Essere Avvocati, nonostante tutto, è una cosa bellissima.
Tutti noi, chi più chi meno, alcuni tanti e alcuni pochi anni fa, abbiamo scelto di diventare Avvocati per vari motivi: per un innato senso di Giustizia, per la voglia di avere ragione sempre e comunque, per il fascino delle grandi sfide, per mania di protagonismo o per il sogno, in perfetto stile Perry Mason, di diventare ricchi e famosi.
Poi, dopo il battesimo del fuoco, ci siamo scontrati con la realtà: abbiamo capito che essere Avvocati significa molto più che essere Perry Mason.
Significa combattere ogni giorno contro tutto e tutti: con l’apparato burocratico della Giustizia (ogni esempio sarebbe superfluo); con (non sempre ma spesso) i capricci e la protervia di molti Magistrati; con i conti che fanno fatica a quadrare; non ultimi, con i nostri assistiti.
E in tutto questo con la vita privata che non ci fa sconti. Nemmeno lei.
Quante volte abbiamo pensato di mollare tutto? Quante volte ci siamo detti “Ma chi me lo fa fare?”.
Quante volte avremmo volentieri fatto a cambio con un impiego pubblico? Ma alla fine abbiamo sempre vinto noi.
Ma perché non abbiamo mai mollato?
La risposta è semplice: perché siamo Avvocati.
Noi Avvocati abbiamo però, purtroppo, un brutto vizio: crediamo di essere dei monoliti che possono farcela da soli. Ma così non è.
C’è un proverbio africano che dice: “Se vuoi andare veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme”.
Non possiamo farcela da soli nella nostra vita quotidiana, nei nostri studi e nelle aule di giustizia.
Soprattutto non possiamo farcela da soli in quella che deve essere una battaglia quotidiana nei confronti di un sistema che ci ha ormai relegato ad un ruolo totalmente subalterno e di sudditanza rispetto, innanzitutto, alla Magistratura.
Il problema viene da lontano.
Sono stati soprattutto i vari provvedimenti in “stile” Bersani e la “nuova” legge professionale a relegarci al rango di semplici operatori economici anziché riconoscere e garantire il nostro ruolo all’interno delle Istituzioni e della Giustizia.
Il vero e proprio scempio dell’Avvocatura da parte del Legislatore è stato possibile anche grazie alle nostre divisioni e alla nostra incapacità, spesso, di andare al di là del nostro orticello o dei nostri egoismi.
E’ stato possibile approvare questi provvedimenti scellerati proprio facendo leva proprio su questo nostro grande limite.
Lo dicevano coloro che ci hanno preceduto e che non hanno mai sbagliato nulla o quasi: “Divide et impera”.
Sono le nostre divisioni che hanno consentito a chi vi aveva interesse di sottrarci il nostro diritto-dovere all’autonomia e all’indipendenza.
Una Società con avvocati deboli, dipendenti da qualcuno e non messi in condizioni di svolgere bene la propria missione è una Società in pericolo.
Siamo Avvocati anche perché ci piace essere diversi da chiunque altro. Ma questo non significa che, pur nella nostra diversità, non abbiamo valori comuni fermi, inalienabili e non negoziabili.
Sarebbe bello vedere, ad esempio, come tutta l’Avvocatura diventi una vera e propria falange di fronte ad attacchi alla sua indipendenza, autonomia e autorevolezza.
E’ per questo che l’unica vera “arma” a nostra disposizione per riconquistare questi valori, fondamentali per la nostra millenaria Professione, si identifica in questa parola: Unità.
Solo superando i nostri egoismi e i nostri protagonismi potremo riappropriarci della nostra dignità, della nostra indipendenza e del nostro prestigio.
Ho deciso di fondare, insieme ad altri Colleghi, l’Associazione forense Orgoglio di Toga proprio perché, per essere uniti, noi Avvocati dobbiamo ripartire proprio da questa parola: Orgoglio.
L’Orgoglio di essere Avvocati e di portare la Toga che uno dei nostri Maestri, Piero Calamandrei, chiamava con affetto “questo cencio nero”.
Dobbiamo ripartire dall’alto cambiando quelle leggi scellerate e riaffermando con Orgoglio il nostro ruolo nelle Istituzioni e nella Società.
Ma potremo farlo solo se saremo uniti e orgogliosi di essere Avvocati.