Con la allegata sentenza della Corte di Giustizia di 1° grado di Roma n. 9571 del 12/7/2024, sono stati ribaditi i principi cardine in materia di prescrizione e decadenza dei tributi non impugnati nei loro termini processuali propri, ma comunque pretesi dalla P.A. con l’avvio del procedimento esattivo, non tenendosi conto che gli istituti citati abbiano, in comune, la circostanza secondo cui l’azione del tempo determina la perdita o il non sorgere di un diritto. Se si vuol essere più precisi ricordiamo a noi stessi che prescrizione decadenza si differenziano tra loro perché la prima costituisce l’inerzia per un determinato tempo, comportando la perdita di un diritto che era già presente nella sfera del titolare, seppur soggetta a sospensione (l’inerzia può essere “giustificata” e quindi può aprire una parentesi nel decorso del tempo) ed a interruzione (c’è azione e l’inerzia viene, quindi meno e ricomincia a decorre nuovamente il tempo). La seconda (decadenza) costituisce il mancato compimento di una determinata azione in un tempo determinato, il che comporta conseguentemente la perdita di acquisire il diritto, che non esisteva nella sfera del soggetto. Infatti, nella fattispecie, l’atto impugnato non è soggetto a sospensione od interruzione, il ricorrente ha impugnato una cartella esattoriale che sicuramente rientra tra gli atti impugnabili al fine di far valere fatti estintivi successivi alla notifica dell’atto precedente. In altri termini, seppure l’atto precedente, ossia l’atto impositivo, non è stato mai impugnato e seppur ciò impedisce di far valere questioni che avrebbero dovuto essere fatte valere contro l’atto impositivo non impugnato, la circostanza non impedisce di far valere fatti estintivi successivi a quell’atto e che ovviamente. con la sua impugnazione. non potevano essere fatti valere per una sua ancora inesistenza. Quindi nel caso di specie, il ricorrente ha eccepito l’intervenuta prescrizione temporale tra la notifica dell’atto impositivo (tributo), che è del 2009, e la notifica della cartella esattoriale qua impugnata che è del 2023.
La Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Roma ha quindi ritenuto tale eccezione fondata, essendo pacifico che il diritto di riscuotere un’imposta comunale periodica sia di cinque anni e non già di 10 come invece erroneamente sostenuto dalla Pubblica Amministrazione, essendo infatti ampliamente decorso il termine quinquennale dalla notifica dell’ultimo atto impositivo che, nel caso in esame, risale al 2009, essendo peraltro decorso anche il termine decennale ed anche ove si considerasse il termine di sospensione previsto durante la epidemia da COVID.
Peraltro, come ben sanno i giuristi tributari, è noto che la prescrizione del credito erariale, dal punto di vista del Fisco e da quello dei Contribuenti, sia scarsamente regolata dalla legislazione di settore, con la consueta utilizzazione per così dire “suppletiva” del diritto civile, ma appare comunque utile soffermarsi brevemente nei rapporti interni tra gli effetti della prescrizione con quelli della dilazione di una eventuale posizione debitoria. Il connesso rapporto tra prescrizione e dilazione del debito tributario anche se parzialmente disposta dall’Agente della riscossione, come anche sulla mera richiesta di documenti, come ad esempio un estratto conto, porta necessariamente all’esame degli effetti della rateizzazione dell’art. 19 del D.p.r. n. 602/1973, ed alle successive indicazioni prese dalla Suprema Corte. I giudici di legittimità, con diverse sentenze, hanno avuto modo di precisare che in relazione alla dilazione concessa dall’Incaricato della riscossione, la dilazione o rateizzazione del debito erariale: “Costituisce principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente d’essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (…), con l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, (…). La rateazione chiesta dal ricorrente non costituisce acquiescenza” (Cass. n. 28822/2021; Cass. n. 5549/2021; Cass. n. 12735/2020; Cass. n. 31484/2019; Cass. n. 31486/2019; Cass. n. 14945/2018; Cass. n. 18/2018; Cass. n. 3347 del 08 febbraio 2017) Si veda anche Cass. n. 454 del 14 gennaio 2020; Cass. n. 7820/2017; Cass. n. 6820/2016; Cass. n. 22729/2016; Cass. n. 2197/2015; C. di Stato (Ad. Plen.) n. 15 del 05.06.2015; C. di Stato n. 4821/2013; CTR Palermo n. 652 del 17.2.2016; CTP di Roma n. 4265/2017; CTP Caltanissetta n. 1072/2014. Tanto meno “il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere il corso della prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione di volontà consapevolmente diretta all’intento pratico di riconoscere il credito, e può, quindi, anche essere tacito e concretarsi in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore. Pertanto, il pagamento parziale, ove non accompagnato dalla precisazione della sua effettuazione «in acconto», non può valere come riconoscimento.” (Cass. n. 5549/2021; Cass. n. 12735/2020; Cass. n. 31484/2019; Cass. n. 31486/2019; Cass. n. 7820/2017). Ancora, la Suprema Corte, per una pretesa contributiva vantata dall’INPS, confermava il proprio recente orientamento: “il pagamento parziale, ove non accompagnato dalla prescrizione della sua effettuazione in acconto, non può valere come riconoscimento, rimanendo comunque rimessa al giudice di merito la relativa valutazione di fatto, incensurabile in sede id legittimità se congruamente motivata” (Cass. n. 18 del 03-01-2018 si veda anche Cass. n. 5549/2021; Cass. n. 12735/2020; Cass. n. 31484/2019; Cass. n. 31486/2019; Cass. n. 13506 del 29 maggio 2018). Per un’unica sentenza contraria, si veda la isolata sentenza della Suprema Corte n. 16098 del 18/06/2018 che ha affermato: “la rateazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l’interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l’allegazione del contribuente di non aver mai ricevuto delle cartelle“. Tale pronuncia, però, è solitaria ed espressamente riferita ai soli tributi. Per evitare confusioni interpretative va ricordato che dal novembre 2021, il legislatore è molto opportunamente intervenuto, ed ha modificato il comma 1-quater dell’art. 19 del D.p.r. n. 602/1973, prevedendo la sospensione del termine di prescrizione dalla semplice richiesta della rateazione, pur restando ribadito dai Supremi Giudici che la semplice richiesta di estratto conto rivolta all’Agente della riscossione d richiesta di copia dell’estratto di ruolo, non sia circostanza idonea ad interrompere il termine prescrizionale dei tributi/contributi (Cass. n. 3990/2020).
Molto più succintamente, ma nello stesso orientamento, si è espressa la Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado con la sentenza in commento.
GIUSTIZIA TRIBUTARIA ROMA SENT. 9751.2024 – PRESCRIZIONE E DECADENZA