Tecnologia e nuove figure contrattuali – Le criticità dei contratti SaaS

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Il mondo della tecnologia e quello di internet sono realtà che si muovono ad una velocità a dir poco impressionante. Pensiamo al terminale su cui state leggendo adesso; probabilmente è nuovo, ma già superato da soluzioni che saranno a breve sul mercato e, comunque, già oggetto di studio e sviluppo. Sistemi, programmi, app e così via sono strumenti di lavoro anche per chi era abituato a usare i vecchi libri e le raccolte cartacee di giurisprudenza.

Impensabile che, processo telematico e notifiche via PEC a parte, questo nuovo sistema non avesse ripercussioni anche su alcuni aspetti giuridici, determinando modifiche, spesso rilevanti, ai vecchi schemi contrattuali non più adeguati ai nuovi contesti e che, in ogni caso, richiedono aggiustamenti alle esigenze del mercato e a nuove normative quali, ad esempio, il Trattamento Dati e il GDPR.

Da qui la nascita di figure contrattuali che, pur muovendo da quelle tradizionali, richiedono i giusti adattamenti. È il caso del contratto di Software As A Service (o SaaS) usato per disciplinare le forme più evolute di esternalizzazione di funzioni informatiche del processo produttivo, affidandole a imprese esterne che si occupano del processo di fornitura e gestione dei software aziendali.

Si tratta di una fornitura di servizi, ad iniziare dal software senza acquisirne la proprietà che, unitamente al possesso, resta in mano al concedente il quale, talvolta, continua ad operarvi con proprie risorse.

Per chi avesse voglia di approfondire il concetto economico che sta alla base di queste figure si consiglia la lettura de “L’era dell’accesso”, di Jeremy Rifkin, che aveva teorizzato come la proprietà di beni, specialmente nell’esercizio di attività di impresa, sarà sostituita dall’accesso agli stessi.

È un modello che si sta espandendo e troverà ulteriori applicazioni visti i ridotti costi sicuramente utile per ogni azienda ma indispensabile, ad esempio, per Start Up a budget ridotto per le quali l’acquisto di licenze si traduce in un aggravio di costi sul bilancio.

Con il modello sviluppato per il SaaS si avranno minori costi per acquisto licenze e per l’installazione di server aziendali che, di solito, vengono forniti da chi eroga il software.

La natura del contratto SaaS, infatti, prevede solitamente che il software sia installato sui server dell’impresa che fornisce il servizio.

Per tale ragione questo modello si pone come nuova forma contrattuale atipica, che si sviluppa dall’appalto e ne mutua molti elementi ma, considerate le sue caratteristiche e la necessaria durata, che potrebbe essere sine die, necessita adeguati aggiustamenti e forme di tutela per le parti.

Il contratto SaaS disciplina una fornitura usualmente mediante cloud computing, tendenza evolutiva dell’outsourcing, vale a dire l’affidamento esterno di funzioni che, in origine, non erano parte del core business aziendale, ma che oggi ben potrebbero esserlo.

In sintesi il software utilizzato da un’azienda, ben potrebbe non essere gestito in proprio dall’utilizzatore, che si limita a indicare i servizi di cui usufruire in base alle proprie necessità, utilizzando un modello economico orientato al consumo IT, ed agire solo parzialmente tramite le sue risorse sui processi.

I servizi di un contratto SaaS sono caratterizzati da una notevole flessibilità e possono gestire non solo il core business di un’impresa, ma anche risolvere esigenze classiche quali, ad esempio, gestione di magazzino o del  personale fino a giungere a quelle dei dati e delle informazioni, spazi virtuali per il team, scambio di documentazione e così via.

Il modello Saas prevede la fornitura di software che non escono dalla struttura del fornitore, ai quali il cliente accede mediante Internet riducendo i costi e semplificando l’intera attività imprenditoriale.

Ovviamente si impongono considerazioni di natura legale in ordine alla qualificazione giuridica della fattispecie ma, principalmente, nell’ottica di un cliente impresa, nell’esigenza della costruzione di schemi contrattuali che possano di volta in volta essere adattati al caso concreto, non essendo pensabile utilizzare prestampati, come in un contratto di locazione, e variare solo alcuni dati e cifre.

Il SaaS è uno sviluppo specifico dell’outsourcing che nel nostro ordinamento giuridico è un contratto non nominato e che, come già posto in evidenza, muove dalla figura dell’appalto.

Nel caso di SaaS dovrà essere valutato, forse anche di volta in volta, se la messa disposizione del cliente-utente di un servizio software, con le debite licenze, unita ad una costante assistenza, possa essere considerata obbligazione di dare o, piuttosto, di un facere continuato. Sembra in ogni caso doversi propendere per la configurabilità di un appalto di servizi avente ad oggetto prestazioni continuative o periodiche.

L’obbligazione principale del concedente è non solo di risultato (la fornitura del software), ma anche quello di una fornitura di mezzi, consistenti nell’assistenza per garantire la disponibilità di accesso agli strumenti del fornitore stesso, oltre all’aggiornamento e adeguamento,

In tal senso il fornitore non potrà esimersi dal continuo adeguamento e miglioramento dei propri standard di sicurezza, adeguamenti di carattere normativo, la protezione dei dati inseriti dall’utilizzatore. Tutti aspetti non certo marginali nella predisposizione di un contratto.

Da qui la necessità per le parti di rappresentare a vicenda le rispettive capacità, potenzialità e, prima di tutto, i limiti oggettivi che incontrano, siano essi tecnici, aziendali, normativi; salvo incorrere in responsabilità già nella fase precontrattuale. La predisposizione di moduli preconfezionati appare decisamente inopportuna, salvo per ogni azienda disciplinare le proprie linee guida.

Si ricordi poi che, in questa tipologia contrattuale, sono parte fondamentale i capitolati tecnici e ulteriori allegati che, salvo rare eccezioni, sono fuori dalla competenza dei legali, andando infatti a toccare aspetti tecnici e la determinazione di parametri sui quali solo gli esperti del settore possono operare ma che, in ogni caso, devono essere portati a conoscenza di chi dovrà “cucire il contratto”.

Le parti stabiliscono quindi il Service Level Agreement (SLA) che può essere un ulteriore allegato al contratto principale e prevedere, a fronte del mancato rispetto dei livelli stabiliti, oltre al pagamento di penali, anche una clausola risolutiva espressa. Le clausole contenute in un SLA, andranno ad incidere sul contenuto del contratto e su di esse dovrà concentrarsi il focus dei contraenti.

Una particolare attenzione, specialmente da parte dell’utilizzatore, dovrà essere posta all’ipotesi di risoluzione, scioglimento anticipato o recesso. È infatti verosimile che non potrà permettersi in alcun modo la sospensione dei servizi forniti in attesa di individuare un nuovo fornitore. Intuibile la delicatezza dell’argomento. Particolari clausole di salvaguardia dovranno essere adeguatamente studiate, prevedendo anche possibili variabili quali, ad esempio, le tempistiche.

Restano aperte inoltre le ipotesi che i software necessitino solo di sviluppi fisiologici ovvero siano necessari costanti up grade per mantenere i livelli richiesti sia dal fornitore sia dai mercati, nonché le procedure di backup e disaster recovery e, altro argomento di primaria importanza, la possibile interruzione del servizio.

Non ultima considerazione è quella del trattamento dati personali ai sensi del GDPR. Sul punto dovrà essere considerato per ogni singolo accordo se ed in che misura il fornitore dei sistemi abbia o possa avere accesso ai dati immagazzinati in quelli che restano pur sempre i server di proprietà del fornitore. Da qui la necessità di prevedere modalità di cancellazione dati che garantiscano da segnalazioni al Garante Privacy da parte degli utenti.

Pubblicato da:

Gianni Dell'Aiuto

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