Il Condominio Parziale: Autonomia Strutturale e Funzionale tra Distinte Unità

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Come noto, il condominio è una forma di proprietà in cui diverse persone, a titolo di comproprietari, condividono gli spazi e i servizi comuni di un immobile, mantenendo al contempo la proprietà esclusiva delle rispettive unità. Sebbene questa definizione risulti relativamente semplice, la realtà giuridica dei condomini è ben più complessa, soprattutto quando si tratta di situazioni che riguardano soltanto una parte del condominio stesso. In questi casi, si parla di “condominio parziale”.

Il concetto di condominio parziale, pur essendo spesso trascurato, rappresenta una chiave interpretativa fondamentale nella risoluzione di controversie condominiali. La recente sentenza della Corte d’Appello di Roma, n. 7484/2024, ottenuta dall’Avv. Maria Giuseppina Felli che si è difesa in proprio, offre un esempio paradigmatico del funzionamento di tale istituto, chiarendo come l’autonomia strutturale e funzionale tra diverse parti di uno stabile possa influire sulla gestione e sulla ripartizione delle spese condominiali.

Il condominio parziale si verifica quando, in un immobile condominiale, alcune aree comuni siano destinate ad un gruppo specifico di condomini, separandole dalle altre aree di uso comune. Si tratta, dunque, di una situazione in cui la gestione e la fruizione degli spazi comuni sono limitate ad una determinata parte del condominio, senza estendersi all’intero complesso. Questa configurazione può sorgere in edifici con più corpi di fabbrica, in presenza di diversi livelli di proprietà o anche in contesti dove alcune parti dell’immobile siano destinate a usi distinti, come ad esempio residenziali e commerciali.

L’introduzione del concetto di condominio parziale ha sollevato numerosi interrogativi giuridici, soprattutto per quanto riguarda la sua regolamentazione, i diritti e i doveri dei condomini coinvolti, nonché le modalità di ripartizione delle spese e della gestione degli spazi comuni. La sua applicazione solleva questioni relative alla distinzione tra le aree comuni e quelle esclusive, alla modifica della ripartizione delle spese e alla gestione autonoma da parte dei condomini di una determinata sezione dell’edificio.

Da un punto di vista normativo, il condominio parziale è previsto dall’art. 1123, comma 3, del codice civile, secondo il quale, qualora un bene comune sia destinato al servizio o al godimento esclusivo di una parte dell’edificio, le relative spese devono essere sostenute solamente dai condomini che ne traggono utilità. Tale previsione mira a semplificare i rapporti gestori e a garantire una più equa distribuzione degli oneri.

Nella sentenza in esame, la Corte ha ribadito che il condominio parziale si configura ex lege ogniqualvolta le caratteristiche strutturali e funzionali dell’immobile ne giustifichino l’applicazione, senza che sia necessaria una specifica delibera assembleare. Ciò che incide anche in ordine al “quorum” necessario, consultivo e deliberativo, dell’assemblea, il quale deve essere calcolato con esclusivo riferimento ai condomini che fruiscano di determinati beni e servizi, del cui punto all’ordine del giorno vi sia discussione. Questo principio è stato recentemente confermato anche dalla Suprema Corte (Cass. ord. n. 791/2020).

La controversia oggetto del giudizio all’esito del quale è stata emessa la sentenza in questione, trae origine in uno stabile composto da due corpi di fabbrica distinti, identificati come “scala A” e “scala B”, dotati di caratteristiche autonome. Taluni condomini della scala B contestavano il proprio obbligo di partecipazione alle spese di rifacimento del tetto della scala A, sostenendo che tale intervento riguardasse esclusivamente beni a servizio della porzione di edificio distinta, appunto, come “scala A”, posto che l’accesso al lastrico di copertura risultava possibile solamente a questi ultimi ed inibito a tutti gli altri.

La Corte ha accolto questa impostazione, ritenendo che il tetto in questione fosse destinato esclusivamente alla scala A, sulla base di obiettive evidenze strutturali e funzionali. Di conseguenza, i condomini della scala B sono stati dichiarati non tenuti a contribuire ai relativi oneri.

La Corte d’Appello di Roma ha applicato, nella richiamata sentenza, i seguenti principi.

Autonomia Strutturale e Funzionale: La Corte ha sottolineato come la separazione fisica e funzionale tra le due scale giustifichi l’applicazione del regime di condominio parziale. La decisione si è basata su rilievi tecnici e fotografici che hanno dimostrato l’autonomia delle porzioni in questione.

Ripartizione delle Spese: In linea con l’art. 1123, comma 3, c.c., è stato chiarito che la partecipazione alle spese deve essere proporzionata al beneficio che i condomini traggono dal bene comune. Nel caso di specie, l’assenza di utilizzo o di interesse da parte dei condomini della scala B ha escluso la loro responsabilità economica.

Efficienza e Semplificazione: La Corte ha evidenziato la funzione del condominio parziale di semplificare la gestione delle spese e delle delibere, evitando inutili conflitti e assegnando competenze e oneri solo ai condomini interessati.

La sentenza può dunque rappresentare un utile riferimento per le controversie condominiali future. La corretta identificazione dei beni comuni e dei beneficiari effettivi permette di prevenire conflitti e di garantire una gestione trasparente delle spese condominiali. Ciò implica l’importanza di analisi tecniche approfondite e di una chiara definizione delle competenze e degli obblighi in sede assembleare.

Il condominio parziale, pertanto, come evidenziato dalla Corte d’Appello di Roma, non è una semplice eccezione, ma uno strumento di giustizia e razionalità. Applicato correttamente, esso consente di armonizzare gli interessi dei condomini, rispettando i principi di equità e trasparenza.

Testo integrale della sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 7484/2024

Pubblicato da:

Davide Cortellesi

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