ULTERIORI MODIFICHE ALLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA

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Nel 2022 si è fatto parecchio, a livello legislativo, per la riforma della giustizia tributaria (QUINTA MAGISTRATURA TRIBUTARIA).

Infatti, la Legge n. 130/2022, in soli otto articoli, ha istituito un epocale riassetto dell’apparato organizzativo dei giudici tributari, introducendo anche significative disposizioni sulla disciplina del processo tributario, specie sul versante dell’istruttoria e soprattutto per quanto riguarda l’onere della prova e la testimonianza.

Non bisogna dimenticare che le vecchie Commissioni tributarie (istituite nel 1864) non consentivano per molti anni la sospensiva, né la conciliazione, né le spese di giudizio, né il giudizio di ottemperanza.

Le stesse erano composte soltanto da giudici onorari non professionali ed a tempo parziale, in quanto era richiesta solo la laurea in giurisprudenza ed economia e commercio (per esempio pensionati, professori di scuole secondarie, ingegneri, agrotecnici, avvocati, pochi commercialisti, oltre a giudici civili, penali, amministrativi, contabili e militari, nonché ex ufficiali della Guardia di Finanza).

Il Disegno di Legge Delega della Riforma Fiscale (Disegno di Legge A.C. 1038 del 23/03/2023 in discussione alla Camera dei Deputati) all’articolo 17 prevede le seguenti altre modifiche nei procedimenti del contenzioso tributario.

Art. 17

(Procedimenti del contenzioso)

“1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva altresì i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario:

  1. a) coordinare con la nuova disciplina di cui all’articolo 4, comma 1, lettera g), altri istituti a finalità deflativa operanti nella fase antecedente la costituzione in giudizio di cui all’articolo 23 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ai fini del massimo contenimento dei tempi di conclusione della controversia tributaria;
  2. b) ampliare e potenziare l’informatizzazione della giustizia tributaria mediante:

1) la semplificazione della normativa processuale funzionale alla completa digitalizzazione del processo;

2) l’obbligo dell’utilizzo di modelli predefiniti per la redazione degli atti processuali, dei verbali e dei provvedimenti giurisdizionali;

3) la disciplina delle conseguenze processuali derivanti dalla violazione degli obblighi di utilizzo delle modalità telematiche;

4) la previsione che la discussione da remoto possa essere chiesta anche da una sola delle parti costituite nel processo, con istanza da notificare alle altre parti, fermo restando il diritto di queste ultime di partecipare in presenza;

  1. c) modificare l’articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, prevedendo che le opposizioni regolate dagli articoli 615, secondo comma, e 617 del codice di procedura civile siano proponibili dinanzi al giudice tributario, con le modalità e le forme previste dal citato decreto legislativo n. 546 del 1992, se il ricorrente assume la mancata o invalida notificazione della cartella di pagamento ovvero dell’intimazione di pagamento di cui all’articolo 50, comma 2, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973;
  2. d) prevedere la pubblicazione e la successiva comunicazione alle parti del dispositivo dei provvedimenti giurisdizionali nella stessa udienza di trattazione immediatamente dopo la deliberazione di merito;
  3. e) accelerare lo svolgimento della fase cautelare anche nei gradi di giudizio successivi al primo;
  4. f) prevedere interventi di deflazione del contenzioso tributario in tutti i gradi di giudizio, ivi compreso quello dinanzi alla Corte di cassazione, favorendo la definizione agevolata delle liti pendenti;
  5. g) ridefinire l’assetto territoriale delle corti di giustizia tributaria di primo grado e delle sezioni staccate delle corti di giustizia tributaria di secondo grado anche mediante accorpamenti delle sedi esistenti, sulla base dell’estensione del territorio, dei carichi di lavoro e degli indici di sopravvenienza, del numero degli abitanti della circoscrizione, degli enti impositori e della riscossione;
  6. h) disciplinare le modalità di assegnazione dei magistrati, dei giudici tributari e del personale amministrativo interessati al riordino territoriale di cui alla lettera g), al fine di garantire la continuità dei servizi della giustizia tributaria delle corti di primo e di secondo grado alle quali sono trasferite le funzioni degli uffici accorpati o soppressi, assicurando ai magistrati e ai giudici tributari l’attribuzione delle medesime funzioni già esercitate presso le corti accorpate o soppresse.”

 

Si tratta di principi importanti e condivisibili.

Per realizzare, però, compiutamente la costruzione della quinta magistratura tributaria, autonoma, indipendente ed efficiente, sono necessarie ulteriori modifiche legislative da inserire nella suddetta legge delega.

 

  1. PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI E NON PIÙ DIPENDENZA DAL MEF

La nuova giustizia tributaria continua a dipendere dal MEF in violazione del principio dell’indipendenza (anche all’apparenza), con possibili riflessi di incostituzionalità.

Infatti, la CGT di 1° grado Venezia Sez. 1 -, con l’ordinanza n. 408/2022 del 31/10/2022, ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, per violazione degli articoli 101, 104, 105 e 110 della Costituzione, perché in netto contrasto con i principi costituzionalmente garantiti dell’indipendenza e dell’imparzialità dei giudici.

La Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi il 24 maggio c.a..

Inoltre, con l’ordinanza n. 660 dell’11 aprile 2023, la CGT di secondo grado del Lazio ha rimesso gli atti alla Corte di Giustizia UE perché l’indipendenza e la terzietà del giudice sono escluse in ragione del legame organico con il MEF, ulteriormente rafforzato dalla riforma realizzata in attuazione del PNRR (Legge n. 130/2022).

Per realizzare la vera autonomia ed indipendenza la quinta magistratura tributaria deve essere gestita ed organizzata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, come peraltro previsto dai vari disegni di legge e sempre da me sostenuto e sollecitato (per esempio, disegno di legge n. 1243 del 18 aprile 2019 presentato al Senato).

 

  1. NUOVA MEDIAZIONE

Bisogna abrogare l’art. 17-bis D.Lgs. n. 546/1992 ed affidare la nuova mediazione ai nuovi giudici tributari e non più ai funzionari dell’Agenzia delle entrate.

Non è sufficiente, con le modifiche introdotte con l’art. 48-bis 1 della Legge n. 130/2002, che i giudici tributari si limitino a formulare alle parti una proposta conciliativa avuto riguardo all’oggetto del giudizio e all’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione.

Bisogna, invece, consentire ai nuovi giudici tributari, professionali ed a tempo pieno, di poter gestire tutte le fasi della mediazione senza limitazioni e condizionamenti, per mettere tutte le parti processuali su un piano di perfetta parità.

 

  1. CLASS ACTION

Bisogna consentire la class action anche nel processo tributario, prevedendo il pagamento di un unico contributo unificato tributario di euro 30 quando le parti sottopongono al giudice tributario un’unica questione di diritto o di merito.

La class action è un’azione legale collettiva condotta da uno (o più) contribuenti nei confronti del medesimo soggetto per tutelare i diritti vantati da più soggetti.

Lo scopo di tale istituto è quello di giungere a una soluzione comune a più persone, di fatto o di diritto, che produca effetti ultra partes per tutti i componenti presenti e futuri della classe o del gruppo.

I vantaggi delle azioni collettive sono evidenti se si tiene conto dei tempi processuali, dei costi della giustizia, della garanzia di certezza del diritto e dell’efficacia ed equità del risultato.

 

  1. IMPUGNAZIONE DELL’AUTOTUTELA SENZA LIMITAZIONI

E’ necessario consentire al contribuente la possibilità di impugnare il provvedimento di rigetto dell’autotutela, sia espresso che tacito, contrariamente alla giurisprudenza attuale della Corte di Cassazione, che pone grosse limitazioni.

V’è, infatti, da premettere che costituisce consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione l’insegnamento a termini del quale “nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’amministrazione di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente” (Sez. 5, n. 21146 del 24/08/2018).

Tanto equivale ad affermare che “il sindacato giurisdizionale sull’impugnato diniego, espresso o tacito, di procedere ad un annullamento in autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo” (Cass. Sez. 5, n. 7616 del 28/03/2018 e Cass. Sez. Trib. n. 8385/2023).

 

EQUITA’

La legge dovrebbe consentire al nuovo giudice tributario monocratico di decidere secondo equità quando si tratta di questioni di merito, anche senza l’accordo delle parti, come previsto dall’art. 113 c.p.c..

E’ inappellabile la sentenza che il giudice ha pronunciato secondo equità.

Oggi, infatti, nel processo tributario, anche riformato, non è previsto il giudizio di equità.

E’ ben vero che il giudice tributario non è dotato di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio (Cass. n. 10875 del 2022; Cass. n. 16960 del 2019; Cass. n. 7354 del 2018), tuttavia, la praticata riduzione dell’imponibile non rientra nell’esercizio di equità sostitutiva, la quale attiene al piano delle regole sostanziali utilizzabili in funzione della pronuncia, perché si tratta di una valutazione del compendio probatorio e del fatto, frutto di un consentito giudizio estimativo (Cass. n. 4442 del 2010; Cass. n. 25707 del 2015; Cass. – Sez. Trib – ordinanza n. 6251/2023).

 

AVVOCATI E COMMERCIALISTI NELLA COMMISSIONE DI CONCORSO

La quinta magistratura tributaria è formata da magistrati tributari vincitori di concorso pubblico.

La commissione di concorso è composta:

  • dal presidente di una corte di giustizia tributaria di secondo grado, che la presiede;
  • da cinque magistrati scelti tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari con almeno quindici anni di anzianità;
  • da quattro professori universitari di ruolo, di cui uno titolare dell’insegnamento di diritto tributario, gli altri titolari di uno degli insegnamenti delle altre materie oggetto di esame.

Manca la presenza dei professionisti, senza giustificato motivo.

E’ opportuno che nella commissione di esame sia presente sempre un avvocato tributarista cassazionista iscritto all’Albo speciale da almeno trent’anni ed un dottore commercialista iscritto all’Albo professionale da almeno trent’anni.

La loro presenza è necessaria per testare la preparazione teorico-pratica dei futuri magistrati tributari.

 

INUTILIZZABILITÀ DELLE PROVE ACQUISITE IN MODO ILLEGITTIMO

Nel nuovo processo tributario le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non devono essere utilizzate, soprattutto per il nuovo principio dell’onere della prova finalmente formalizzato con la Legge n. 130/2022.

L’inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo tributario (come previsto dall’art. 191 del codice di procedura penale).

Tutti devono rispettare i divieti previsti dalla legge.

Infatti, la Corte di Cassazione – Sez. Trib. – oggi ha chiarito più volte che non esiste nell’ordinamento tributario un principio generale di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, sicche’ “l’acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso” (Cass. n. 8344/2001; conf. Cass. n. 13005/2001, n. 1343/2002 e n. 1383/2002, n. 1543/2003 e n. 10442/2003).

E tanto anche con riferimento all’attività della Guardia di Finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, non osservando la disciplina processual – penalistica, avendo carattere amministrativo – con conseguente inapplicabilità dell’articolo 24 Cost. (Cass. – Sez. Trib. – sentenza n. 8001/2023).

 

RIFORMA DELLA CORTE DI CASSAZIONE

In sede di riforma, salva la competenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione relativamente alle sole questioni di giurisdizione, la Sezione Tributaria deve giudicare le impugnazioni delle sentenze delle Corti di giustizia tributaria di secondo grado.

Essa deve essere composta da trentacinque giudici, ripartiti in cinque sotto-sezioni, in ragione delle seguenti materie:

  • Imposte sui redditi;
  • IVA;
  • altri tributi;
  • riscossione;

Il presidente della Sezione Tributaria è anche presidente della prima sottosezione.

Le altre sottosezioni sono presiedute da uno dei loro componenti.

I collegi sono composti dal numero fisso di tre membri.

I giudizi si svolgono esclusivamente con rito camerale.

 

CONSIGLI GIUDIZIARI

E’ opportuno istituire i Consigli giudiziari presso le Corti di giustizia tributaria di secondo grado.

I Consigli giudiziari devono essere organi “ausiliari” del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (C.P.G.T.).

Essi, cioè, su numerose materie e provvedimenti di competenza del C.P.G.T., esprimono motivati pareri, fornendo elementi fondamentali per il corretto esercizio dei poteri del C.P.G.T. stesso, poiché tali organi hanno una conoscenza diretta del magistrato, del giudice tributario o dell’ufficio interessato.

I principali ambiti su cui sono espressi i pareri sono:

  • le tabelle di composizione degli organi giudiziari (cioè i criteri di assegnazione dei magistrati e giudici tributari alle sezioni e dei procedimenti ai singoli magistrati e giudici tributari);
  • le valutazioni di professionalità dei magistrati e dei giudici tributari;
  • il trattenimento in servizio o la cessazione dall’impiego dei magistrati e dei giudici tributari;
  • l’incompatibilità dei magistrati e dei giudici tributari;
  • gli incarichi extragiudiziari dei magistrati e dei giudici tributari;
  • il passaggio di funzioni dei magistrati e dei giudici tributari;
  • le attitudini al conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi.

Infine, i Consigli giudiziari devono vigilare sul corretto funzionamento degli uffici del distretto, segnalando eventuali disfunzioni al C.P.G.T. ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (vedi lett. A).

 

TERMINI PERENTORI PER TUTTI

La normativa processuale deve prevedere tassativamente i termini perentori per tutte le parti (private e pubbliche) sia per la costituzione in giudizio sia per il deposito dei documenti.

Per quanto riguarda il deposito dei documenti è importante leggere quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4433/2020:

“Nell’ambito del processo tributario, il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 58, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti posti dall’articolo 345 c.p.c., ma tale attività processuale va esercitata – stante il richiamo operato dal citato D.Lgs., articolo 61, alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dallo stesso decreto, articolo 32, comma 1, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalità di cui all’articolo 24, comma 1, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi previsto a pena di decadenza, rilevabile d’ufficio dal giudice anche nel caso di rinvio meramente interlocutorio dell’udienza o di mancata opposizione della controparte alla produzione tardiva (Cass. n. 29087 del 2018). E ancora: “Nel processo tributario, poiché il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 58, consente la produzione in appello di qualsiasi documento, la stessa può essere effettuata anche dalla parte rimasta contumace in primo grado, poiché il divieto posto dall’articolo 57 del detto decreto riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto (Cass. n. 29568 del 2018)”.

 

SEZIONI STACCATE DELLE CGT DI SECONDO GRADO SEMPRE PRESSO I DISTRETTI DELLE ATTUALI CORTI DI APPELLO

Nella ridefinizione dell’assetto territoriale delle sezioni staccate delle Corti di giustizia tributaria di secondo grado si deve prevedere sempre l’istituzione delle stesse presso i distretti delle attuali Corti di Appello, tenuto conto dell’importanza giudiziaria delle stesse, anche con riferimento al territorio.

Pubblicato da:

Maurizio Villani

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