(di Avv. Alessandro Villani e Avv. Ludovica Loprieno)
Il Decreto Legge n. 34/2023 approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 marzo 2023 (recante: “Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonchè in materia di salute e adempimenti fiscali” – altrimenti detto “Decreto Bollette”) e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 76/2023, introduce importanti misure poste a sostegno di famiglie e imprese contro il caro bollette nonché una serie di interventi in favore del settore sanitario per un ammontare complessivo di risorse stanziate nel provvedimento pari a 4,9 miliardi di euro.
Il Decreto in esame, altresì, introduce importantissime novità in materia fiscale. Tra le tante, quella oggetto del presente commento si concentra sull’art. 23 del testo normativo in esame, il quale stigmatizza una particolare ipotesi di sospensione del processo penale, al fine di beneficiare della non punibilità, per coloro che effettuano il pagamento rateale per sanare violazioni relative a taluni reati di cui al D.Lgs. n. 74/2000.
Prima però di affrontare funditus la novella predisposta dal Decreto bollette è opportuno soffermarsi sulla ratio sottostante al provvedimento legislativo oggetto della presente disamina.
La risposta risiede nei traguardi fissati nel PNRR in tema di riforma della giustizia che andranno raggiunti nei tempi concordati con la Commissione UE, ed in specie, per ciò che riguarda la materia tributaria, nella Missione M1C1-35 secondo la quale: “La riforma del quadro giuridico deve avere l’obiettivo di rendere più efficace l’applicazione della legislazione tributaria e ridurre l’elevato numero di ricorsi alla Corte di Cassazione”; …..obiettivo collegato a quello della riduzione della durata complessiva dei gradi di giudizio, il disposition time, di almeno il 40% nel civile e del 25% nel penale entro il 30 giugno 2026” .
Più in dettaglio, il Decreto Bollette si inserisce a pieno titolo nella ventata innovativa inaugurata con l’appena approvata Delega Fiscale e ne fa propria la mission sottostante, che si concreta nei seguenti obiettivi:
- stimolare la crescita economica e la natalità attraverso l’aumento dell’efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale;
- prevenire e ridurre l’evasione e l’elusione fiscale, anche attraverso la piena utilizzazione dei dati che affluiscono al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, il ricorso alle tecnologie digitali, nonché mediante il rafforzamento del regime di adempimento collaborativo;
- razionalizzare e semplificare il sistema tributario anche con riferimento a un utilizzo efficiente, altresì sotto il profilo tecnologico, da parte dell’Amministrazione finanziaria, dei dati ottenuti attraverso lo scambio di informazioni;
- rivedere gli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti, prevedendo la riduzione degli oneri documentali anche mediante il rafforzamento del divieto, per l’Amministrazione finanziaria, di richiedere al contribuente documenti già in suo possesso;
- razionalizzare il sistema sanzionatorio amministrativo e penale, altresì attraverso una maggiore integrazione tra sanzioni, ai fini del completo adeguamento al principio del ne bis in idem;
- rivedere i rapporti tra processo penale e processo tributario, adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di attenuanti all’effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all’esercizio dell’azione penale;
- attribuire specifico rilievo all’ipotesi di sopraggiunta impossibilità di far fronte al pagamento del tributo, non dipendente da fatti imputabili al soggetto stesso;
- infine, tenere conto delle definizioni raggiunte in sede amministrativa e giudiziaria ai fini della valutazione della rilevanza penale del fatto.
Così richiamati i criteri direttivi cui si ispira la Delega Fiscale, è ora possibile analizzare la novella introdotta dall’art. 23 del Decreto Legge n. 34/2023 “Decreto Bollette”.
Ebbene, la norma neo introdotta testualmente dispone che: Causa speciale di non punibilità dei reati tributari “1. I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, non sono punibili quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.2. Il contribuente da’ immediata comunicazione, all’Autorità giudiziaria che procede, dell’avvenuto versamento delle somme dovute o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata e, contestualmente, informa l’Agenzia delle entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimenti del relativo procedimento penale. 3. Il processo di merito è sospeso dalla ricezione delle comunicazioni di cui al comma 2, sino al momento in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle entrate della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute ovvero della mancata definizione della procedura o della decadenza del contribuente dal beneficio della rateazione. 4. Durante il periodo di cui al comma 3 possono essere assunte le prove nei casi previsti dall’articolo 392 del codice di procedura penale”.
Dalla norma testé richiamata si evince che la voluntas legis sia quella di prevedere uno “scudo penale” (già sottoposto a critiche da parte dei primi commentatori) per coloro che pagano il tributo evaso prima della sentenza di appello.
La disposizione in commento, dunque, è interessante, perlomeno sotto due profili.
Principiando da quello più evidente, è agevole notare come la disposizione de qua si applichi solo a talune fattispecie delittuose, considerate dalla maggior parte della dottrina meno gravi, disciplinate dal D.Lgs 74/2000, ovverosia i reati di cui agli artt. 10-bis (omesso versamento delle ritenute dovute o certificate); 10-ter (omesso versamento dell’IVA) e 10-quater (indebita compensazione). Una così vistosa differenza di regime rispetto a quello predisposto per le altre fattispecie penali di cui al D.Lgs.74/2000 – già utilizzata dal Legislatore nell’art. 13 dello stesso testo legislativo – si spiega considerando che i reati che possono oggi beneficiare dello scudo penale dell’art. 23 del Decreto Bollette sono considerati pacificamente meno gravi, perché connotati da un minore disvalore rispetto alle altre fattispecie ivi contemplate.
In secondo luogo, l’articolo 23 del Decreto Legge n. 34/2023 modifica la causa di non punibilità per i reati tributari in precedenza indicati, rispetto a quella prevista nel comma 1, art. 13 del D.Lgs 74/2000. La norma, peraltro, deve essere letta di pari passo con le modifiche apportate dallo stesso decreto agli artt. 17-22 del citato D.Lgs 74/2000.
In particolare, la previgente norma, relativamente ai reati prima richiamati, prevede che i medesimi non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.
Tra le procedure previste per la regolarizzazione del debito giova citare la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 10730 del 14 marzo 2023, la quale ha ricompreso anche la rottamazione ter negli strumenti a disposizione del contribuente per chiudere il suo debito con il fisco, con riflesso benevolo sul versante penale.
Il pagamento integrale di quanto dovuto, però, incontrava uno sbarramento temporale ben preciso, dal momento che doveva essere effettuato entro la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; se il debito era in fase di estinzione, in quanto oggetto di rateizzazione, ai sensi del co. 3, art. 13 del D.Lgs. 74/2000, poteva essere concesso un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo, con facoltà del giudice di prorogare per una sola volta detto termine, per non oltre tre mesi.
In sostanza, se il piano di rateizzazione si estendeva oltre il termine dell’udienza fissata per l’apertura del dibattimento, o addirittura anche oltre la possibile duplice proroga di complessivi sei mesi, al contribuente non restava che sperare nel rinvio dell’udienza, oppure anticipare i pagamenti per usufruire della non punibilità ed evitare la reclusione da sei mesi a due anni.
Ne conseguiva che la possibilità di ottenere il rinvio dell’udienza o di poter anticipare il pagamento dell’ammontare rimanente si agganciava alla presenza di liquidità immediatamente utilizzabili per far fronte al debito residuo; tuttavia, nella prassi spesse volte i contribuenti, nonostante la volontà di redimersi e rimediare, non abbiano potuto rispettare la rigida tempistica dell’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 a causa dell’elevato ammontare da versare in scadenze ristrette, di guisa che l’art. 13 rischiava di rimanere lettera morta poiché non applicabile sul piano pratico.
Con la nuova previsione normativa, introdotta dalla novella di cui all’art. 23 del Decreto Legge n. 34/2023, invece, cambia radicalmente la disciplina, poiché i predetti reati non sono ora punibili quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente, secondo le modalità e nei termini previsti all’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. E la tempistica per ultimare i pagamenti è notevolmente ampliata, poiché il comma 1 prevede che ciò sarà possibile fintanto che non sarà intervenuta la pronuncia della sentenza di appello. In altre parole, il beneficio viene ora esteso anche ai contribuenti condannati in primo grado, per i quali non sia divenuta definitiva detta sentenza ed abbiano quindi proposto appello, purché la Corte non si sia pronunciata con sentenza.
Sul piano pratico, il contribuente ora potrà beneficiare delle norme disposte nella sezione dedicata alla tregua fiscale introdotta con Legge di bilancio 2023 (Legge 197/2022) le quali, lo si ricorda, consentono di ridurre notevolmente il carico sanzionatorio, o addirittura di eliminarlo in toto nel caso della rottamazione quater, e di rateizzare il pagamento del dovuto fino a 20 o 18 rate trimestrali, a seconda della procedura.
Laddove il contribuente deciderà di aderire ad una o più delle citate procedure dovrà dare immediata comunicazione dell’avvenuto versamento delle somme dovute o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata all’autorità giudiziaria e, contestualmente, informerà l’Agenzia delle Entrate dell’invio della predetta comunicazione, indicando i riferimenti del relativo procedimento penale.
Le comunicazioni dell’adesione alle procedure previste dalla tregua fiscale, ovviamente oltre al relativo pagamento integrale o della prima rata, assolvono, dunque, un ruolo fondamentale, poiché in questo caso il processo di merito è sospeso dalla data di ricezione delle predette comunicazioni, sino al momento in cui il giudice è informato dall’Agenzia delle Entrate della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme dovute.
Proprio il riferimento alla sospensione del “processo di merito” rafforza la possibilità di usufruire della causa di non punibilità tanto in pendenza di primo grado, quanto di secondo grado, purché non sia intervenuta la pronuncia della sentenza.
Per contro, la stessa Agenzia delle Entrate informerà il giudice della eventuale mancata definizione della procedura o dell’intervenuta decadenza del contribuente dal beneficio della rateizzazione ed il procedimento riprenderà secondo le ordinarie modalità.
L’autorità giudiziaria, durante il periodo di sospensione, potrà comunque assumere prove nei casi previsti dall’articolo 392 del codice di procedura penale attraverso l’incidente probatorio.
Da notare, di contro, che l’integrale pagamento del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento per altri reati tributari (dichiarazione infedele, fraudolenta etc..) costituisce solo una circostanza attenuante (es. diminuzione della pena e non applicazione delle pene accessorie). In caso di adesione a uno degli istituti della tregua fiscale per fruire di tali benefici non c’è alcun spostamento temporale e, pertanto, il momento entro cui pagare (anche a rate) resta l’apertura del dibattimento di primo grado.
Tutto ciò chiarito sull’operatività della neo introdotta disposizione, si osserva che l’art. 23 del Decreto Legge n. 34/2023 (Decreto Bollette) è stato già sottoposto a critiche.
Taluni autori hanno asserito, invero, che si tratterebbe palesemente di una norma ad personam, scritta per coloro che hanno procedimenti in corso e che, essendo destinatari di altri provvedimenti
di condanna, non hanno diritto alla sospensione condizionale e rischiano la pena della reclusione in carcere o l’applicazione delle misure alternative.
Lo scudo, infatti, sarebbe molto circoscritto, in quanto a beneficiarne saranno solo coloro che commettano uno dei tre reati ivi indicati. L’aspetto interessante, per tale dottrina, è che gli stessi tre reati sono già non punibili ex art. 13 del D.Lgs 74/2000 se l’ammontare dovuto viene versato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Ergo il piccolo imprenditore che abbia dichiarato ma non versato potrà agevolmente evitare la condanna penale senza necessità di cambiare le regole: basta che paghi il dovuto una volta ricevuto l’informazione di garanzia o dopo l’udienza preliminare.
Ora, per effetto del decreto approvato dal Governo, chi si trova in quella situazione otterrà già dopo il pagamento della prima rata la sospensione del processo, che poi si estinguerà una volta che l’Agenzia delle Entrate abbia comunicato che è stato effettuato l’integrale versamento.
Ancora, parte dei primi commentatori insistono sulla circostanza che non si tratterebbe di una novità dirompente per la collettività, dal momento che i procedimenti di questo tipo in corso al momento saranno forse un centinaio; evidentemente, qualcuno aveva bisogno di uno scudo penale consimile, se solo si considera che in Italia la normativa penale tributaria è da tempo a fisarmonica: ad ogni cambio di governo, a seconda delle esigenze comunicative, le soglie di punibilità vengono alzate o abbassate.
Si ritiene, tuttavia, di non condividere le critiche mosse al provvedimento neo introdotto e che l’introduzione della norma debba, al contrario, essere accolta positivamente, poiché la ratio della stessa, come precisato dal Governo, non è stata quella di voler introdurre una sanatoria per i reati commessi attraverso atti fraudolenti, ossia quelli connotati dal dolo di arrecare danno all’Erario, attraverso il compimento di atti che rendono addirittura più difficoltosa l’azione accertatrice, bensì solo quelli per cui i contribuenti hanno dichiarato l’esistenza del debito verso l’Erario, ma non hanno poi potuto farvi fronte alle scadenze prestabilite per mancanza di liquidità.
Trattandosi di evasione c.d. “dichiarata”, ossia, nella stragrande maggioranza dei casi, di impiego della liquidità che sarebbe dovuta confluire nelle casse del fisco, ma che invece è andata a favore del pagamento di dipendenti e fornitori, mal si comprendeva un tale restringimento temporale; restringimento che, invece, è stato correttamente mantenuto inalterato per i reati più gravi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5 del D.Lgs 74/2000.
L’introduzione dell’art. 23 del Decreto Legge n. 34/2023 (Decreto Bollette), pertanto, deve essere salutata con favore, dal momento che, come prima detto, il provvedimento legislativo de quo fa proprio e porta avanti le linee direttrici innovative inaugurate con la Delega Fiscale, sviluppandone ulteriormente gli obiettivi.