Franca Viola il coraggio di rivendicare la propria autodeterminazione contro tutto e tutti.
C’era una volta una diciasettenne siciliana di none Franca Viola che un giorno come tanti altri, precisamente il 26 dicembre del 1965, venne rapita insieme al fratellino Mariano di otto anni, da 13 uomini capitanati da Filippo Melodia, venticinquenne rampollo di una famiglia di “rispetto“.
Franca Viola è violentata ripetutamente e tenuta segregata in un casolare fino al 2 gennaio del 1966 quando i carabinieri la liberano. Filippo Melodia viene arrestato, costui, si mostrò disponibile a sposarla, facendo ricorso al cosiddetto “matrimonio riparatore” per rimediare, quindi, al disonore sociale della ragazza, ed estinguere così il reato.
Franca Viola rifiutò di sposarsi dando avvio al processo.
Era la prima volta che accadeva in Italia.
Era la prima volta che una donna accettava il “disonore” e rivendicava il proprio diritto di autodeterminazione sfidando le arcaiche leggi di una società patriarcale e retrograda. Contro il parere di tutti, Franca Viola rifiuta di sposare il “seduttore”, e smantella così la convinzione secolare che una ragazza non più vergne, una donna “sciupata”, non ha altra possibilità che affidarsi proprio al suo persecutore, per smpre, con un matrimonio riparatore.
Il codice penale, all’epoca dei fatti, all’art. 544, rubricato “Causa speciale di estinzione del reato”, prevedeva che: “Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’art. 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
Il capo primo cui si riferiva la norma era quello “Dei delitti contro la sfera sessuale” ovvero la violenza carnale, il ratto a fine di matrimonio, il ratto a fine di libidine, inseriti all’interno del titolo rubricato “Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” perché non erano considerati reati contro la persona, come avviene oggi, bensì, contro la moralità pubblica e il buon costume.
La legge che regolava questo istituto – di chiara matrice fascista – riversava quindi tale sistema di valori nel nucleo familiare, al cui vertice poneva il capo famiglia, mentre la donna era relegata ai soli lavori domestici, al suo compito di fattrice, tanto esaltato dalla propaganda di regime, non essendole consentito, di fatto, avere una piena disponibilità della sua esistenza e del suo corpo.
Soltanto con la legge n. 442 del 1981 in Italia fu abolito il “matrimonio riparatore”.
Oggi Franca Viola è una nonna felice che qualche anno fa in una intervista ricordò: “I sequestratori furono tutti condannati. Melodia è morto, ucciso da ignoti con un colpo di lupara, molti anni dopo. Gli altri sono ancora lì, in paese. Quando li incontro per strada, capita, abbassano lo sguardo. Non fu difficile decidere. Mio padre Bernardo venne a prendermi con la barba lunga di una settimana: non potevo radermi se non c’eri tu, mi disse. Cosa vuoi fare, Franca. Non voglio sposarlo. Va bene: tu metti una mano io ne metto cento. Questa frase mi disse. Basta che tu sia felice, non mi interessa altro. Mi riportò a casa e la fatica grande l’ha fatta lui, non io. È stato lui a sopportare che nessuno lo salutasse più, che gli amici suoi sparissero. La vergogna, il disonore. Lui a testa alta. Voleva solo il bene per me“.
Franca Viola una donna semplice che ha rivoluzionato un mondo arcaico con la forza della sua determinazione.