La vastità caotica di Piazzale Clodio, meta giornaliera di molti avvocati, risucchiati nell’immenso edificio del Tribunale e della Procura penale, per se stesso luogo di tribolazioni, è addolcita se appena si aggira il gigantesco ostacolo e si sale per Via Trionfale, in Via di Borgo San Lazzaro, un vicoletto da nulla che alla fine sbatte contro un muro. E’ di fronte a quel muro che ci ritroviamo davanti ad un pezzetto di storia della nostra città. Una piccola chiesa del XII secolo, San Lazzaro appunto, con la facciata a capanna e un minimo campanile a vela. E’ un gioiellino, aperto solo alla funzione domenicale delle dieci e trenta, un bruscolino nell’occhio della modernità novecentesca del quartiere. Era la chiesa di un grande lazzaretto dove nel medioevo venivano ricoverati i lebbrosi ed era l’ultima sosta prima dell’ingresso in città per tutti i viandanti che scendevano dal Nord lungo la via Francigena.
Qui si fermava anche il corteo dei papi che venivano eletti fuori Roma e perfino gli imperatori che arrivavano in città per farsi incoronare, si arrestavano davanti a questa chiesetta, attendendo i messi pontifici.
Carlo V di Boemia, Federico III d’Austria e tanti altri illustri personaggi posarono le loro nobili terga sui sedili di pietra fuori della chiesetta, in attesa di lasciapassare.
Nel 1527 subì la furia dei Lanzichenecchi che sfogarono qui la loro prima furia distruttiva. Fu subito restaurata e riprese il suo ruolo di castello cittadino per ogni genere di pellegrini.
Ciò che restava del lazzaretto crollò definitivamente nel 1937: al suo posto c’è, oggi, un parcheggio per le nostre macchine. Ma la chiesetta resiste ancora, fragile ed eterna, difesa dalla sua silenziosa invisibilità. Un balsamo per le nostre ferite e le nostre preoccupazioni quotidiane.