In un contesto unico come quello al quale sono stato invitato, indegnamente, vorrei parlare del rapporto tra il Giudice e la Legge, di quello che io credo sia l’attributo migliore che possa essere dato da un Avvocato ad un Giudice…
La prevedibilità!
Per argomentare il mio dire, voglio spolverare da una patina ventennale i miei ricordi da Universitario in Lettere e Filosofia e parlarVi della Semiotica e della Semiologia di Cesare Segre, filologo, semiologo, critico letterario italiano, Professore emerito dell’Università di Pavia ed Accademico dei Lincei, morto nel 2014, e Umberto Eco, scrittore, forse più noto…
La semiotica (dal termine greco σημεῖον ‘semeion’, che significa “segno”) è la disciplina che studia i segni e il modo in cui questi acquistano un senso (significazione).
La semiologia (dal termine francese sémiologie, che significa ‘studio del segno’) è una disciplina che studia i segni come linguaggi verbali o, comunque, attribuisce al linguaggio verbale un’importanza centrale.
Considerato che il segno è in generale “qualcosa che rinvia a qualcos’altro” (per i filosofi medievali “aliquid stat pro aliquo”) possiamo dire che la semiotica è la disciplina che studia i fenomeni di significazione e di comunicazione, cioè la relazione che lega qualcosa di materialmente presente (significante) a qualcos’altro di assente (significato – la luce rossa del semaforo significa, o sta per, “stop”). Ogni volta che tale relazione si mette in pratica si attiva un processo di comunicazione (il semaforo è rosso e provoca l’arresto delle auto). Le relazioni di significazione definiscono un sistema linguistico che viene ad essere presupposto di concreti processi di comunicazione.
Partendo dal concetto di interpretazione del gesto linguistico, si studiano poi la cultura e i testi dal punto di vista della loro possibile ricezione. Eco è stato tra i primi critici a sostenere che la ricezione di un testo, la sua comprensibilità, non è di per sé indipendente dalle plurime possibili letture che di esso si possono dare.
La validità e comprensibilità di un testo ha un valore euristico e sempre provvisorio. Fondamentale è quindi il problema dell’interpretazione, l’analisi delle strutture del testo coincide con la ricerca delle sue potenziali strategie interpretative. Eco definisce il testo “una macchina pigra” in quanto ritiene che il senso di un testo sia determinato solo in parte dalle strutture o dai percorsi di senso potenziali costruiti dall’emittente, ma che un ruolo fondamentale venga svolto dal fruitore del testo senza il cui intervento il senso resterebbe lettera muta.
Quindi la costruzione del senso di un testo si gioca nel processo dialettico che si attiva tra le strutture retorico-testuali dell’emittente e le strategie di interpretazione del lettore (principio della cooperazione interpretativa).
In sostanza, si può definire propriamente interpretazione di un testo solo quella lettura che sia giustificata e comprovata dalle strutture testuali medesime; ogni lettura del testo che vada oltre tale giustificazione testuale dovrà essere definita un uso del testo medesimo e non avrà l’obbligo di essere coerente con il testo da cui deriva.
Secondo Eco posti di fronte a un nuovo fenomeno, attraverso un meccanismo di inferenza percettiva, noi ci costruiamo dei tipi cognitivi – “privati” o individuali – mentre sul piano dell’accordo comunicativo, quindi sul versante intersoggettivo e culturale, ci troviamo di fronte alla elaborazione di quello che Eco chiama contenuto nucleare, costituito dall’insieme delle diverse interpretazioni e concezioni dell’oggetto in uso. A queste competenze si può poi aggiungere una conoscenza più specifica e “professionale” propria solo di alcuni soggetti che Eco chiama contenuto molare.
Il testo è inserito in uno schema comunicativo. Il rapporto emittente-testo-destinatario permette di dare il giusto peso sia all’autore, che ha formulato il testo ed è garante della sua potenzialità significativa, sia al destinatario, che interpreta il testo a distanza di tempo e/o di luogo, con inevitabili distorsioni che però egli si sforza di limitare. La lotta alle distorsioni si sviluppa nell’interpretazione del testo, il quale contiene in sé le “istruzioni” che avviano ad una lettura fedele.
Si deve comunque tener conto da un lato che il tempo trasforma le potenzialità comunicative del testo, dall’altro che le distorsioni nell’interpretazione sono lo scotto che il testo paga alla propria sopravvivenza.
Applicato al nostro mondo, quello del diritto, tutto questo ragionare si chiarisce ancor meglio, in quanto il nostro diritto scritto è un segno linguistico che, continuamente, è utilizzato quale testo del significante emittente (Pubblico Ministero, Avvocato) verso un destinatario (il Giudice) che interpreta il testo a distanza di tempo e/o di luogo, con inevitabili distorsioni che però egli si dovrebbe sforzare di limitare nell’interpretazione del testo, il quale contiene in sé le “istruzioni” che avviano ad una lettura fedele.
Il livello di significante nel quale i diversi emittenti riescono a comunicarsi una sola interpretazione o almeno una interpretazione il più fedele possibile rappresenta un livello di koinè comune che quanto è più condiviso, tanto più unisce nell’emettere significati comuni e nell’essere comprensibile.
Il testo significante segna però la sua storicità nella distorsione che come detto è il prezzo da pagare alla sua sopravvivenza. Anche questa distorsione può tuttavia essere condivisa, ma se rimane appannaggio di un gruppo viene messa al servizio dello scopo del gruppo; può essere detto cioè che, in tal caso – sia chiaro! – quel gruppo si “serve” del testo, non lo interpreta.
Per questo, per venire a noi, tanto più riconosciamo in un Giudice un fedele custode della legge e delle garanzie, tanto più lo troviamo prevedibile, quanto più lo stimiamo perché con buona coscienza sappiamo cosa attenderci da lui quale fedele interprete della legge.
Rimaniamo invece stupiti, mal sicuri sulle nostre conoscenze, da un lato, o convinti di aver subito una forzatura o, addirittura, un torto, quando non riconosciamo più nel nostro giudicante quella koinè comune a tutti i Giuristi.
Ecco perché tanti anziani e nobili avvocati del nostro FORO, parlo di gente come il Professor Francesco Coppi, l’Avvocato Giovanni Aricò e tanti altri, lamentano di non riconoscersi più in questo diritto, di non vedere scampoli che rendano agli Avvocati il segno del loro valore in un diritto che viene continuamente riscritto, interpretato anche contra legem, senza fornire più sicurezze e tendenzialmente negando le garanzie acquisite.
Per aprire una delle tante finestre possibili sullo stato del nostro diritto, guardiamo cosa è accaduto alle invalidità processuali.
Abbiamo assistito alla loro sostanziale scomparsa… Il processo deve seguire delle regole che spesso vogliono un’esasperazione delle forme e delle formule.
I magistrati mal le tollerano, come se fossero ingombranti rispetto all’incedere del processo e tutto ciò che gli avvocati fanno quotidianamente, come veri ed unici garanti della legalità, è visto con noia e fastidio.
Mi sarebbe piaciuto parlare di tutte le fasi del procedimento, ma sarebbe troppo lungo. Il significato ultimo è che c’è un codice che si studia ed uno tutto diverso che viene applicato nei tribunali, anche in Tribunali diversi, fra Nord e a Sud e a Est o a Ovest…
Il dibattimento ha regole diverse in diversi Tribunali della stessa regione e in Tribunali di regioni diverse. Spesso serve un collega del luogo nella gestione pratica del processo perché non bisogna mai avvicinarsi ad un altro Foro con la presunzione di poter applicare regole del proprio.
Alla base, c’è una sorta di rifiuto della legalità da parte dei Giudici, un rifiuto da parte dei Giudici di fare i Giudici…
Guardiamo a quelle che sono state negli ultimi tempi le applicazioni più significative di questo codice, in un segmento particolare, quello del dibattimento.
Vedere la difformità tra le regole del dibattimento come sono scritte e le regole del dibattimento come vengono applicate è educativo e aiuta a cercare di capire; perché le regole che avrebbero dovuto garantire, come ci hanno insegnato, il contraddittorio, l’equità processuale tra le parti, sono venute meno.
La sentenza sull’ABUSO DEL PROCESSO del 2011 ad esempio. Il fatto che ha dato luogo a tale sentenza è censurabile, deontologicamente… Ma la reazione che le è seguita è andata ben oltre i criteri di legalità che il codice Vassalli prevedeva, come se, punendone uno, se ne fossero voluti colpire 100 e tutti quanti.
Oggi c’è la massima: “Bisogna valutare in concreto se si possono dare i termini a difesa ai fini della loro concessione…” e la Cassazione può valutare se la Corte di Appello o altro Giudicante ha correttamente o meno concesso solo un rinvio ad horas per il difensore subentrante… In maniera del tutto discrezionale si incide pesantemente sul Diritto di Difesa.
La Sentenza S.U. PALUMBO ha reso nullità a regime intermedio le nullità assolute delle notifiche e la Corte di Cassazione è pure ulteriormente intervenuta per dichiarare che relativamente alla nullità intermedia è consentito al Giudice valutare se comunque la notifica ha raggiunto il suo scopo… Cosa che nel nostro CPP a differenza del CPC non esiste… Cosa che il nostro codice non contempla.
Sono tanti i segnali che dimostrano che la Corte di Cassazione, ormai da anni, sta riformulando un suo codice di procedura penale.
Per venire all’art. 468 c.p.p., che riguarda la Lista testi, è un articolo fondamentale, architrave con il 415bis c.p.p. dell’intervento difensivo nel procedimento e, poi, nel dibattimento ai fini della corretta formazione del contraddittorio. Una sentenza del 2014 è intervenuta sulla tempestività della presentazione della lista testi, che deve avvenire – da codice – sette giorni liberi prima dell’udienza, sostenendo che la mancata presentazione tempestiva non impedisce poi al Giudice di ritenerla comunque ammissibile. La sentenza ha trasformato un onere delle parti per ottenere l’ammissione della prova in una norma senza sanzione effettiva, lesiva del Principio del Contraddittorio che la presentazione anticipata della lista testi garantiva.
Non meno sanzionata è stata l’Istruttoria dibattimentale, in punto di regole sull’escussione dei testimoni, cui, ai sensi dell’art. 499, co. 5, c.p.p., è consentita la consultazione degli atti… Capita sempre più spesso che in dibattimento il PM consenta agli operatori di P.G. la lettura di atti che non sono stati formati direttamente dal teste escusso. Eppure anche questo è ritenuto possibile. Lo afferma la Cassazione e, addirittura, in campo finanziario, per fare un esempio, viene citato il dipendente dell’INPS che ha fatto la segnalazione e viene mandato in aula un collega, il quale non sa esattamente nulla e diventa, a tutti gli effetti, un testimone che serve soltanto a leggere un atto delle indagini preliminari. Gli si dà voce… dando prova… solo del fatto che sa leggere… Anche questo viene avallato dalla Cassazione… Processo Giosuè, si discute se gli OCP siano o meno documenti acquisibili ma si consente ad un militare che non ha partecipato ad un evento di raccontarlo… Ora se serve decidere se hai pagato più o meno imposte, in ritardo o quant’altro, è possibile che chiunque sia in grado di leggere il dato, ma sul fatto che sia legittimo riferire un OCP altrui c’è molto da dire… Gli elementi di dettaglio, come la distanza dai fatti, sono determinanti. Spesso invece, nell’ansia di fornire una prova, vengono scritti e asseverati fatti sovraumani, come il numero di banconote scambiate di notte a trecento metri… Dialoghi che vengono sentiti a distanza e in mezzo al traffico…
Le domande suggestive… Occorre intendersi… C’e’ una sentenza del 2012 che non le ammette neanche in controesame… Eppure la difesa su questo dovrebbe costruire la Cross Examination… Ma secondo la Cassazione sono domande che nuocciono alla spontaneità della risposta, così confondendo la sincerità della risposta con la suggestività della domanda… Nel 2013, la Cassazione ha affermato che la violazione delle norme sulle domande suggestive non dà luogo a inutilizzabilità, ma a mera irregolarità… Ma quante volte a fronte di testimoni che non ricordano nulla, accade che vengano suggestivamente imboccati dai PM… Ho scoperto che il Presidente del Collegio può fare domande suggestive. Il Giudice dovrebbe fare il Giudice, essere super partes. Già il fatto che intervenga in corso di escussione è, a mio parere, contra legem perchè c’è una norma che dice che dovrebbe intervenire soltanto alla fine ma è possibile leggere verbali dove il Giudice interviene nel corso della escussione del difensore e alla fine sbotta “no, adesso le domande le faccio io!”, impedendo di fatto l’attività difensiva… Dove sta la terzietà?
La ricognizione, art. 213… Non ho mai visto una ricognizione… Solo in un caso ho saputo che è stata svolta… La ricognizione è ormai quella fatta dalla P.G…. Si dice che è prova atipica… Ma dove è l’accordo sulle modalità di svolgimento… Dovrebbe essere una prova irricevibile… invece diventa, con la ripetizione di quanto detto in sede di S.I.T. e di riconoscimento, una testimonianza, cioè una prova atipica che, di fatto, cancella un istituto previsto dalla legge.
Contestazioni ex art. 500 c.p.p.: nelle impugnazioni noi sognatori ancora elenchiamo tutte le volte in cui a fronte di una vulgata processuale, un testimone si contraddice, dovrebbe servire a valutarne la credibilità… Spesso i Giudici non motivano nulla o dicono che essendo passato del tempo, allora vale ciò che è stato detto in sede di indagini preliminari… Che è la negazione del Principio accusatorio… se vale ciò che è stato detto in sede di indagini preliminari allora… che parliamo a fare? Tanto vale dire che dibattimento non serve più a nulla… Spesso, di fronte all’incalzare delle contestazioni, è il Giudice che trova la soluzione che mitiga la difformità e la propone al teste che addirittura, talvolta, non capisce l’assist ricevuto e ribadisce pure: “Nooo…. E’ come dico io!”.
Alterazione dell’ordine della prova… 506/507. Nessuna sanzione… Ma fare il controesame è un’arte complicatissima… Ed il Giudice interviene… Avvocato… Qual’è la domanda?
149… I testimoni non si possono incontrare prima della deposizione. Un Giudice lasciò il teste in aula perché la sua presenza non era prevista in termini di nullità.
511- 491: inserimento atti non consentiti… se non si fa questione ai sensi del 491 diventano leggibili ai sensi del 511… Ma c’è un articolo, il 526, che parla di prove utilizzabili dal Giudice… cioè solo quelle legittimamente acquisite al dibattimento…
Questione dell’immutabilità del Giudice… Questa è la norma più odiata… Ogni qual volta un giudice cambia – e nessuno mette in discussione il loro diritto di essere trasferiti – cosa succede se proviamo a dire che desideriamo RINNOVARE il dibattimento? Bene che vada c’è un calendario di udienze serrate e punitive che servono a neutralizzare i presunti ritardi dilatori causati dagli Avvocati (525 c.p.p.). Quegli stessi Magistrati che hanno calendari sempre pieni li trovano immediatamente liberi per rifare in poche udienze l’intero procedimento… Poco male… Il punto è la mancanza di serenità nell’atteggiamento del Giudice quando il difensore esercita un diritto… Eppure si tratta dell’unica nullità assoluta speciale… E qui viene in mente la sentenza IANASSO del 1999 che, giocando sulle parole, ha introdotto un qualcosa che non esiste… La massima dice che, se tra un’udienza e l’altra cambia il collegio e il difensore non dice niente, sana la nullità… C’è da restare basiti… Non è un problema di consenso ma di rinuncia a eccepire la nullità… Ed infatti il 183 c.p.p., che prevede che la rinuncia è causa di sanatoria, registrerebbe questa nullità tra quelle sanabili, in buona sostanza attraverso il consenso rinunciato puoi sanare una nullità che non è sanabile.
Il mutamento della qualificazione giuridica… Come fare a garantire il contraddittorio davanti ad una contestazione sbagliata del PM? La CEDU impone di garantire il Contraddittorio… E come te la risolve la Giurisprudenza? Basta che sia preventivabile la diversa qualificazione giuridica e tutto è sanato… Quello che la CEDU dice è diverso, un elemento deve essere chiaramente contestato e deve essere garantito il contradditorio. Secondo quello che è richiesto dalla Giurisprudenza, l’imputato italiano invece dovrebbe fare una previsione futura immaginando ogni possibile contestazione a venire ed esercitando al riguardo il contraddittorio.
Conclusione c’e un codice scritto e un codice della prassi, anzi un codice in cui noi difensori stiamo subendo quotidianamente attacchi a quella che un tempo era la koinè comune degli uomini di Giustizia… LA LEGALITÁ… E le interpretazioni del Giudice…
Come detto, si può definire propriamente interpretazione di un testo solo quella lettura che sia giustificata e comprovata dalle strutture testuali medesime; ogni lettura del testo che vada oltre tale giustificazione testuale dovrà essere definita un uso del testo medesimo e non avrà l’obbligo di essere coerente con il testo da cui deriva. Forse un giorno qualcuno ci spiegherà, anche ben oltre le nostre convinzioni, quale significato deve essere dato allo stravolgimento sistematico del codice cui assistiamo da anni e quale è l’USO che la Magistratura ne sta facendo !
Se questo è il prezzo che la storicità del nostro codice paga alla sua sopravvivenza… Viva l’eutanasia…