Corte di Cassazione ordinanza n. 30131/2021: non si applica l’esimente di cui all’art. 6, comma 3 D.lgs n.472/1997 in caso di apposizione del visto di conformità da parte di soggetto non abilitato allorquando si versi in ipotesi di indebita compensazione di crediti non spettanti.
(Avv. Maurizio Villani e Avv. Lucia Morciano)
1.Normativa visto di conformità (art. 35 del D.lgs n.241/1997) ~ 2. Corte di Cassazione ordinanza n. 30131/2021: non si applica l’esimente ex art. 6, co. 3 D.lgs n.472/1997 in caso di apposizione del visto di conformità da parte di soggetto non abilitato –2.1. Il principio di diritto – 2.2. Il caso – 2.3. La motivazione della sentenza ~ 3. Il visto di conformità nel Superbonus – 3.1. Premessa – 3.2. Normativa di riferimento – 3.3. Controlli Agenzia delle Entrate ~ 4. Conclusioni.
- Normativa visto di conformità (art. 35 del D.Lgs. n. 241/1997)
Il visto di conformità, introdotto dall’art. 35 del D.Lgs. n. 241 del 1997, rappresenta un controllo formale svolto dal professionista, consistente in un’attestazione circa la conformità della dichiarazione dei redditi alla documentazione o alle scritture contabili.
Predetto visto consente di effettuare un controllo sulla corretta applicazione delle norme tributarie; precisamente, con l’apposizione del visto di conformità, il professionista attesta la veridicità e la coincidenza dei dati risultanti dalle dichiarazioni con la documentazione e le scritture contabili.
Più nel dettaglio, il visto di conformità:
- garantisce ai contribuenti il corretto adempimento di alcuni obblighi tributari;
- permette all’Agenzia delle Entrate di selezionare i controlli;
- contrasta il fenomeno delle compensazioni di crediti inesistenti;
- semplifica le procedure legate sulla richiesta dei rimborsi IVA.
Il visto di conformità è apposto dal professionista con l’indicazione del suo codice fiscale e la firma negli appositi spazi dei modelli della dichiarazione.
- Corte di Cassazione ordinanza n. 30131/2021: non si applica l’esimente ex art. 6, co. 3 D.lgs n.472/1997 in caso di apposizione del visto di conformità da parte di soggetto non abilitato.
2.1. Il principio di diritto
La Corte di Cassazione con ordinanza n. 30131 del 26 ottobre 2021, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato l’avviso di irrogazione delle sanzioni, ritenendo che non si applica l’esimente di cui all’art. 6, comma 3 del Dl.gs n. 472/1997 per sanzioni derivanti da violazione di obblighi formali, quale l’avvenuta presentazione di dichiarazione munita di visto di conformità apposta da soggetto non abilitato da cui derivi l’indebita compensazione di crediti non spettanti. Ciò anche nell’ipotesi in cui la società abbia denunciato per esercizio abusivo della professione l’intermediario che la assisteva da tanti anni.
2.2. Il caso
Il contribuente ha proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso l’atto di recupero degli interessi e di irrogazione di sanzioni ai sensi dell’art. 13 D.lgs n.472/1992 in relazione alle compensazioni di crediti IVA, muniti di visto di conformità rilasciato da soggetto non abilitato.
La CTP ha accolto il ricorso. Successivamente predetta sentenza dei giudici di prime cure è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate e, a seguito di tale atto di gravame, la CTR Lombardia rigettava l’appello ritenendo sussistenti i presupposti dell’esimente di cui all’art.6 del D.lgs n. 472/1997, in quanto il contribuente aveva confidato, in buona fede, sulla correttezza dell’operato del proprio consulente che da anni lo assisteva provvedendo-venuto a conoscenza della mancata abilitazione del professionista a svolgere le attività di apposizione del visto di conformità- a denunciarlo per i reati di truffa e abusivo esercizio di professione.
Avverso la sentenza dei giudici di secondo grado, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione rilevando, in particolare, la violazione e falsa applicazione dell’art.6 D.lgs n.472/1997, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, contrariamente a quanto deciso dalla CTR, non sussistevano le condizioni dell’esimente prevista dalla citata norma per due ragioni.
A riguardo, l’Ufficio ha evidenziato che, in primo luogo, la società contribuente non aveva presentato immediatamente la denuncia nei confronti del professionista; in secondo luogo, la società contribuente nell’affidare l’incarico al professionista, non aveva diligentemente verificato il possesso da parte dell’esperto dell’abilitazione a rilasciare il visto di conformità.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso per le ragioni esposte nel paragrafo seguente.
2.3. La motivazione della sentenza
Prima di enunciare il principio ermeneutico a cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione, appare opportuno dare contezza dell’iter logico seguito dal Collegio di legittimità.
In via preliminare, i giudici di legittimità hanno inquadrato il dato normativo relativo al visto di conformità.
Più nel dettaglio, la Corte di Cassazione ha sottolineato che il D.L n. 78 del 2009, art. 10, comma 1, lettera a), n. 7, così dispone: ” i contribuenti che intendono utilizzare in compensazione crediti relativi all’imposta sul valore aggiunto per importi superiori a 10.000 Euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui al Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 35, comma 1, lettera a), da parte dei soggetti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, articolo 3, comma 3, lettera a), relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito”; a sua volta il Decreto Legge citato, richiamato articolo 35, stabilisce che “Il responsabile dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32, comma 1, lettera a), b) e c), su richiesta del contribuente: a) rilascia un visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dal centro, alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonchè di queste ultime alla relativa documentazione contabile; b) assevera che gli elementi contabili ed extracontabili comunicati all’amministrazione finanziaria e rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore corrispondono a quelli risultanti dalle scritture contabili e da altra documentazione idonea.”.
Invece, l’art.6, comma 3 del D.lgs n.472/1997, così enuncia: “Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”.
Quest’ultima norma va coordinata con l’art.5 del D.lgs n.472/1997, la cui prima parte (nella formulazione applicabile ratione temporis) prevedeva quanto segue: “Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”.
Dopo tale dovuta premessa normativa, il Collegio di legittimità ha evidenziato che secondo l’orientamento pacifico della Suprema Corte “ il rapporto tra le due disposizioni va risolto nel modo che segue: l’articolo 5, comma 1, riguarda, in generale, l’elemento soggettivo della condotta sanzionabile, la quale deve essere cosciente e volontaria, nonchè colpevole, cioè posta in essere con dolo o, quanto meno, con negligenza; l’esimente di cui all’articolo 6, comma 3, presuppone l’elemento soggettivo così come individuato dall’articolo 5, comma 1, e delimita la condotta sanzionabile in conseguenza della violazione di obblighi tributari non formali” (Cass. n. 28359/2018 e 27273/2019).
L’applicazione dell’esimente di cui alla disposizione richiamata è, pertanto, limitata all’inadempimento degli obblighi riconnessi al mancato pagamento del tributo, sono quindi esclusi dal campo di applicazione della causa di non colpevolezza gli obblighi solo formali.
Sulla scorta di tale orientamento giurisprudenziale, i giudici di legittimità hanno concluso che “La CTR ha malgovernato il suesposto principio in quanto ha applicato la menzionata esimente a violazioni che non concernono il mancato pagamento dei tributi (del resto, l’Ufficio non ha comminato sanzioni per l’omesso versamento d’imposta), ma che sono riconnesse a violazioni di natura formale (dichiarazioni munite di visto di conformità apposto da soggetto non limitato)”.
In senso conforme al principio enunciato dalla recentissima ordinanza in commento (n. 30131/2021), si erano già espressi i giudici di legittimità nelle ordinanze n.28359 del 7 novembre 2018 e n. 27273 del 24 ottobre 2019.
In particolare, nell’ordinanza n.28359 del 7 novembre 2018, in un caso analogo a quello oggetto d’esame dell’ordinanza n.30131/2021, la Suprema Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto, ovvero: “in tema di sanzioni tributarie, l’esimente prevista dal Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 6, comma 3, si applica in caso di inadempimento al pagamento di un tributo – e, dunque, escluse le violazioni solo formali – imputabile unicamente alla condotta di un soggetto terzo (normalmente l’intermediario cui è stato attribuito l’incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di provvedere ai pagamenti), purché il contribuente abbia adempiuto all’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria e non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del citato D.Lgs., nemmeno sotto il profilo della semplice culpa in vigilando”.
Alla base di tale assunto ha posto il seguente iter logico, ossia che la CTR avesse errato nel ritenere inapplicabili le sanzioni sul presupposto che la società avrebbe comprovato l’inadempimento dell’intermediario all’incarico affidatogli, facendo mal governo dell’enunciato principio di diritto.
Precisamente, l’esimente dell’art.6, comma 3 del D.lgs n.472/1997 non può trovare applicazione, in quanto: a) le violazioni contestate non concernono il mancato pagamento dei tributi (del resto, l’Ufficio non ha comminato sanzioni per l’omesso versamento d’imposta), ma sono unicamente riconnesse a violazioni di natura formale (omesse dichiarazioni e omessa emissione e registrazione delle fatture); b) il comportamento incolpevole della società contribuente non può essere escluso dalla semplice condanna penale dell’intermediario, atteso che quest’ultima non elide di per sé ogni profilo di negligenza (anche con riferimento controllo dell’attività dell’intermediario), non avendo la società allegato di avere svolto atti concreti diretti a controllare l’esecuzione della prestazione del professionista (cfr. Cass. n. 12472 del 21/05/2010; Cass. n. 1198 del 23/01/2004).
Dello stesso avviso sono stati i giudici di legittimità nell’ordinanza n.27273 del 24 ottobre 2019 che, sempre in relazione a un caso analogo a quello de quo, hanno precisato che l’art. 6 comma 3, D.lgs n.472/1997 va coordinato con l’art. 5, comma 1 D.lgs n.472/1997, la cui prima parte così enuncia: “Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa”.
Peraltro, la Corte di Cassazione ha evidenziato che secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 28359 del 07/11/2018), il rapporto tra le due disposizioni va risolto nel seguente modo: “l’articolo 5, comma 1, riguarda, in generale, l’elemento soggettivo della condotta sanzionabile, la quale deve essere cosciente e volontaria, nonché colpevole, cioè posta in essere con dolo o, quanto meno, con negligenza; l’esimente di cui all’articolo 6, comma 3, presuppone l’elemento soggettivo così come individuato dall’articolo 5, comma 1, e delimita la condotta sanzionabile in conseguenza della violazione di obblighi tributari non formali”.
Alla luce di tanto, l’applicazione dell’esimente de qua implica pertanto: a) l’inadempimento degli obblighi riconnessi al mancato pagamento del tributo, esclusi pertanto gli obblighi solo formali; b) l’imputabilità di tale inadempimento ad un soggetto terzo (normalmente l’intermediario incaricato), estraneo alla compagine sociale del contribuente (Cass. n. 20113 del 16/11/2012); c) l’adempimento, da parte del contribuente, di un obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria nei confronti dell’intermediario, cui è stato attribuito l’incarico, oltre che della tenuta della contabilità e dell’effettuazione delle dichiarazioni fiscali, di effettuare i pagamenti; d) l’insussistenza del dolo o della negligenza del contribuente nell’inadempimento, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando, dovendo l’inadempimento medesimo essere imputabile in via esclusiva all’intermediario.
Per di più, l’assenza di colpa, anche in vigilando, in capo al contribuente ai fini dell’applicazione dell’esimente in questione, è sottolineata anche da numerosi arresti giurisprudenziali della Suprema Corte (Cass. n. 25580 del 18/12/2015; Cass. n. 11832 del 09/06/2016; Cass. n. 6930 del 17/03/2017; Cass. n. 19422 del 20/07/2018).
Proprio in relazione alla culpa in vigilando, la citata ordinanza (Cass.n.27273 del 24 ottobre 2019), ha affermato che i giudici di seconde cure hanno espressamente ritenuto la colpevolezza della società, poiché quest’ultima avrebbe dovuto e potuto vigilare sull’esatto adempimento dell’obbligazione da parte del professionista incaricato per la compilazione e l’inoltro della dichiarazione telematica.
A fronte di tale rilievo la società contribuente, di converso, si era limitata ad eccepire che il professionista incaricato era stato perseguito penalmente per il suo comportamento illecito, ma non aveva allegato alcun elemento indiziario, anche ricavabile dal menzionato procedimento, dal quale potesse evincersi che la condotta fraudolenta del professionista avesse potuto, in concreto, escludere la propria colpevolezza.
- Il visto di conformità nel Superbonus
3.1. Premessa
Il Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazione dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (c.d. Decreto “Rilancio”), nell’ambito delle misure di sostegno all’economia previste per fronteggiare le difficoltà economiche e finanziarie connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, con l’articolo 119 ha incrementato al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per specifici interventi di efficientamento energetico o di riduzione del rischio sismico degli edifici (c.d. Superbonus).
La legge di bilancio 2022, all’art. 9 del Titolo III “Crescita e investimenti” del Capo I “Misure per la crescita e il sostegno alle imprese”, ha introdotto delle novità e delle proroghe al superbonus e ai vari bonus edilizi.
Per quanto riguarda le proroghe del superbonus, la legge Bilancio 2022 ha previsto:
- la proroga fino al 31 dicembre 2022 per usufruire dello sconto in fattura e della cessione del credito
– solo per i proprietari di prime case unifamiliari con un tetto ISEE di 25 mila euro;
– per gli interventi effettuati dalle persone fisiche per i quali, alla data del 30 settembre 2021 risulti effettuata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
– per interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici per cui risultino avviate le relative formalità amministrative per l’acquisizione del titolo abilitativo;
- per i restanti casi di superbonus la data di scadenza è stata prorogata al 31 dicembre 2025.
- Invece, la proroga della scadenza al 31 dicembre 2024 per usufruire della cessione del credito e dello sconto in fattura, riguarda i seguenti bonus edilizi:
- bonus ristrutturazione
- ecobonus tradizionale
- sismabonus
- installazione di impianti fotovoltaici
- colonnine per la ricarica di veicoli elettrici.
Per quanto riguarda il bonus facciate la legge bilancio 2022 ha confermato fino alla fine del prossimo anno il bonus facciate (ex art. 1, commi da 219 a 223, della legge di Bilancio 2020), ma ha ridotto notevolmente l’aliquota della detrazione. Invece, per le spese sostenute nel 2022, la misura dello sconto (IRPEF/IRES) sarà al 60% (fino al 31 dicembre 2021, la misura è invece del 90%).
Di converso, per quanto attiene la detrazione relativa al Superbonus comincerà a calare dopo il 2023: sarà del 70% per le spese sostenute nell’anno 2024 e del 65% per quelle sostenute nel 2025.
In ultimo, giova segnalare che è stato approvato anche un decreto legge per combattere le frodi nel superbonus,che ha ampliato il novero dei casi in cui è previsto il visto di conformità, di cui daremo contezza nei paragrafi successivi.
3.2. Normativa di riferimento
Nella sua originaria formulazione, il comma 11 dell’art. 119 del D.L. n.34/2020, convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77 (c.d. Decreto Rilancio) così disciplinava: “Ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, il contribuente richiede il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta per gli interventi di cui al presente articolo. Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997”.
Il citato comma 11 dell’art.119 ha subito delle modifiche a seguito dell’emanazione del D.L.n.157 dell’11 novembre 2021, rubricato “Misure urgenti per il contrasto alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche”, prevedendo la seguente nuova formulazione: “Ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, nonché in caso di utilizzo della detrazione nella dichiarazione dei redditi, il contribuente richiede il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta per gli interventi di cui al presente articolo. Il visto di conformità è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997.In caso di dichiarazione presentata direttamente dal contribuente all’Agenzia delle entrate, ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, il contribuente, il quale intenda utilizzare la detrazione nella dichiarazione dei redditi, non è tenuto a richiedere il predetto visto di conformità”.
Dal nuovo dato normativo emerge che è stato ampliato il visto di conformità anche nel caso in cui il contribuente decida di utilizzare il 110% direttamente in dichiarazione nella forma tradizionale della detrazione d’imposta.
Di converso, viene meno tale obbligo formale se si presenta la precompilata o se si presenta la dichiarazione tramite sostituto d’imposta.
Pertanto, in ossequio a tale disposizione normativa, è indispensabile oggi il visto di conformità non solo quando il contribuente opti per la cessione del credito o per lo sconto in fattura-da apporre da parte di uno dei soggetti abilitati sull’apposita comunicazione da inviare all’Agenzia delle Entrate denominata “comunicazione dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica” –ma anche quando voglia avvalersi del 100% in dichiarazione con detrazione d’imposta.
Più nel dettaglio, il visto di conformità, previsto per la cessione del credito d’imposta o lo sconto fattura e, ora, altresì, per la detrazione d’imposta, in caso d’ interventi che danno diritto al Superbonus, è rilasciato ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (c.d. “visto leggero”), ossia della disciplina in materia di visto di conformità sulle dichiarazioni fiscali (per maggior chiarezza si rimanda al paragrafo 1 del presente contributo).
Come è ben noto, tale tipologia di visto, comporta il riscontro della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze della relativa documentazione e alle disposizioni che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta e lo scomputo delle ritenute d’acconto.
Pertanto, come già analizzato innanzi, l’apposizione del visto si profila un’attività di controllo formale e non di merito svolta dal professionista o dal responsabile del centro di assistenza fiscale incaricato, finalizzato ad evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili, delle imposte e delle ritenute e nel riporto delle eccedenze risultanti dalle precedenti dichiarazioni.
Il visto di conformità può essere rilasciato soltanto dai soggetti indicati nell’articolo 3, comma 3, lettere a) e b) del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, ovvero da:
- gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro; • gli iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;
- i responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui all’articolo 32 dello stesso d.lgs. n. 241/1997.
Alla luce di tale dato normativo, ne discende che il visto di conformità nel Superbonus attesta, in virtù della documentazione prodotta dal contribuente afferente all’intervento, la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta.
Per tale ragione, i soggetti che rilasciano il visto di conformità devono anche verificare la presenza delle asseverazioni e delle attestazioni rilasciate dai tecnici incaricati, in quanto obbligatorie.
A questo punto, giova sottolineare che le verifiche da effettuare da parte dei soggetti abilitati, seppure non riguardano i dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, si risolvono anche in questo caso in un mero controllo formale di tipo documentale, analogo a quello effettuato sulla documentazione prodotta dal contribuente ai fini del rilascio del visto di conformità sul Modello 730.
3.3 Controlli Agenzia delle Entrate
Il D.L. n.157/2021, rubricato “Misure urgenti per il contrasto alle frodi nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche” ha previsto due novità in tema di controlli effettuati dall’Agenzia delle Entrate, ossia :
– l’introduzione delle misure di contrasto alle frodi in materia di cessione dei crediti, con rafforzamento dei controlli preventivi (art. 2);
– i controlli dell’Agenzia delle Entrate con riferimento alle agevolazioni fiscali ed economiche erogate nel settore edilizio, nonché alle agevolazioni e ai contributi a fondo perduto (art. 3).
In merito all’art. 2 del D.L.n.157/2021, giova premettere che gli artt. 121 e 122 del D.L. n. 34/2020 dispongono che il beneficiario possa, in alternativa all’utilizzo diretto della detrazione oppure del credito d’imposta, optare per la cessione del credito oppure anche per lo sconto in fattura.
Il beneficiario per poter esercitare il diritto d’opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura deve inviare, anche mediante un intermediario, un’apposita comunicazione telematica all’Agenzia delle Entrate dell’avvenuta cessione del credito e che il cessionario confermi l’accettazione del credito stesso su un’apposita piattaforma resa disponibile dall’Agenzia delle Entrate.
Tanto chiarito, si evidenzia che con l’art. 2, D.L. n. 157/2021 il legislatore ha inserito il nuovo art. 122-bis all’interno del D.L. n. 34/2020 che prevede l’introduzione di misure di contrasto alle frodi in materia di cessioni dei crediti ed il contestuale rafforzamento dei controlli.
Al comma 1 dell’art. 122-bis del D.L.n. 34/2020 è stata prevista la possibilità da parte dell’Ufficio di sospendere, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione dell’avvenuta cessione del credito, per un periodo non superiore a trenta giorni, gli effetti delle comunicazioni delle cessioni, anche successive alla prima, e delle opzioni inviate alla stessa Agenzia ai sensi degli articoli 121 e 122 che presentano profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo.
Tali profili di rischio sono individuati utilizzando criteri relativi alla diversa tipologia dei crediti ceduti e riferiti:
- a) alla coerenza e alla regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni di cui al presente comma con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
- b) ai dati afferenti ai crediti oggetto di cessione e ai soggetti che intervengono nelle operazioni cui detti crediti sono correlati, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
- c) ad analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni di cui al presente comma.
Nel caso in cui all’esito del controllo:
- risultano confermati i rischi, la comunicazione si considera non effettuata e l’esito del controllo è comunicato al soggetto che ha trasmesso la comunicazione;
- i rischi non risultano confermati, ovvero decorso il periodo di sospensione degli effetti della comunicazione, quest’ultima produce gli effetti previsti dalle disposizioni di riferimento.
Ad ogni modo, l’Amministrazione Finanziaria procederà al controllo nei termini di legge di tutti i
crediti relativi alle cessioni per le quali la comunicazione si considera non avvenuta (ex art.122-bis, secondo periodo comma 2).
Un’altra novità introdotta dall’art. 3 del D.L.n.157/2021 è inerente ai controlli che effettua l’Agenzia delle Entrate; predetto articolo rende più tempestiva ed efficace l’attività di accertamento e di recupero delle imposte, dei tributi, importi e contributi.
Più nel dettaglio, l’Agenzia delle Entrate, in riferimento alle agevolazioni percepite ai sensi degli articoli 25, 121 e 122 del D.L. n. 34/2020 (contributi a fondo perduto; utilizzo diretto della detrazione o del credito d’imposta, sconto in fattura), esercita i poteri previsti in materie di imposte dirette e Iva (art. 31 ss D.P.R. n.600/1973 e art.51 ss D.P.R.n.633/1972) e dell’atto di recupero previsto dall’art. 1, commi 421 e 422, della L. n. 311/2004.
Inoltre, l’atto di recupero è notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione.
E ancora, l’applicazione degli interessi e delle sanzioni, farà riferimento al momento di recupero degli importi.
In ultimo, in riferimento alle fattispecie descritte, la competenza dell’accertamento è riservata all’Agenzia delle Entrate. Sarà competente l’ufficio in ragione del domicilio fiscale. In caso di indeterminabilità, tale competenza verrà attribuita ad una articolazione della medesima Agenzia da individuarsi con provvedimento direttoriale.
- Conclusioni
A seguito del citato excursus normativo riguardante l’apposizione del visto di conformità nelle dichiarazioni fiscali e nel Superbonus e l’analisi dell’ordinanza n. 30131/2021 della Suprema Corte, emerge la necessità di un intervento chiarificatore del Legislatore in riferimento all’applicazione dell’esimente ex art. 6, comma 3 D.lgs n.472/1997 in caso di apposizione del visto di conformità, sia nel caso di dichiarazioni fiscali che di Superbonus.
In particolare, per quanto attiene il Superbonus, giova sottolineare che le verifiche da effettuare da parte dei soggetti abilitati, seppure non riguardanti i dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, consistono, anche in questo caso, in un mero controllo formale di tipo documentale, parimenti a quello effettuato sulla documentazione prodotta dal contribuente ai fini del rilascio del visto di conformità sul Modello 730.
Alla luce di tali considerazioni, appare evidente la necessità, anche nel caso del Superbonus, di un intervento del legislatore che possa disciplinare l’ipotesi di apposizione del visto di conformità da parte di soggetto non abilitato.
Nonostante l’intervento del legislatore con il D.L. n. 157/2021-che ha rafforzato i controlli preventivi e successivi dell’Agenzia delle Entrate – tuttavia, non è stata disciplinata l’ipotesi dell’apposizione del visto di conformità da parte del soggetto non abilitato e le relative conseguenze fiscali.
Si auspica, pertanto, un intervento sollecito del legislatore che possa finalmente porre il contribuente in una posizione di parità di trattamento rispetto al Fisco.