiettivi e alle circostanze personali del cliente in riferimento alla durata dell’investimento richiesta, alle conoscenze ed esperienze del cliente e alla sua propensione al rischio e capacità di sostenere perdite”.

Tuttavia nello spiegare le motivazioni per cui le nuove proposte sembrerebbero adeguate in realtà si evince che: “risultano generiche, apodittiche e standardizzate e dunque volte ad adempiere in modo essenzialmente formalistico a detto obbligo”.

Motivo per cui l’Arbitro sottolinea come: “la valutazione dell’Intermediario consta di affermazioni circa l’adeguatezza dei prodotti raccomandati rispetto al profilo dell’investitore avuto riguardo alla loro “vendibilità”, al “livello di rischio del portafoglio”, alla “frequenza” delle operazioni che – come questo Collegio ha già avuto occasione di rilevare con riguardo a relazioni di consulenza della medesima specie (Decisioni ACF n. 6753 del 29 agosto 2023, n. 6880 del 5 ottobre 2023, n. 7432 del 19 giugno 2024) – non paiono idonee a fornire al cliente la chiara “spiegazione” di come le operazioni raccomandate siano state ritenute coerenti con i parametri posti dalla normativa di settore”.

Ed in particolar modo è davvero utile leggere come: “L’onere per l’intermediario prestatore dei servizi di rendere al cliente una relazione di consulenza che sia in concreto idonea a consentirgli di capire se e perché le raccomandazioni sono adatte a lui, è espressamente rappresentato dall’ESMA nelle “Question & Answers on Mifid II and Mifir investor protection and intermediaries topics” secondo le quali: i) l’intermediario deve dichiarare non solo se, ma in che modo la raccomandazione corrisponda agli obiettivi d’investimento del cliente e, per consentire al cliente di confrontare questa spiegazione con le informazioni da lui fornite, nella relazione di adeguatezza l’intermediario dovrebbe fare riferimento 10 alle informazioni sul cliente da esso utilizzate e su cui si basa l’operazione; ii) pertanto, dovrebbero essere evitate espressioni generiche come “il prodotto consigliato è adatto perché corrisponde alla tua tolleranza al rischio” o “il prodotto è adatto perché corrisponde alle informazioni che ci hai fornito”, in quanto frasi siffatte non forniscono al cliente informazioni su come l’intermediario abbia stabilito che il prodotto consigliato sia effettivamente adatto al cliente; iii) qualora l’intermediario ricorra a dichiarazioni pre-formulate, deve garantire che siano sufficientemente granulari da fare riferimento ai diversi aspetti della valutazione di adeguatezza e alle diverse caratteristiche del prodotto raccomandato”.

Fermo restando che anche dal fronte della raccolta di informazioni ci sono non poche lacune, è altresì interessante e del tutto condivisibile leggere che: “deve concludersi che nel caso di specie non sono stati forniti elementi atti a dimostrare che sia stata svolta – come richiesto dall’art. 54, comma 11, del Regolamento (UE) n. 2017/565 – un’analisi dei costi e benefici in modo da essere ragionevolmente in grado di dimostrare che i benefici della complessiva operazione erano maggiori dei costi (cfr. Decisioni ACF n. 7415 del 10 giugno 2024 e n. 6900 del 9 ottobre 2023)”.

Per la parte riguardante il ristoro tuttavia è nuovamente il caso di sottolineare che non è possibile riportare indietro le lancette del tempo e come tale il significato dell’azione di ricorso in termini di ACF è un altro: “nella fattispecie – come già osservato in un caso simile (v. Decisione ACF n. 6833 del 22 settembre 2023) – non è ipotizzabile una condanna nel senso auspicato dal Ricorrente, che mira a conseguire il ripristino della situazione precedente allo switch (configurando, in sostanza, un riacquisto dei titoli da parte dell’Intermediario), potendo al più configurarsi un obbligo restitutorio, conseguente a una pronuncia di risoluzione del contratto che, oltre a non essere stata neppure configurata dal Ricorrente, in ogni caso non potrebbe essere dichiarata, conformemente all’orientamento più volte ribadito, secondo cui “gli inadempimenti del resistente agli obblighi di informazione del cliente, così come l’inadempimento all’obbligo di valutazione della coerenza delle operazioni di volta in volta eseguite con il suo profilo di rischio, sebbene condizionino la scelta di investimento del cliente si collocano, tuttavia, in un momento antecedente alle singole operazioni di acquisto, e dunque non possono operare come causa di risoluzione delle stesse ai sensi dell’art. 1453 c.c., tale rimedio presupponendo che l’inadempimento che vi dà causa inerisca direttamente al rapporto contrattuale che si vorrebbe risolvere, e non a un rapporto diverso, ancorché a esso in un certo senso presupposto” (ex pluribus, cfr. Decisione ACF 14 dicembre 2017, n. 150)”.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: é una decisione scritta molto bene, con particolare attenzione ad alcuni elementi che più volte lo scrivente ha avuto modo di mettere in rilievo durante le consulenze; un ottimo ricorso pare e nel contempo una oculata e ben divisa serie di rilievi da parte di ACF che hanno centrato la materia oggetto delle ragioni giustamente attribuite al Cliente ricorrente. E’ senza dubbio una decisione utile anche agli interpreti del diritto perché offre la possibilità a chi studia queste decisioni di appuntarsi i richiami e di rintracciare sia i testi dei regolamenti come pure la giurisprudenza già formatasi in punto di diritto.

21) Investimento in BTP “Green” con scadenza 2045

Con decisione 7496/2024 il Collegio respinge il ricorso e pare dare completamente ragione all’Intermediario resistente sulla base di evidenze documentate in atti respingendo quindi eventuali responsabilità in ordine a violazione di obblighi informativi come pure la non osservanza delle regole in tema di profilatura della clientela e di valutazione di adeguatezza

Pertanto leggiamo: “l’ordine di acquisto dello strumento finanziario in lite, in data 15 marzo 2021, risulta essere stato impartito d’iniziativa degli odierni Ricorrenti, non constando alcun elemento, anche solo presuntivo, che possa far ritenere fondato quanto contestato da parte attorea, cioè a dire di aver ricevuto sollecitazioni e rassicurazioni da personale dell’Intermediario in ordine alla bontà e alla sicurezza dell’investimento”.

Come pure: non solo, dunque, essi hanno posto in essere in autonomia l’investimento ma, prima del procedere, hanno anche potuto acquisire contezza della valutazione di adeguatezza effettuata dall’Intermediario, con esito negativo il che, tuttavia, non ha rappresentato un deterrente efficacemente dissuasivo, tanto che i Ricorrenti hanno ritenuto di procedere comunque con l’operazione”.

Inoltre: “anche in relazione alle doglianze in tema di informativa precontrattuale, quel che emerge dalle risultanze istruttorie è che nel pre-ordine, oltre ad essere stati indicati il livello di rischiosità ‘alto’ del titolo nonché i costi e gli oneri connessi, risulta riportata la dichiarazione con la quale la Ricorrente, in qualità di soggetto ordinante, 7 dichiarava di “aver ricevuto in tempo utile prima della sottoscrizione della presente e di aver compreso” la relativa scheda prodotto, così essendo stata messa in condizione di effettuare una scelta informata”.

E infine: “anche successivamente all’effettuazione dell’operazione e nonostante i warning informativi ricevuti dall’Intermediario in ordine all’andamento dell’investimento, i due Ricorrenti non hanno ritenuto di farsi parte attiva, avendo optato per la conservazione del titolo”.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: sembra un caso in cui il ricorrente è consapevole di avere torto e prova comunque a sollevare la cosa di fronte all’Arbitro con ciò snaturando il ruolo per cui è stato costituito. Si ha la sensazione che il contenuto del ricorso sia una recita dove si prova ad infilare un po’ di contenuti estrapolati da precedenti casi come se il Collegio non verificasse la conformità dei fatti. In non poche occasioni come Studio legale durante la preanalisi di contenuti di chi si rivolge a me in quanto Professionista si rende palese quando non ci sono o meno i presupposti per “tentate” la via del reclamo o del ricorso. Semplicemente in casi come questi il risparmiatore ha torto e non dovrebbe provare a cercare di avere ragione vendendo lucciole per lanterne. L’ACF è vessato da ricorsi temerari che allungano i tempi delle decisioni e nuocciono a coloro che all’opposto hanno veramente bisogno.

22) Obbligazioni Portugal Telecom (3 decisioni)

Con decisione 7497/2024 di accoglimento del ricorso il Collegio torna su di una questione molto comune negli ultimi anni e che riguarda il noto caso delle obbligazioni Portugal Telecom che viene in rilievo in questa circostanza anzitutto per questioni inerenti alla presenza dei set informativi nelle procedure on line di acquisto.

Prima di tutto l’Arbitro conferma quanto dedotto dall’Intermediario avuto riguardo al fatto che: “con riferimento al corretto assolvimento dei prescritti obblighi informativi al momento dell’investimento, l’Intermediario resistente ha sostenuto di aver reso le informazioni dovute mediante la messa a disposizione di una scheda presente nella relativa piattaforma, che la disponente avrebbe dovuto necessariamente visualizzare quale passaggio “bloccante” prima di confermare l’ordine, versando a tal fine in atti un fac-simile cartaceo di tale documento, con la trascrizione di alcune informazioni anche in formato excel, unitamente alla stampa delle videate dei passaggi previsti dal sistema allorché i clienti negoziano titoli in autonomia online, nella versione vigente “dal 2015 al 2018”. Le informazioni di cui alla scheda, aggiornate alla data dell’operazione, evidenziano, oltre ad informazioni su cedola e piano di rimborso, l’indicazione dei dati dell’emittente e delrating associato ai titoli da Moody’s (B1) e da S&P (BB+), che risultano, in base alla scala rappresentata, di categoria speculativa, e della circostanza che il titolo era di categoria “Senior Unsecured”. Inoltre, tra le componenti principali di rischio, risulta riportato l’indicatore di rischio R di valore 18 attribuito dalla Banca allo strumento (con relativa legenda), e vengono descritti il rischio tasso di interesse ed il rischio emittente,ove si evidenzia che: “(…) Poiché il titolo appartiene alla categoria dei titoli speculativi è caratterizzato da alto rischio e alto rendimento atteso”.

Conseguentemente però si legge anche: “Posto che il set informativo sopra descritto risulta sufficientemente dettagliato, ciò che assume rilievo in questa sede è poter acclarare le modalità di sua effettiva disponibilità nei confronti di parte Ricorrente”.

Ebbene, scendendo nel dettaglio dell’analisi: “le videate prodotte dall’Intermediario contengono alcuni campi da validare a cura del disponente tramite flag riferiti alla presa visione della scheda prodotto e della valutazione di adeguatezza nella fase antecedente alla conferma finale dell’operazione, tramite apposito codice dispositivo. Tuttavia, nel concreto manca la prova dell’effettiva presa visione di tale scheda, in quanto dalla tracciatura informatica dell’operazione versata in atti non si rinviene un passaggio riferito alla necessaria visualizzazione delle informazioni sullo 6 strumento e neanche la spunta di un flag asseritamente necessario per dar corso all’operazione, essendo solo presente un riferimento alla successiva valutazione di adeguatezza, con il relativo messaggio in output”.

Quindi: “Non può dirsi, pertanto, essere stato congruamente provato a cura di parte resistente l’effettivo assolvimento degli obblighi informativi preventivi”.

Un iter analogo sembra aver seguito anche la decisione 7499/2024 sempre a tema Portugal Telecom e sempre di accoglimento del ricorso laddove peraltro in un clima, pare, di carenze più marcate in termini di profilatura e con difese quantomeno ondivaghe da parte della Banca multicanale convenuta non sembra quest’ultima avere chiaro né il raccordo con quanto opposto in reclamo né l’esatta portata delle prove documentali depositate. Pertanto emerge come: “quest’Arbitro ha in diverse occasioni avuto modo di sottolineare che l’intermediario prestatore dei servizi deve essere in grado di dimostrare di aver svolto effettivamente le valutazioni di appropriatezza/adeguatezza delle operazioni, in quanto “l’intero processo di investimento deve essere rigorosamente tracciato” (v. già Decisioni n. 1096 del 19 novembre 2018 e, più di recente, n. 7038 del 4 dicembre 2023, n. 7387 del 29 maggio 2024); del che, però, nel caso di specie non vi è alcuna idonea evidenza in atti”.

E successivamente viene ben spiegato nella sintesi conclusiva il concetto di fondo: “quel che assume decisivo rilievo a fini decisori è che le carenze informative sulle specifiche caratteristiche e sul livello di rischiosità delle obbligazioni al momento dell’acquisto hanno fortemente condizionato e pregiudicato il processo valutativo della cliente, ancorché si sia trattato di investimento che risulta essere stato posto in essere in autonomia dalla medesima, impedendole così di assumere una scelta informata e consapevole. Il che radica la responsabilità del resistente sotto il profilo risarcitorio”

Infine, un altra decisione di accoglimento del ricorso, la n. 7512/2024 ci permette di leggere che: l’Intermediario, nel sostenere che il cliente aveva nella sua disponibilità una scheda titolo che avrebbe visionato, non ha a ben vedere esibito alcun fac-simile di tale documento, né evidenze informatiche che rimandino in qualche modo alla visualizzazione di un set informativo specifico sullo strumento acquistato. Le due estrazioni informatiche che riepilogano i passaggi svolti dal disponente nel corso degli ordini, pur contenendo riferimenti riconducibili al disponente medesimo, alla data/ora delle operazioni in esame e ad una fase di “Ricerca titoli da acquistare”, non consentono tuttavia di identificare le Obbligazioni, né la relativa scheda.”

Pertanto: “le uniche informazioni che risultano con certezza rese ai Ricorrenti sono quelle contenute nelle note informative di eseguito delle operazioni in lite che contengono, oltre ai dati tecnici delle transazioni, solo l’indicazione del rating attribuito all’emissione da S&P (in entrambi i casi BB+); dato fornito senza alcuna legenda esplicativa e, comunque, in un momento successivo agli acquisti controversi”.

Giungendo alla conclusione che: “in considerazione di ciò, non può ritenersi che l’Intermediario abbia dimostrato il corretto assolvimento degli obblighi informativi nei confronti dei Clienti al momento dell’operazione; circostanza particolarmente censurabile nel caso di specie, dal momento che questo Collegio, nel trattare ricorsi aventi ad oggetto obbligazioni emesse da PTIF, ha avuto modo più volte di sottolineare l’importanza 9 che l’investitore sia correttamente informato, in special modo in situazioni quale quella in esame in cui finiscono con l’assumere speciale rilievo le vicende societarie che avevano visto coinvolto l’emittente nel periodo precedente l’acquisto dei titoli (cfr., Decisioni ACF nn. 3260, 5788, 6491, 6472 7033, 7133)”.

Tutto ciò alla luce di questionari che per diverse ragioni (anche evolutive) non sono adeguati ed in particolare paiono scarni in relazione all’indagine dell’esperienza/conoscenza del cliente, non prevedendo fra l’altro domande quali/quantitative come pure rivelando la tendenza a sovrastimare il profilo del cliente sotto molteplici aspetti.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: oltre agli aspetti riguardanti la profilatura che dimostrano alcune criticità già note e apprezzate in diversi casi è certamente dirimente il fatto che si siano realizzate delle carenze violative riferibili all’adempimento degli obblighi di informazione preventiva.

In più occasioni lo scrivente ormai anni or sono ha introdotto il concetto di verifica informatica proprio per stabilire se effettivamente oltre alla mera disponibilità di un set informativo lo stesso svolge efficacemente il proprio dovere pertanto a una conoscenza bloccante dell’ipotesi di acquisto. Oggi questa verifica viene sempre svolta e rivela infatti il pregiudizio di una non efficacia. Si tenga presente che si parla di efficacia secondo i crismi come individuati da Esma.

E’ importante mettere in luce queste condotte già nella fase di reclamo per poter dare la possibilità all’Intermediario di non difendersi se palesemente in difetto.

Lato banca / intermediario: non ha alcun senso provare a difendersi su elementi di prova informatica producendo delle videate o delle tracciature informatiche da cui non risulta la presa visione dei set informativi e nemmeno la loro efficacia bloccante.

Il semplice fatto che esistano e siano resi disponibili non dimostra di per sé di aver assolto interamente e completamente a un obbligo. Motivo per cui se tale contestazione viene debitamente mossa già dal reclamo l’Intermediario deve capire che non ha senso negare il diritto se poi non è nelle condizioni di spiegare come, quanto e perché il suo cliente non ha beneficiato delle informazioni di cui avrebbe dovuto prendere atto.

A coloro che, risparmiatori, si rivolgono al mio Studio già in sede di preanalisi fornisco indicazioni in questo senso facendo presente che è una criticità dalla quale la Banca farà fatica a venire fuori.

Per quanto riguarda i questionari, pare che ci siano proprio degli errori difensivi. Il fatto che le risposte vengano sovrastimate è facilmente evitabile mettendo un richiamo all’interpretazione secondo le indicazioni di Esma (peraltro sarebbe cautelare e prevedibile già in sede di stesura).

Anche sulle carenze informative si ha la sensazione che la difesa non abbia prodotto nulla di rilevante in termini di responsabilità del disponente mentre sussistono diverse soluzioni alla luce dei recenti orientamenti sul punto in diritto (anche della Cassazione) che sarebbero riportabili.

Può darsi che, fermo restando i diritti dei ricorrenti ma con un diverso metro difensivo una parte delle ormai tante decisioni sulle Portugal Telecom sarebbero state oggetto di una diversa interpretazione anche perché alla luce del diritto contemporaneo in Giudizio di primo grado potrebbero trovare accoglimento alcune tesi più favorevoli alle Banche.

23) Investimenti inadeguati – mancata comprensione

Con la decisione 7502/2024 di accoglimento del ricorso il Collegio è chiamato a valutare una questione di presunta violazione da parte dell’intermediario degli obblighi informativi, delle regole in materia di profilatura e della non appropriatezza/adeguatezza degli investimenti che si sarebbe creata a seguito di un rapporto di servizi bancari e dossier titoli quale conseguenza di una successione ereditaria.

Orbene sulla questione é interessante riportare il preliminare giudizio di ammissibilità dove viene dato atto di alcune carenze sanate dalle difese operate dall’Intermediario: “rileva il Collegio che la Ricorrente non ha individuato in modo compiuto l’operatività in contestazione. In particolare, nella sezione “H) LE OPERAZIONI CONTESTATE” del “Modulo del ricorso” risultano compilati i campi “Data operazione”, “Quantità/Nominale”, “Prezzo unitario” e “Importo Investito/Ricevuto”, mentre è assente la denominazione degli strumenti finanziari, in quanto il relativo campo è stato riempito con la generica indicazione “titoli”. La denominazione degli strumenti finanziari non è ricavabile neppure dal ricorso, ove la Ricorrente riporta soltanto le date delle operazioni contestate rinviando, per il resto, alla documentazione prodotta in dieci separati file, uno per ciascuna delle dieci date delle operazioni riportate nella tabella, di cui al richiamato campo H). Sebbene in detta documentazione siano riportate operazioni, poste in essere tra il novembre 2019 ed il marzo 2020, sia di disinvestimento di strumenti finanziari (anche di quelli di cui la Ricorrente è divenuta titolare per via ereditaria) sia di investimento, tuttavia, sulla base del tenore delle allegazioni e delle contestazioni dell’investitrice, emerge la sua intenzione di contestare esclusivamente queste ultime, ossia, in buona sostanza, tutte le operazioni di acquisto effettuate nel periodo indicato. Ciò trova conferma nel reclamo all’Intermediario, ove i rilievi svolti riguardano gli “investimenti” (anche in tale sede non specificamente indicati) e, nella parte finale, è formulata richiesta di copia “degli ordini di acquisto di cui si discute”.

Il Collegio svolge poi una serie di censure non diverse da quelle di altre situazioni analoghe giustamente rilevando una serie di criticità che riguardano fra l’altro l’art. 40 del Regolamento Intermediari n. 20307/2018, l’art. 54, paragrafo 2 e 12, del Regolamento (UE) 2017/565 come pure citando correttamente i contenuti di Esma nelle “Question & Answers on Mifid II and Mifid investor protection and intermediaries topics”.

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: non è infrequente che si creino dei rapporti per questioni fiduciarie di gestione di masse ereditarie che vedono la Banca “prendere per mano” il Cliente e autogestirlo in maniera tale da fargli fare quello che vogliono in un clima in cui, come sembra in questo caso, anche per questioni linguistiche egli non comprende realisticamente quello che accade. Il Collegio ha senza dubbio ben operato nella valutazione in diritto di tutte le carenze che hanno permesso il crearsi di una situazione particolarmente incresciosa e pare mai risolta in capo alla ricorrente che peraltro sembra essere stata anche sottovalutata dalla Banca laddove le mancanze non potevano non essere note.

Tuttavia solleva perplessità il fatto che sia stato giudicato ammissibile il ricorso alla luce di alcune carenze che sono abbastanza sensibili. Pur comprendendo le ragioni della ricorrente anche solo il fatto che nel reclamo ci sia la richiesta di ottenere copia degli ordini d’acquisto è un errore abbastanza grossolano perché la copia della documentazione in questione si ottiene prima di formulare il reclamo attraverso un istanza debitamente introdotta secondo le regole del Tub e la ragione è che il reclamo se ben formulato e completo di tutte le censure deve poter mettere l’Intermediario nelle condizioni di riconoscere il proprio errore.

Lato Banca / Intermediario: fermo restando i dubbi sulla questione di ammissibilità, le mancanze sono numerose, fermo restando come sia possibile che nella fase introduttiva la contestazione del ricorrente sia stata svolta particolarmente male da parte. Tuttavia un Istituto di credito serio durante un autoverifica dei propri contenuti può (e deve) accogliere il suggerimento dei propri difensori di tentare la strada della risoluzione bonaria della controversia nella consapevolezza che il proprio Cliente è nella ragione. La resistenza a oltranza finanche in ottica completamente fallimentare stante la non performante scelta difensiva della strategia operata avanti all’Arbitro (peraltro già fallimentare in numerosi altri casi) spinga a migliori e più ponderate consulenze che tengano in considerazione soluzioni meno conflittuali.

24) Titoli obbligazionari Lecta SA

Con decisione 7503/2024 il Collegio respinge il ricorso ma non prima di avere dato applicazione al regolamento con cui si devono proporre le difese, affermando che: “l’Intermediario ha presentato le prime difese in un file distinto allegato al modulo per il ricorso che, pertanto, secondo l’ormai consolidato orientamento di questo Collegio, non possono essere prese in considerazione in questa sede, essendo la predetta modalità di trasmissione non conforme al dettato regolamentare, oltre che contraria alla ratio sottesa (art. 11, comma 1-bis, del Regolamento). In ogni caso, l’irricevibilità delle deduzioni di parte trasmesse con modalità difformi non impedisce di valutare in sede decisoria i documenti depositati a corredo di esse (in questo senso v., tra le tante, Decisioni n. 6838 e 7081)”.

Malgrado ciò dai documenti emerge come il ricorso sia fondato su elementi di non facile condivisione e sia quantomeno temerario nella sua formulazione ragione per cui si legge nelle conclusioni: “le risultanze istruttorie fanno sì emergere un operato dell’Intermediario che non può dirsi essere stato del tutto in linea con la normativa di riferimento per quanto attiene agli obblighi di informazione preventiva; e tuttavia, ciò ad avviso di questo Collegio non basta per pervenire all’accoglimento della domanda di ristoro formulata, non ritenendosi, alla luce del profilo dei ricorrenti come sopra richiamato e degli obiettivi d’investimento da essi perseguiti, che ove più puntualmente informativi essi si sarebbero astenuti dal porre in essere l’operazione d’investimento di che trattasi”.

Considerazioni:

Lato Clienti / Risparmiatori: la strategia difensiva che non mette in concreta luce il criterio del più probabile che non (relativa alla scelta di investimento) per quanto riguarda investitori che abbiano un profilo evoluto e cerchino opportunità speculative per l’impiego del capitale, è un altra. Occorre affidarsi a chi ben conosce questa materia e possa elaborare una difesa in grado di proporre gli orientamenti utili, in mancanza non sono i primi ricorrenti a uscire sconfitti.

Lato Banca / Intermediario: sorprende l’errore nel presentare le difese in modo non idoneo. Molto bene l’Arbitro che ha giustamente salvaguardato la documentazione ma ad oggi errori del genere dovrebbero spingere a un miglioramento nelle competenze dell’ufficio preposto a svolgere queste difese. Si rammenta che lo scopo non è quello di avere una sistematica negazione plausibile o una condotta intransigente ma assolvere all’obbligo di essere professionali nello svolgimento delle proprie incombenze. Ciò significa diligenza e attenzione. E in particolare cercare di non reiterare le prassi in uso, verificando sempre se nel frattempo qualcosa é cambiato in special modo nella procedura.

25) Operazione di acquisto e sostituzione di BTP

La decisione 7506/2024 di accoglimento del ricorso affronta numerose criticità inerenti a un rapporto che fin dal contratto quadro si è sviluppato nell’alveo della consulenza.

Fermo restando che: “nelle operazioni poste in essere non si è tenuto in alcun modo conto delle esigenze di differenziazione degli investimenti, allo scopo di abbattere il rischio complessivo del portafoglio (facendo sì che gli eventuali cali di uno vengano compensati dai progressi dell’altro). Ciò, oltre ad integrare una condotta manifestamente violativa della disciplina in tema di adeguatezza sotto il profilo dell’eccesso di concentrazione, è in contrasto anche con le più elementari regole di prudenza”.

Giustamente l’Arbitro sottolinea come: “Non può sfuggire a questo Collegio come nella documentazione versata in atti non venga fornita neppure, con riferimento alla consulenza sostitutiva prestata, una indicazione dei motivi per cui i benefici – della sostituzione tra il BTP1 con il BTP2 – sopravanzavano i costi insiti nell’operazione stessa. Nel caso di specie non sono stati forniti, in altri termini, elementi atti a dimostrare che sia stata svolta – come richiesto dall’art. 54, comma 11, del Regolamento (UE) n. 2017/565 – un’analisi dei costi e benefici, in modo da essere ragionevolmente in grado di dimostrare che i benefici della complessiva operazione erano maggiori dei costi (cfr. Decisioni ACF n. 7415 del 10 giugno 2024 e n. 6900 del 9 ottobre 2023).

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: è una decisione molto ben scritta e completa sotto molteplici profili che fa bene il punto sullo stato di quello che è l’orientamento predominante nelle decisioni arbitrali avuto riguardo a numerose criticità su posizioni analoghe. In questo genere di posizioni é interessante lavorare sul concetto di diversificazione che é costantemente in evoluzione e offre degli interessanti spunti per l’interprete del diritto più attento per cercare di “legare” alcuni orientamenti a contenuti di natura economico / finanziaria allo scopo di dimostrare la fallacità di alcune condotte la cui prova annida proprio nella loro decettiva realizzazione che non ottempera agli interessi del risparmiatore.

Lato Banche /Intermediari: i rapporti di sostituzione vendita / acquisto ricalcano a volte logiche di arbitraggio obbligazionario di vecchio stampo; come Professionista ho avuto modo di riscontrare in alcuni casi delle superficialità inadatte a un rapporto di consulenza che a volte sconfinano in personalismi soggettivi nella gestione del Cliente. Si consiglia invece di coinvolgere l’ufficio legale prima di porre in essere raccomandazioni del genere. Sono sicuramente conflittualità che si possono evitare.

26) Polizza Unit Linked – piano d’accumulo – investimento del TFR.

Con la decisione 7507/2024 l’ACF accogliendo il ricorso torna a esaminare una serie di criticità avuto riguardo all’uso che viene fatto della polizza in oggetto. Ci sono molti elementi in comune con altre decisioni tuttavia corre l’obbligo di mettere in rilievo quanto segue.

Leggiamo anzitutto come: “l’Intermediario versa in atti una serie di documenti, tra cui il modulo di sottoscrizione, firmato dalla Società Ricorrente con firma autografa del legale rappresentante, che si presenta molto succinto e non particolarmente esplicativo. Il documento sopra citato contiene una serie di informazioni, tra cui i dati del contraente (Società), assicurato (l’Amministratore) e soggetto beneficiario (sempre la Società)”.

E successivamente: “Nella sezione “caratteristiche del contratto”, però, non vi è alcun riferimento al tipo di prodotto che si stava acquistando, né tanto meno alla garanzia del capitale, essendo presente soltanto l’ammontare del premio versato e la sua ripartizione nel tempo, trattandosi di un prodotto PAC (Piano di Accumulo Capitale) in 10 anni. All’interno del citato documento è solo riportato che il premio sarà investito al 100% in un fondo interno”.

Quindi, con logica ineccepibile il Collegio afferma: “Tale documento informativo non può, quindi, ritenersi idoneo ad informare in concreto la Cliente circa il funzionamento e le caratteristiche del prodotto sottoscritto”.

Avuto riguardo poi alla presa visione delle documentazione viene ribadito l’ormai noto orientamento: “l’Intermediario per assolvere ai propri obblighi comportamentali non possa rinviare meramente alla documentazione informativa predisposta dall’impresa di assicurazione dovendo – a fronte dell’allegazione dell’inadempimento – provare di avere fornito, in concreto, informazioni utili al cliente per illustrargli le caratteristiche del prodotto acquistato e tali da permettergli una consapevole scelta di investimento (cfr. Decisione ACF n. 2557 del 12 maggio 2020, confermata da ultimo dalle Decisioni ACF n. 7338 del 7 maggio 2024 e 7216 del 22 febbraio 2024)”.

Fra l’altro merita di essere riportato anche il passaggio: “un prodotto come la polizza unit linked può perseguire l’obiettivo che la Ricorrente intendeva realizzare volto ad “investire in strumenti che, avendo ad oggetto liquidità aziendale destinata al pagamento del TFR dei nostri dipendenti, privilegiassero I’obiettivo principale della tutela del capitale”; tuttavia non appaiono comprensibili le ragioni assicurative sottese all’operazione, le quali, seppur formalmente raccolte dall’Intermediario, non appaiono idonee allo scopo. 6 Il questionario delle esigenze assicurative risulta tarato sulle persone fisiche, contenendo anche domande sulla necessità di non incidere sull’asse ereditario, essendo presente un’unica domanda rivolta specificamente alle imprese con cui si chiede se si intenda “collegare le prestazioni della polizza a figure specifiche della struttura aziendale/societaria o alle imprese/società stesse in qualità di assicurati o beneficiari”. A fronte di ciò, le evidenze in atti non consentono di ritenere che l’Intermediario abbia assolto in modo congruo ai suddetti obblighi. Invero, la raccolta delle esigenze assicurative si è risolta in un mero adempimento burocratico, potendo l’intervistato rispondere alle domande formulate solo con un “sì” e con un “no”

Senza contare poi che: “l’Intermediario nel momento in cui concorda con il cliente che la modalità di conferimento del premio non avvenga in un’unica soluzione, ma attraverso un piano di accumulo distribuito su un lungo arco temporale, deve valutare l’operazione complessivamente, atteso che l’articolo 40 del Regolamento Consob n. 16190, ratione temporis vigente (applicabile alle polizze in quanto richiamato all’art. 85), per l’appunto prevedeva che la specifica operazione poteva essere consigliata se “sia di natura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento”. 7 L’Intermediario Resistente avrebbe dovuto valutare, quindi, anche se la Società nel periodo del contratto di dieci anni fosse in grado di fare fronte all’impegno preso, considerazione che non era in ogni caso in grado di svolgere avendo l’Intermediario omesso in modo colpevole di raccogliere qualsivoglia informazione sulla situazione patrimoniale della Società.”

Considerazioni:

Lato Banche / Intermediari: siamo ormai di fronte a un gran numero di decisioni che affossano e condannano le prassi di piazzare queste polizze; in larga parte ci sono degli elementi di responsabilità che portano a delle corrette interpretazioni di plurime violazioni (come sembra in questo caso) ma nel contempo, ad avviso dello scrivente, stante quanto emerge in decisioni (e sentenze) lette e commentate pare anche che gli Intermediari non si sappiano difendere. E’ grottesco trarre la sensazione dai dispositivi che si leggono che quasi tutti i documenti a difesa dell’Intermediario in realtà si sono rivelati dei boomerang: o hanno introdotto elementi che dimostrano e avvalorano la loro responsabilità oppure addirittura hanno confermato le teorie del ricorrente.

Come sembra essersi verificato in questo caso.

Investire di più sulla difesa può essere utile; le strategie da opporre in caso di polizze Unit Linked non sono queste. In alcuni casi sembrano proprio errori dovuti all’impreparazione di chi si difende.

Avv. Marco Solferini – www.studiolegalesolferini.com

Pubblicato da:

Marco Solferini

L'avvocato Marco Solferini è esperto in diritto civile, commerciale, bancario, del risparmio e degli investimenti. Ha maturato una significativa esperienza nella tutela dei consumatori, contrattualistica societaria e nel diritto di Famiglia. Si occupa attivamente di diritto delle nuove tecnologie nel Metaverso e Ai in particolare per start-up e PMI. E' titolare dello Studio legale Solferini e svolge la sua attività in Bologna, Roma e Milano: www.studiolegalesolferini.com - info@studiolegalesolferini.com Ha ricoperto e ricopre alcune cariche in enti, società, associazioni. La storia professionale e il curriculum sono disponibili dal profilo Linkedin.

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