Il blocco del c/c in caso di successione ereditaria.
Riflessioni sull’ambito di operatività e sui limiti in una serie di casi attuali.
Con questo articolo cercherò di affrontare un problema molto attuale del rapporto tra Cliente e Istituto di credito che riguarda il vasto arcipelago di circostanze che portano al blocco del C/C in caso di morte del titolare o di uno dei titolari e per effetto a una serie di possibili impedimenti per l’erede o per il sopravvissuto cointestatario del conto nell’ottenere quanto di sua spettanza.
E’ impossibile prescindere dal fatto che attualmente il numero di circostanze che possono verificarsi è molto alto e spesso comportano anche delle differenze di non poco momento che abbracciano diversi aspetti. La presenza ad esempio di una conflittualità tra eredi (di cui magari uno pretermesso), il fatto che l’asse ereditario non raggiunga quota 100.000,00 euro, la problematicità di un conto bloccato che sia cointestato (non con la delega ad operare) con un terzo non erede, gli addebiti richiesti dagli amministratori di sostegno e molto altro ancora.
Il punto da cui sembra opportuno partire è il disposto del D.Lgs 346/ 1990 agli artt. 48, 4° comma e 28 a mente dei quali se l’asse ereditario, inteso come il valore globale lordo dell’attivo ereditario, non è superiore a 100.000,00 euro l’Istituto di credito dovrebbe richiedere unicamente una firma all’erede, su di un modulo prestampato, contenente la dichiarazione di esonero da responsabilità per l’obbligo della dichiarazione di successione relativa alla morte del de cuius che successivamente sarà inviata all’Agenzia delle Entrate e tempo massimo 30 giorni si verificherà lo sblocco.
In tutti gli altri casi occorre precisare che gli art. 48 e 28 del citato Testo Unico rappresentano per la Banca un interessante sbarramento cui usualmente si risponde in modo seriale.
L’art. 48, 4° comma prevede che: “Le aziende e gli istituti di credito, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture nè ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, 4° comma, della dichiarazione di successione o integrativa con l’indicazione dei suddetti titoli, o dell’intervenuto accertamento in rettifica o d’ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione”.
Pertanto ecco già la prima disposizione vincolante per la Banca, a meno che non ricorra la dichiarazione di esonero di cui abbiamo già precisato in apertura.
Secondo una costante interpretazione dei Collegi ABF, in adesione al Collegio di Coordinamento del 2013 la norma in esame impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore.
La ratio legis sottesa all’applicazione dell’art. 48 del TUS è quella di evitare che gli aventi causa del de cuius possano porre in essere comportamenti evasivi ai fini del tributo successorio conseguentemente il ruolo di guardiano o di vigilanza di questo articolo consiste nel fatto che obbliga indirettamente gli interessati a dichiarare la successione.
E’ importante considerare questo aspetto che è chiaramente di natura tributaria in quanto non poche decisioni assunte dagli Istituti di credito essendosi serializzate prescindono da tale valutazione e non analizzano più, approfonditamente, i contenuti dei singoli casi.
Rammento sul punto che non è sufficiente il ricorso ad un indagine conoscitiva dei contenuti espressi dai Collegi ABF che sono espressione di un prestigio e di una conoscenza del diritto bancario utile nello stragiudiziale per ottenere una decisione di diritto basata sull’interpretazione dei singoli casi dovendosi prudentemente rivolgere l’attenzione anche agli orientamenti della Cassazione che sul punto in diritto sono molto attuali e non ultimo a quelli della Giustizia Tributaria ivi comprese le preziose risposte dell’Agenzia.
Solo così facendo ad avviso dello scrivente il titolare del diritto che si assume essere stato violato può confezionare un reclamo argomentato che affronti in modo analitico la problematica evidenziandone la complessità e portando a miglior espressione la possibilità persuasiva del proprio caso.
Pure tenendo in considerazione due aspetti di non poco momento per argomentare anche a contrari o sviluppare una buona ricerca sul caso specifico:
1) il prelievo /addebito delle somme dai rapporti finanziari intestati al beneficiario defunto, non incide sulla determinazione della base imponibile dell’imposta di successione datosi che ai sensi dell’art. 8 del TUS è costituita dal valore globale netto dell’asse ereditario alla data di apertura della successione
2) in tema di successione e rapporti pendenti per l’ipotesi di conto corrente intestato a più persone l’intestatario superstite conserva tutti i propri diritti tra cui quello di disporre in modo pieno e completo del denaro ivi depositato e tale diritto si trasferisce dal de cuius ai suoi eredi, congiuntamente tra loro, il che comporta che costoro potranno legittimamente impartire ordini di pagamento.
Orbene, andrebbe esclusa dall’ambito di operatività della norma anzitutto la posizione di chi agisce iure proprio al fine di ottenere la liquidazione della quota di propria spettanza sul conto corrente e che ritiene essere pari al 50 % del saldo (attivo). La restante quota caduta in successione per effetto del decesso dell’altro contitolare sarebbe invece l’unica ad essere gravata del vincolo di indisponibilità ex art. 48, comma 4, del dolga. n. 346/1990. Pertanto il conto corrente cointestato a firma disgiunta configurerebbe un rapporto solidale anche dal lato attivo considerando gli artt. 1854 e 1298 c.c. E, il cointestatario, salvo opposizioni degli eredi del de cuius mantiene il proprio diritto alla liquidazione del 50% del saldo.
Altra situazione importante e frequente riguarda le richieste degli amministratori di sostegno antecedentemente nominati a beneficio del Cliente che è poi deceduto, prima che venga presentata la dichiarazione di successione o la relativa esenzione e che legittimamente avanzano richiesta di pagamento di debiti e/o pesi ereditari con addebito delle relative spese al conto intestato al de cuius (peraltro con provvedimento esecutivo autorizzato dall’Autorità giudiziaria). E’ pacifico che in questo caso l’Amministratore di sostegno non figura tra i soggetti obbligati ex. art. 28 del TUS alla dichiarazione di successione e nel contempo il combinato degli artt. 385 e 411 del c.c. impone loro unicamente, al verificarsi del decesso del beneficiario, di informare il Giudice Tutelare e svolgere le ultime azioni di loro spettanza fra le quali consegnare i beni e depositare entro due mesi presso la cancelleria competente il rendiconto finale dell’amministrazione. Pertanto è ben logico ritenere che l’Intermediario non può opporsi ex. art. 48 TUS all’eseguire quelle operazioni concernenti rapporti finanziari del de cuius esplicitamente autorizzate dall’Autorità Giudiziaria all’amministratore di sostegno del beneficiario deceduto nelle more della presentazione della dichiarazione di successione e prima che sia dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi è l’obbligo di presentarla.
Nel caso poi del minore pare corretto il comportamento della Banca che alla notizia del decesso di uno dei cointestatari ed in presenza di minori abbia per effetto congelato il rapporto in vista della sua estinzione e non abbia provveduto alla chiusura sino a che non siano state messe a sua disposizione tutte le autorizzazioni del giudice tutelare necessarie ad espletare la pratica successoria. Fra l’altro in questo caso subentra un ulteriore posizione che inerisce alla necessità di preservare e nel contempo tutelare l’aspettativa ereditaria del minore.
In caso di decesso di uno dei cointestatari di un conto corrente a firma disgiunta, fatto salvo il patto contrario, il contitolare superstite mantiene il diritto di compiere operazioni separatamente; il regime di solidarietà, sia dal lato attivo che passivo, previsto dall’art. 1854 c.c., sopravvive, infatti, anche dopo il decesso di uno dei cointestatari sicché non si rilevano elementi ostativi a che il contitolare superstite avanzi il diritto di chiedere l’adempimento dell’intero saldo del conto corrente.
Anche nel caso in cui alla morte del de cuius subentrino due o più eredi di cui uno pretermesso quest’ultimo assume la qualifica di legittimario ma pretermesso dal testamento del de cuius e pertanto non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. In ogni caso il portatore di un diritto interiore dovrà esteriorizzarlo in modo tale da assumere, anche con il noto istituto della riserva, la propria qualifica dovendoci necessariamente essere un distinguo che “attivi” il pretermesso. E forse su questo argomento giova anche riportare il recente orientamento del Collegio ABF di Roma tale per cui: “in mancanza di opposizione o contrasto tra i coeredi, l’intermediario sia tenuto a rimborsare all’erede che ne faccia richiesta la rispettiva quota senza che la banca possa opporre la necessità di una specifica quietanza sottoscritta da tutti gli eredi” (Coll. di Roma 9023/21 e 22879/2021).
In ogni caso poi viene in considerazione che chiunque subentri a qualsiasi titolo nel rapporto di c/c cointestato, poichè erede di uno dei cointestatari ad avviso dello scrivente nell’avanzare richieste di accesso al conto dal punto di vista documentale dovrà tenere in debito conto l’orientamento in ambito europeo, armonizzato, sul tema del privacy code.
Giova rammentare che presupposto del diritto all’accesso secondo il contenuto dell’art. 119 TUB è la caduta in successione dei rapporti che vengono richiamati dall’istante (l’art. 119 TUB si esercita con un istanza rivolta alla Banca) nonchè la sua qualità di erede o di successore a qualunque titolo. Il che richiama una legittimazione attiva da parte dell’istante sul quale non gravino elementi che ne impediscano il realizzo. E si rammenta che secondo la Cassazione, storica e reiterata, il saldo attivo di un conto corrente bancario è un diritto di credito con la conseguenza che trattandosi di dati relativi ad un terzo il richiedente non avrebbe diritto a ricevere la documentazione relativa. O quantomeno nel caso di esercizio di un conto corrente a firma disgiunta per cautelare il terzo cointestatario si potrebbe accogliere la richiesta ex. 119 TUB se ne ricorrono i presupposti da parte dell’Istante ma a condizione che il documento (es. estratti conto degli ultimi 10 anni) venga perlomeno annerito dai dati sensibili non trasmissibili e conoscibili dal richiedente e ciò sarebbe ancor più vero quando tali informazioni sono dati personali riferibili non all’interessato bensì a terzi. Dovendosi considerare superata la permissiva interpretazione relativa al passato contenuto del D.lgs 196/2003.
Come precisato in apertura l’argomento in questione è particolarmente interessante e sotto molteplici aspetti appassionante stante i margini di manovra interpretativa che sono rappresentati non ultimo da una molteplicità di situazioni e di circostanze che rendono più che mai vivace il ruolo dell’interprete.
Per esigenza di spazio e soprattutto di linguaggio ho cercato di essere il più sintetico e (spero) di facile comprensione per chiunque, anche per chi non si confronta quotidianamente con il diritto in questione ma fermo restando che la materia appartiene alla scienza del diritto e come tale il suggerimento rimane sempre quello di sottoporre il proprio caso ad un Avvocato instaurando con questi un percorso di fiducia e reciproca conoscenza orientato ad approfondire passo dopo passo l’oggetto dello studio.
Avv. Marco Solferini